Esplosioni

La marea nera uccide i pesci, travolge l'economia degli stati del golfo, offusca l'ottimismo del governo democratico.
Un'esplosione (un'altra?) di una piattaforme che, da sola, in una sola notte, mette in crisi l'ecosistema, l'economia e la politica di un'intera nazione. Non solo.
Perché il mondo è uno ed è di tutti, e questo l'abbiamo capito in una sola volta, dopo l'esplosione di quel grattacielo, quel maledetto 11 settembre.

Prima, sembravamo non accorgercene. Poi, il dolore e la morte, come sempre, hanno portato a livello cosciente, e non solo di pochi eletti, la consapevolezza dell'unicità dei rischi, degli svantaggi e dei limiti, di una esistenza al limite del lecito, di un destino globale che decide, per tutti, in una sola volta.

Un'esplosione naturale, che ha generato la vita sulla terra.
Un'esplosione artificiale che, con il potere dell'infinitesimamente piccolo, ha segnato la vita di infinite generazioni.
Un'esplosione innaturale di una piattaforma petrolifera, che fa danni ad un ecosistema che, altrimenti, si sarebbe mantenuto in equilibrio per secoli.

Sì, è vero, ci sono anche esplosioni fantastiche, che generano sensazioni uniche: di colori, di risate, di gioia.
Anche queste, però, esauritesi, lasciano il buio, il silenzio, il vuoto.

Equilibrio - boato - mancanza di.
Tutto qui.

Più o meno come il boato di un licenziamento, che segna l'attimo che passa tra una una vita dignitosa e una miracolosa.
Come il boato di un dolore, che separa la salute dalla malattia.

Solo che, a differenza del petrolio estratto a forza dal mare, che distrugge un oceano e tutto quello che lambisce, della fuoriuscita dell'energia vitale che segna per sempre l'esistenza di un solo individuo, si cura soltanto chi la sta vedendo scorrere via.

Eppure è come sopra.
Uno squilibrio va sempre a danno di tutti.
Non ci sono sopravvissuti, non ci sono vincitori.
Quando un pezzo del puzzle viene a mancare, il quadro non è più lo stesso.

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