Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post

Canzonemozione


Chissà perché mi tocca ripetutamente esporre un concetto che a me sembra ovvio e scontato da una vita. La musica è una forma d'arte. E l'arte è essenzialmente emozione. Qualcuno obietta: no, prima di tutto è bellezza. Io obietto a mia volta: sai che ci fai con la bellezza se non ti procura nessuna emozione.

Twittavo così stamattina, presa da rabbia inconsulta (se mi prende è bene) per certe critiche sulle voci degli interpreti sanremesi. Ribadisco: Sanremo dovrebbe essere, anzi lo è per definizione, il Festival della CANZONE italiana, non dei CANTANTI. Per questo motivo, e per il concetto espresso prima - trovo  assolutamente inutile stare lì a scannarsi sulle qualità vocali di Tizio e di Caio, perché non è in base a quello che si dovrebbe decretare la canzone vincitrice di Sanremo.

Ripenso alle parolacce che incassava in diretta Lucio Battisti da parte di presuntuosetti sessantottini sventolanti la bandiera della Cultura nelle trasmissioni televisive di Arbore, che lo accusavano di non avere voce, di non saper cantare. Chissà se oggi in macchina canticchiano Contessa (quella di Pietrangeli non quella dei Decibel) oppure Acqua azzurra acqua chiara...


Allora... in base a cosa bisogna giudicare?
E qui tocchiamo un altro concetto che sento spesso, e ancora, che mi fa andare in bestia: quello che il testo di una canzone, per avere un valore, debba necessariamente dire qualcosa di "serio", di impegnato. Sì, perché c'è tanta gente che la pensa così. E c'è n'è invece altrettanta che invece considera un testo "bello" solo se denso di sentimento, di parole che trattano temi universali come l'amicizia e l'amore.

Non sto dicendo che la canzone non possa parlare di politica o non essere impegnata, anzi. Dico solo che la musica è musica, e qualsiasi aspettativa le si attribuisca all'infuori del piacere di ascoltarla, la snatura. Anche perché per fare "politica" attraverso una canzone non devi necessariamente scrivere La Locomotiva o Don Chisciotte di Francesco Guccini. Pensate a quanta ne ha fatta in maniera molto più ficcante e duratura Edoardo Bennato nei suoi album, da Burattino senza fili in poi. A quanta ne ha fatta De Andrè e perfino Lucio Dalla.

 

Amo e lodo sempre l'impegno, quello che mi annoia è la retorica: e questo vale sia per i testi delle canzoni sia per la costruzione musicale di un brano. E anche se sarebbe possibile giudicare tecnicamente un pezzo analizzando il ritmo, la melodia, l'armonia, l'unione dei timbri o i colori, la verità è che non esiste niente in grado di definire una canzone "bella" o "brutta" in assoluto.
E allora cosa resta per giudicare?

Torno a bomba.
Quello che resta è l'emozione, cosa assolutamente soggettiva e quindi variabilissima da persona a persona, da cultura a cultura, da un'età all'altra. 
Il fatto che il gusto personale, alla fine, predomini su tutto, è meravigliosamente umano. E' quello che ci rende dissimili gli uni dagli altri. Quello che rende il mondo variopinto.
Già.
Per fortuna è così.
Lasciate che ognuno abbia il suo.

© Caterina Somma




Per quanto mi riguarda...

Il brano che mi ha colpito al cuore e che mi fa venire i brividi
Almeno pensami, l'inedito di Dalla. Sarà un pezzo minore, ma è comunque un'impronta unica di un poeta che non c'è più. Perché Ron l'ha cantata con umiltà. E perché i piccioni mi stanno simpatici.

Una canzone che mi piace
Passame er sale di Luca Barbarossa: sarà classica o antica che dir si voglia, ma è diretta, onesta, tenera.

Il pezzo per cui faccio il tifo?
Stiamo tutti bene. Perchè non ci stiamo affatto.
E perché non si deve avere necessariamente la voce da cantante per smuoverti qualcosa dentro 
(e perché sinceramente nella categoria Giovani è l'unica cosa che riesco a digerire).




 

C'era una volta il Festival di Sanremo


Mi sono alzata tardi e aprendo gli occhi mi accorgo di essere terrorizzata dal ricordo di questo Sanremo 2016, tra i più orribili, inutili, noiosi e fastidiosi di tutta la mia vita. Il sorriso stampato sulla faccia lampadata poco esemplare di Conti, tronfio per lo share da trionfo*, mi appare continuamente davanti e faccio fatica a scacciarlo. Anche Renato Zero ieri sera era senza voce, scollato e disturbato. E il fastidioso Conti gli ha rovinato pure il "Non dimenticatemi, eh" tipico delle sue uscite di scena, richiamandolo sul palco per correggere l'errore fatto sulla data di uscita del suo nuovo album.
Scaccio continuamente anche le immagini dei bouquet diversificati a seconda del sesso degli ospiti e mando indietro quelli maschili zeppi di simboli fallici. Poi dici che Fiacchini l'ha lanciato al pubblico.

Intontita da cinque serate che avrei potuto sinceramente evitare, continuo a non capire come uno spettacolo del genere possa avere ancora un consenso comunque ampio. E penso che vedere Sanremo oggi è come comprare i regali di Natale ai parenti: pratica "tradizionale" per i buontemponi, "consumistica" per i credenti. Definizioni a parte, sciarpe e profumi firmati sotto l'albero sono tristi come questo triste festival, una vera disdetta per chi ama la musica.

Non è nostalgia, non sto invecchiando. E' che onestamente, considerate le scelte di produttori e discografici di oggi, c'è poco da portare a Sanremo e si pesca in un mare di nulla. Dovesse continuare così preferirei venisse soppresso. In tal caso, un giorno potrei a raccontare raccontare ai miei nipoti una favola che inizia così:  
"C'era una volta il Festival di Sanremo... Dove Zucchero e Vasco Rossi arrivavano ultimi, ma c'erano. Dove Dalla e Battisti guadagnavano sì e no la metà della classifica. Ma c'erano stati. Dove se qualcuno sbagliava gli attacchi o steccava malamente tu ti dispiacevi della brutta interpretazione perché il pezzo era proprio bello. Dove le vallette pensavano a incorniciare la bellezza di un'ingenuità di fondo di tutti noi. Dove si accontentava un po' tutti e tutti venivano accontentati. Dove i fiori della riviera riempivano il teatro i colore e di profumi di una Italia bella che produceva musica bella o anche brutta magari, ma bella ugualmente perché partorita per esclusiva necessità artistica, quindi originale e diversa....".  La favola sarebbe lunga, piena di aneddoti e particolari curiosi.

Se invece il Festival devesse continuare così sarebbe inutile raccontare. Nessuno ci crederebbe mai, anzi, nessuno mi starebbe a sentire. Ecco. Quando le cose non hanno più motivo di esistere dovrebbero solo essere gettate via. Ma vaglielo a dire alla Rai e al Comune di Sanremo.
© Caterina Somma


* Nonostante il successo sbandierato, in realtà lo share relativo all'ascolto del festival è passato dal 68,71% del 1987 (primo anno in cui fu rilevato) all'attuale 49,52%. Se nel 1987 teneva incollati 16 milioni di telespettatori, nelle edizioni del nuovo millennio oscilla tra gli 8 e i 10 milioni. 


Piazzamenti esemplari
1969 - Lucio Battisti, Un'avventura - 9° posto
1972 - Lucio Dalla, Piazza Grande - 8° posto
1983 - Vasco Rossi, Vita spericolata - penultimo posto
1985 - Eros Ramazzotti - Una storia importante - 6° posto
1985 - Zucchero, Donne - penultimo posto
1986 - Stadio, Canzoni alla radio - ultimo posto
1988 - Ron, Il mondo avrà una grande anima - 18° posto
1988 - Raf,Cosa resterà degli anni '80 - 23° posto 
1990 - Mia Martini, La nevicata del '56 - 14° posto
2005 - Negramaro, Mentre tutto scorre - subito eliminati

Sanremo2016, quello che non ho detto su Twitter


Mi annoio ma non posso non vederlo. Per un po' commento e scherzo con chi mi sta accanto, ma ci stanchiamo presto. Allora mi rivolgo a Twitter che mi fa ridere e condividere odio e amore per quanto sento e vedo. Ma i 140 caratteri non mi bastano, allora eccomi qui a raccontare il mio Sanremo. Quest'anno però non sarò diplomatica, non ho voglia di star lì a giustificare le mie parole.

Carlo Conti conduce con maestria e disinvoltura, una scioltezza, forse troppa, che azzera la possilità di cogliere in fallo il conduttore, da sempre tra i principali divertimenti di queste lunghe serate. Virgina Raffaele è bravissima, la modella l'ho già dimenticata, Garko è il manichino dal sorriso smagliante di questa 66esima edizione. Sarà rimodellato e impedito ma meno male che c'è, altrimenti non avremmo avuto modo di (s)parlare così tanto.

In questa sede chiarisco un concetto una volta per tutte. Una cosa è quello che mi piace, altro è ciò che penso che sia funzionale al Festival. Le due cose possono corrispondere oppure no. Di certo quando la notte mi metto in cuffia non ascolto le canzoni di Sanremo. Capita raramente almeno. Detto ciò vado avanti.

E comincio col dire che la cosa più bella che ho visto finora è stata la performance di Ezio Bosso. Come già twittato, le sue mani ferme sul piano, a dispetto di quella bestia di malattia che si sta impossessando della sua vita, sono un miracolo, quel miracolo che la musica è capace di fare come poche altre cose al mondo. Mi emoziona, mi fa stare bene, mi fa dimenticare tutta la banalità e l'inutilità che ho sentito in queste due serate e che sento spesso in televisione. Mi sono emozionata anche vedendo Elton John e ho sorriso vedendo i suoi polsini con tanto di corona dorata. Ma non ho potuto fare a meno di sentire un vibrato che lui non ha mai avuto e che non mi piace, ma lo amo lo stesso. Ascolto la Pausini che però non mi suscita mai niente. A Ramazzotti che gli vuoi dire? S'è pure dimagrito. Però cantare "Più bella cosa non c'è" rivolto alla sua attuale moglie in platea non si fa. Ha fatto infuriare tutti, se non altro perché ci ha massacrato per anni nel dirci che l'aveva partorita per Michelle. Bah. Gliela passo perché so che l'eleganza non è il suo forte. E perché pure lui è cresciutello e la maturità tutto sommato gli dona. E gli passo pure i ridondanti arrangiamenti di stasera, soprattutto perché mi rendo conto che Eros fa Festival di Sanremo, quella cosa che adesso sembra non esserci più e che rimpiango.
Il dopofestival è piacevole, nonostante l'ora, perché la Gialappa's non si risparmia e fa da contraltare ai troppi esimi colleghi che il Festival l'hanno sempre preso troppo sul serio.

Andiamo al sodo. So che c'è chi aspetta i miei tweet per scommetere denaro sul pronostico. Vi deluderò, al momento non so cosa pensare, tranne il fatto di essere sempre più convinta del fatto che in Italia, oggi, mancano proprio gli artisti. Ma che ci vuoi fare. Sanremo s'adda fa comunque per Mamma Rai.
La prima serata, nonostante avessi letto i testi in anticipo, non sono riuscita a capire quasi niente di quanto promunciato per le prime ore (quando la musica non c'è mi concentro sul testo, sperando di trovare qualcosa per cui valga la pena ascoltare), tant'è che quando ha aperto bocca Arisa m'è sembrato un miracolo. Il testo sarà bislacco e la musica non ha niente di originale, ma lei è brava (pure a scegliere gli orridi vestiti che faranno comunque parlare di lei) e il pezzo si canta. Così come si canta Neffa. E poi mi è piaciuto il pezzo di Rocco Hunt, ma non so quanto conta il fatto che le palpebre stavano calando e la sua canzone è stata la prima, dopo ore, sopra i cento di metronomo. Però credo che funzionerà. Ruggeri mi ha sorpreso, ma non ricordo perché.

Stasera m'è piaciuta Dolcenera (strano, di solito la ignoro), ma a riempire la scena è stato il placido Beppe Vessicchio che, dopo la latitanza della prima serata, il pubblico del web (e non solo) acclamava a gran voce ed ha accolto come una star. Aspettavo Elio e le Storie Tese per capire come potesse essere un pezzo fatto solo di ritornelli: è proprio come quello che hanno fatto. Geniale ma onestamente inutile. Se vincessero quest'anno sarebbe come ammettere che il Festival è tutta una presa in giro. Ma almeno loro si divertono e se lo possono permettere perché lo fanno bene.
Spero che i Bluvertigo abbiano fatto altrettanto, perché la performance di Morgan non sarà certo ricordata dai posteri.
Patty Pravo ha fatto la sua prova. M'aspettavo pure peggio. Ma lei l'annovero tra quelli che ci "devono" stare, altrimenti Sanremo diventerebbe altro. Magari. Ma per merito di chi? I tanti giovani cicciati dai talent mi sono scivolati addosso come gli Zero Assoluto e peccato che in queste occasioni la voce del bravo imitatore Scanu non sia mai sostenuta da quella cosa indispensabile per diventare qualcuno che si chiama personalità. Del pezzo di Noemi mi piace il testo. Dei rapper non parlo perché non sono mia riuscita ad assimilarli al genere "cantante", parlo invece di Irene Fornaciari perché non ho capito perché continua a provarci. Chi manca? Ah, gli Stadio. Non m'ha fatto effetto ma ormai sono passate le due di notte e sono stanca, sinceramente non ricordo.
So che in generale non riesco più a sopportare chi non riesce a tenere l'intonazione manco sotto tortura. Considerando che stiamo parlando di cantanti sarebbe una cosa auspicabile.

La cosa più piacevole di queste due serate? Un Frassica distante dalla gara, consapevole e ficcante come sempre, che entra dicendo "Le canzoni sono tutte uguali. Io sono qui solo per conoscere Garko". Come dargli torto.

 © Caterina Somma - Tutti i diritti riservati



Volume non è potenza, abbondanza non è piacere


Le basse frequenze sono il mio pane quotidiano, perché mi piace sentirle nella pancia da sempre, perchè ho sposato più di cent'anni fa chi si esprime per loro tramite. Non mi spaventa quindi il suono che fa vibrare il corpo fisicamente oltre che emotivamente.

La premessa non è sufficiente a spiegare il mio commento, aggiungerò quindi il ricordo di quella "zona rossa" che fin dagli anni '70 ti insegnavano a non raggiungere se volevi avere una perfetta registrazione audio con i primi strumenti analogici. Una musicassetta che superava detti limiti era irrimediabilmente da buttare, inutile, inascoltabile.
Chiedo allora con umile preghiera, ai signori che si occupano della diffusione audio nei concerti di musica italiana, di ricordare tale semplice insegnamento, tenendo presente che la saturazione del suono avviene, prima che negli strumenti, nell'orecchio umano.

Oltre un certo limite non si sente meglio: non si sente proprio.

Tant'è che ti viene in mente che ci sia qualcuno che lo faccia di proposito: se non si riesce a percepire le note buone non si riesce nemmeno ad individuare quelle meno buone. Senza essere necessariamente cattivi, la verità è che in genere, parlando di suono, in Italia spesso si confonde il volume con la potenza (ovviamente c'è qualche rara eccezione.... ma chi gode della mia stima già sa).

Rammento il concetto: potente è un accordo giusto, un'armonia rispettata, una voce presente, un'equalizzazione bilanciata.
E rammento pure che il pubblico non è così cretino. E a certi spettacoli assiste per affetto verso cantanti e cantautori che hanno partecipato alla colonna sonora della propria vita, non perché si aspetti di assistere ad uno spettacolo indimenticabile.
 
Personalmente soffro. Vado, gioisco di qualcosa, ma la maggior parte del tempo soffro.
Mi limito a porre attenzione ai quei brevi momenti acustici che temo vengano inseriti in scaletta più per far rifiatare l'orchestra che per far godere il popolo. Che sono gradevoli anche perché scevri dall'abbondanza delle sovrapposizioni tra voci e strumenti, tipici dei ridondanti arrangiamenti di tanta musica pop nostrana, che rendono il ragù sulla pasta talmente unto da non riuscire più ad apprezzare il sapore della carne. Ma questa è un'altra storia... 

Peccato che sia così, in un paese che ha fatto dell'arte il suo vanto per secoli e secoli. E peccato si debba sempre far riferimento ai concerti anglosassosi - in cui tutto è chiaro, tutto evidente, dalla semplicità dell'espressione ai virtuosismi - quando si vuole portare ad esempio un concerto magnifico.

Semplimente perchè il volume della diffusione è più basso. Non perché i musicisti stranieri suonino meglio.


Succede...

Ve lo dico: sono di parte.
Dalla parte dei Beatles, da quella degli Yankees e quella degli Spandau Ballet.
Ecco perchè ieri sera, sentendo Tony Hadley intonare un pezzo dei Duran Duran, ho sorriso. E poi riso, forte.
Ma questa è una delle magie che compie il tempo quando passa, specie se ne passa tanto.

Succede che Tony è un altro, ma chissenefrega delle guance rosse per l'alcool se canta ancora così a cinquantaquattro anni. Succede che nessuno gli lancia più reggiseni sul palco ma qualche orsacchiotto gli arriva ancora, lui lo raccoglie, lo regala ad un bambino in braccio al padre in prima fila, e la signora accanto gli urla in romanesco: "A' bello ciacioneee!". Succede che canti a squarciagola con i piedi che ti fanno male, a due metri da lui, ma vicino a te non c'è la tua compagna di banco a tenerti la mano sudata dall'emozione, ma tua figlia adolescente che non capisce il tuo entusiasmo ma è lì perché ti vuole bene. Succede che godi, esattamente come allora, ma invece di strapparti i capelli ti stampi sul viso il tuo più bel sorriso, perenne, di gioia e gratitudine.
Per averle vissute certe gioie. Per viverle ancora certe gioie.
Per un concerto ineccepibile, per una voce ancora superba, per un gruppo coi fiocchi.

Bello. Bello. Ancora!



Essere con Vasco


Ci sono concerti che senti con le orecchie. Poi ci sono quelli che senti col cuore.
A vedere Vasco Rossi ieri sera ci sono andata per curiosità ma anche per piacere, convinta, nel profondo, di dovergli comunque qualcosa. E lontana anni luce dagli accrediti - stampa e non - ho comprato il biglietto.
Non sono, per natura, né seguace né fan di nessuno, ma la musica buona e fatta bene mi piace tutta. E la sua musica, anche se non ho mai comprato i suoi dischi, non può non piacermi.
Vasco è come Lucio Dalla, ce l'hai dentro da sempre, anche se non te ne rendi conto.

Io, dentro, ce l'ho eccome. E ho voglia di andare a sentirlo, nonostante tutto.
Nonostante il volume di un concerto allo stadio, così tremendamente alto da non farti apprezzare armonie o parole. Nonostante il prezzo del biglietto sul prato, da fan di lusso. Nonostante i tappi delle bottigliette di plastica svitati prima di entrare e quelle di vetro (chiuse) vendute dentro. Nonostante il parcheggio dell'auto a due chilometri di distanza.

Così vado. Lo sento. Non tanto con le orecchie, come dicevo, ma con il cuore, con il corpo e pure col cervello. Perché quello che Vasco ha scritto non ha bisogno di giudizi e commenti. Perché la sua personalità stende, molto più dei decibel delle chitarre che lo accompagnano. Perché gli vuoi bene per quello che è, roba nostra. Roba unica.
"Adesso vorrei fare un discorso..." esordisce ad un tratto. Poi va verso il pubblico e dice: "Invece no". E se ne va.
Come fai a non amarlo.

Resisto due ore, lasciandomi andare al prato ogni tanto, e poi risorgendo. Perché anche se non vedo tanto e non sento bene, voglio essere lì, fino in fondo. Voglio arrivare ai bis, ai pezzi in cui l'onda sonora dovrà arrivare con meno forza e con più penetrazione. E finalmente riesco ad apprezzare qualche accordo, qualche parola dei suoi testi, essenziali e profondi.

Ci sono stata. Fino all'ultimo. Una specie di miracolo per me.
La scaletta, se volete, ve la ripeto.


Dischi d'oro e di cartone


Sto ancora smaltendo la sbornia sanremese.
A due giorni dal termine della manifestazione ancora non riesco a parlare d'altro. E mi scappa da scrivere, perché c'è ancora chi si stupisce o viene deluso dalla presenza di certe figure al Festival. Perché?
Sanremo è una vetrina ambitissima, una delle poche, in Italia, a garantire una tale visibiltà in così pochi giorni.
Perchè un cantante famoso non dovrebbe parteciparvi? Lo vedono almeno sette/otto milioni di persone. Nei giorni successivi ne parleranno altri svariati milioni. E se fa "l'ospite" lo pagano pure, e profumatamente. Dov'è il compromesso, dov'è la vergogna di cui qualcuno parla? E anche ammesso che qualcuno, in passato, l'abbia snobbato e ora non lo faccia più, da dove viene lo stupore?
I cantanti fanno solo quello che fa ciascuno di noi: tirano acqua al proprio mulino. 

Allora penso a quando un album, per conquistare un Disco d'Oro, doveva vendere 1 milione di copie. Uno dei primi artisti italiani ad ottenerlo fu Domenico Modugno. Il suo "Nel blu dipinto di blu" ne vendette addirittura 22 di milioni...
Per carità, di canzoni come quella non se ne scrivono tutti i giorni, ma è così triste pensare che nel 2014, per ottenere il Disco d'Oro, basta venderne 25.000.

L'inguaribile crisi del mercato discografico viene tamponata tagliando, a colpi di machete, il numero di copie necessarie per conquistarlo, e annoverando, tra le copie, anche quelle digitali. Un po' come si fa per i livelli consentiti di inquinanti nell'aria. Brutta storia.
Così come aumentano i tumori e le malattie causate dallo smog, allo stesso modo la discografia si ammala sempre più, cercando di nascondere la mano con cui fuma la sigaretta che la ucciderà. Modifica i criteri per la certificazione delle vendite ma, soprattutto, produce prodotti più che mediocri - che ci somministra spudoratamente, a dosi massicce - che spesso puntano su un personaggio popolare (magari per motivi diversi da quelli artistici), su un prodotto del momento. Che come ogni moda è destinato a passare. Ma in fondo, il mercato si è solo adeguato.
Qualcuno dice che è colpa della pirateria.  Ma per piacere...
Come spesso accade, il sistema stesso è responsabile (complice di sicuro) della morte del sistema stesso.

Negli anni '80, quando i prezzi dei dischi erano alle stelle, si diceva che i costi così elevati fossero dovuti alle spese sostenute per finanziare i nuovi impianti di produzione per i nuovissimi CD. Le riviste specializzate e gli stessi negozi di dischi cominciarono a denigrare il vinile e, piano piano, giradischi, bracci e puntine divennero oggetti malvisti, innominabili e introvabili. Già...
Il Compact Disc costava la metà di un disco vinile e rendeva il doppio. Solo che costava pure il doppio.

E' stato lì, in quegli anni, che è cominciata la crisi. E, mi dispiace ammetterlo, tutto questo è accaduto per una precisa strategia, decisa proprio a tavolino. La pirateria è sopraggiunta di rincorsa, ovviamente. E c'ha inzuppato il biscotto.
Ne parlo oggi con tristezza, con una decennale nostalgia per il vinile appena lenita però dal recente accoglimento, in famiglia, di un piatto perfettamente funzionante.
Con cui suonare di nuovo dischi che non avrei mai avuto il coraggio di eliminare.

Ora devo proprio andare.
Ho Mario Del Monaco sul piatto.
Nel blu dipinto di blu - D.Modugno

#Sanremo2014


Ci siamo. La conferenza stampa di oggi sancisce ufficialmente l'inizio del rituale sanremese.
Fazio - al suo secondo anno come timoniere, conduttore e direttore artistico - illustra il programmino con chiarezza e concisione invidiabili, aiutato da una Littizzetto in versione formale, stranamente silente.
Espone i temi del Festival ("La Bellezza" e "I 60 anni della Rai"), parla della straordinaria, romantica scenografia e passa la parola alla sua partner, che si mostra felice di essere nuovamente al suo fianco, soprattutto per aver di nuovo la possibilità di mangiare ancora gli "agnolotti di borraggine" e quella di vestire abiti firmati, quest'anno di Gucci.

Si parla di Pif (Pierfrancesco Diliberto), da MTV, che condurrà il Pre-Festival, ovvero l'Anteprima, e di Filippo Solibello e Marco Ardemagni di Caterpillar, che gestiranno invece il Dopo-Festival esclusivamente sul web, in live streaming. Ma si parla soprattutto di ospiti: Raffaella Carrà, Renzo Arbore, Franca Valeri, Claudio Baglioni, Gino Paoli, Enrico Brigano e Luca Parmitano (l'astronauta), facce di casa insomma (tra cui annoveriamo anche Laetizia Casta), tanto per fare da contraltare ad una serie di stranieri tra cui Paolo Nutini, Yusuf Islam (ovvero Cat Stevens), il cantautore belga Stromae e quello canadese Rufus Wainwright. Garantita anche la partecipazione di una parte dell'Orchestra Mozart, che renderà omaggio allo scomparso maestro Abbado.

Come al solito, a giudicare le canzoni (attenzione, non i cantanti!) saranno il televoto, la giuria della stampa e i giurati di qualità (solo nelle ultime due serate). Anche quest'anno, ognuno dei 14 big porterà due canzoni tra le quali il pubblico dovrà scegliere la preferita da portare avanti nella gara. Per i giovani, 8 nuove proposte che si preannunciano - come al solito - qualitativamente degne dei big. Il venerdì, serata "Sanremo Club" (sintesi tra Festival di Sanremo e Club Tenco Club) dove i Big potranno esibirsi in un altro brano, scelto tra le più belle canzoni italiane d'autore.

Dopo la prima mezz'ora di conferenza, Mauro Pagani è il primo a riportare l'attenzione su quello che dovrebbe essere l'argomento principale, la musica, e a prendere le parti dei musicisti, cercando di difendere e proteggere una categoria sempre meno considerata.
Duccio Forzano, il regista, ringrazia mamma Rai per il gioiellino tecnologico in regalo, una "spidercam", con cui fare incursioni soprattutto tra gli orchestrali, stipati a piani nella tanto decantata scenografia di Emanuela Trixie Zitkowsky (che ricorda un palazzo del settecento, ma scorda le esigenze tecniche e acustiche di chi lo occupa...) e comunica inoltre che quest'anno l'audio sarà in Dolby digitale 5.1, sia sui canali generalisti, sia sul digitale terreste sia sul web. Si sentirà la differenza?

Dopo una cinquantina di minuti la Littizzetto ha un sussulto, e in una piccola pausa infila un "Mangiamo?", pensando al rinfresco che segue ogni conferenza stampa che si rispetti (e motivo per cui tanti colleghi accorrono a certi eventi).
Fazio, professionale e sorridente, garantisce "canzoni non sanremesi... ma all'insegna della contemporaneità..." anche se con "un paio d'eccezioni evidenti". E promette "una settimana di leggerezza che, speriamo, faccia bene". Speriamo sia così.
E' difficile fare uno spettacolo leggero senza contare sul peso della buona musica.

Caterina Somma

lippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di “Caterpillar AM”, uno dei programmi di punta di Radio2. - See more at: http://sanremo.blog.rai.it/2014/02/10/dopofestival-in-diretta-esclusiva-sul-web/#sthash.bM65zZkf.dpuf
ilippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di “Caterpillar AM”, uno dei programmi di punta di Radio2. - See more at: http://sanremo.blog.rai.it/2014/02/10/dopofestival-in-diretta-esclusiva-sul-web/#sthash.bM65zZkf.dpuf
ilippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di “Caterpillar AM”, uno dei programmi di punta di Radio2. - See more at: http://sanremo.blog.rai.it/2014/02/10/dopofestival-in-diretta-esclusiva-sul-web/#sthash.bM65zZkf.dpuf

Quando viene dicembre






Chi non salta. E dice lo stesso.

Odio le domande del tipo "Chi è il tuo cantante preferito?".
Non ho mai risposto, e ho sempre sperato che nessuno me lo chiedesse mai. Non sopporto schemi ed etichette, perché la musica è emozione, e le emozioni non vengono dai "generi" ma dalle persone.

Ognuno di noi vive sulla propria pelle un po' di musica, a seconda degli anni in cui è cresciuto. Non si può sentire tutti, non si può seguire tutti.
Io Edoardo Bennato l'ho vissuto e amato durante l'infanzia e l'adolescenza, e forse è anche questo che me lo fa amare così. Ma adesso, parlandone, quello che mi viene in mente su di lui è altro. Perché, pensandoci bene, lui è esattamente quello che io penso debba essere "il" cantautore italiano.
Perché l'Italia non è solo tarantella e mandolino ma da lì viene, perché gli americani hanno lasciato il segno, perché nonostante la globalizzazione della musica nessun popolo può dimenticare il suo suono. Perché lui - lo dico per chi non può fare a meno delle definizioni - lui è rock, pop e folk allo stesso tempo. Come l'Italia.
E anche perchè i suoi testi sono importanti come la sua musica, perché si rivolge a tutti, anche a chi non può o non vuole capire. Perché ha sempre promosso la forza del pensiero. Perché sa esprimere efficacemente quello che vuole, grazie a tecnica ma anche, e soprattutto, poesia. Quella poesia che libera le sue parole da qualsiasi orpello politico e lo fa amare anche da chi non l'ha vissuto.
Perché è anche di più.

Adesso che sono grande, e che scrivo per vivere, non posso esimermi dal giudicare il suo mestiere, fatto da sempre con grande rispetto e competenza, con serietà e abnegazione, con gioia, umiltà e passione. Questo è ciò che mi arriva dal suo lavoro, fatto ancora oggi di forza e fantasia, di musica, di parole e di idee, offerte al pubblico con delicatezza e determinazione, oggi come trent'anni fa. Mai apprezzato abbastanza (secondo me), forse perchè troppo avanti (per allora), forse perchè ci vuole un carattere diverso dal suo per assurgere a idolo.

Lui, imperturbabile, dall'alto di una onoratissima posizione raggiunta per indiscussi meriti, continua a fare il suo mestiere, e io sono ancora qui che lo ascolto. Con spirito critico, come sempre, ma sempre piena di profonda gratitudine. E me lo immagino sempre su quel palco fra altri trent'anni, con i jeans e gli stivaletti, le t-shirt filoamericane e gli occhialetti rettangolari; con la chitarra e l'armonica; con il collo in estensione per arrivare al microfono, posizionato sempre più in alto rispetto alla sua bocca.
E lo ascolterò, con curiosità, anche se un giorno dovesse non essere più così... 

La sua musica soddisfa tutte le mie esigenze. Quando lo ascolto non mi manca niente.
Perché nel suo suono c'è tutto quello che sento di essere.
© Caterina Somma   2013

E noi due là

Pure questa, sei interminabili minuti... Ma almeno qui l'inciso si ripete, e poi questa storia è anche mia, come di tanti altri.
E questo video, il suo viso segnato, i colori che cambiano... Sì, i segni del tempo mi inteneriscono.
Mi arrendo, non ce la faccio, gli voglio troppo bene.
Eccolo qua


Ipocrisie


Stanno per iniziare i Wind Music Awards su Raiuno, cosi posticipo la cena perche so che Baglioni uscirà per primo. Claudio è come il primo amore, non si scorda mai... e io non mi scordo nemmeno stasera di guardarlo dal Centrale del Foro Italico. Il pezzo nuovo non mi piace, ma lo guardo e lo ascolto con amore, come sempre, con lo stesso sguardo sia dietro le quinte che davanti allo schermo televisivo. Con amore, ma anche con distacco e lucidità, sia con un pass attaccato al collo sia sul divano di casa. Stasera, lo ammetto, mi fa un brutto effetto vederlo leggere il gobbo veloce veloce, perché qualcuno deve averglielo detto che in una serata così lunga, che deve dare il palco a tanti artisti, non può fare un monologo di un quarto d'ora, pure se si chiama Claudio Baglioni. Non l'ha fatto manco Renato Zero...

Claudio, da bravo, legge le sue spiegazioni al progetto "Con Voi" e incastra a forza le parole, con sfida, in un'intro lunghissima che tutti gli passano, perché in quel momento è un mito per tutti i miopi del mondo. E ce la fa. Alla fine che importa cosa canta. I WMA proseguono: sul palco sempre gli stessi, quei pochi che oggi ancora vendono dischi. Sono proprio pochi. E sempre gli stessi. Guardo Fiorello, che riesce comunque a strapparmi una risata prima di cedere al sonno. Domani mi devo ricordare...
Mi devo ricordare di ascoltare il secondo inedito che Baglioni ha deciso di vendere solo su iTunes, "Dieci dita", in anteprima dalle frequenze di Radio Italia. E meno male, perché, almeno musicalmente, lo ritrovo, anche se non riesco più a stare dietro ai suoi testi chilometrici e mi viene da sorridere quando risento odore di Procol Harum. Avrei voglia di chiedergli se la sua è solo un'ispirazione o se l'ha fatto puntando sul fatto che le nuove generazioni difficilmente hanno masticato "A whiter shade of pale", "Homburg" e "A Salty Dog".

Mando un paio di Twett, tanto per dire la mia. Poi, gironzolo, in cerca di commenti. Possibile che ci siano solo parole di lodi sui nuovi pezzi? Non c'è nessuno che, come me, abbia voglia di dirgli qualcosa di critico, non per giudicarlo, ma semplicemente per spingerlo a far meglio. Vorrei sempre il meglio da chi amo... Ho capito male, Clà? Non è quello che vuoi dai tuoi fan?

Gironzolo ancora su internet e vengo a sapere che il Papa, stamattina, si è pesantemente schierato contro l'ipocrisia. Avrebbe invitato i fedeli a non usare il "politicamente corretto", perché "la lingua della corruzione è l'ipocrisia". Cerco, continuo a cercare, mi sembra un argomento perfetto per quello che sto scrivendo. Leggo tanti articoli, dicono tutti più o meno le stesse cose, qualcuno dice che sia rivolto ai politici, qualcuno dice che parla ai giornalisti... Può essere. 
Ma io voglio assolutamente sapere cosa ha detto. Comincio allora a cercare sui giornali on line. Ce ne fossero due che riportano la stessa frase! Non mi accontento di parole riportate, voglio sentire la sua voce. Cerco allora di andare alla fonte, rivolgo la mia attenzione all'Osservatore Romano e al sito di Radio Vaticana. Questa, almeno, riporta dei virgolettati che dovrebbero essere fedeli a quanto dichiarato dal Santo Padre. Evviva! C'è un file audio da ascoltare, scarico l'mp3, ma...

Apro il file, e con mio stupore, c'è una voce narrante che "introduce" frasi brevi estrapolate dal discorso generale, "spiegando", anticipando, il significato di quello che si sente subito dopo.
Cerco, cerco e trovo lumi in una dichiarazione di padre Federico Lombardi che (riassumo) spiega che le omelie del Papa nelle messe mattutine nella cappella di Santa Marta hanno un carattere familiare che lui stesso intende conservare, non trasmettendone, quindi, né audio né video. E poi che "le omelie sono in lingua italiana, lingua che il Papa possiede molto bene, ma non è la sua lingua madre... e una pubblicazione integrale comporterebbe una trascrizione e una ristesura del testo in vari punti, dato che la forma scritta è differente da quella orale, che in questo caso è la forma originaria scelta intenzionalmente dal Santo Padre". Insomma, occorrerebbe una revisione del Santo Padre stesso, ma il risultato sarebbe chiaramente "un’altra cosa", che non è quella che il Santo Padre intende fare ogni mattina. Riporto ancora: "Dopo attenta riflessione si è quindi considerato che il modo migliore per rendere accessibile a un largo pubblico la ricchezza delle omelie del Papa senza alterarne la natura è quello di pubblicarne un’ampia sintesi, ricca anche di frasi originali virgolettate che riflettano il sapore genuino delle espressioni del papa".

Sì, ho capito, ma che discorso è? Mi viene da dire... O si rende pubblico o no.
No, a farlo a pezzi.
No, a farlo con le "spiegazioni".
Perché io non dovrei essere in grado di capire quello che vuole dire il Papa, anche se la sua forma parlata non è poi cosi perfetta?
Deve ancora esserci qualcuno che si arroga il diritto di decidere cosa ho il diritto di pensare?

L'omelia non vale per tutti? Anche per chi "omette", non è vero?
"Gesù ci dice: il vostro parlare sia: Sì, sì. No, no. Con animo di bambino", ha ricordato stamane Papa Francesco.

Caro Papa, io lo faccio, l'ho sempre fatto. Con educazione, credo e spero, ma l'ho sempre fatto. Sui giornali su cui scrivo e con le persone con cui vengo a contatto.

Ah... stavo dimenticando Claudio Baglioni.
Che dice pubblicamente di cercare "suggerimenti" tra il suo pubblico. Anch'io, quindi, dico la mia.
La bellezza e la validità di un brano musicale non dipendono dalla capacità del suo interprete di estendere la sua voce su più ottave. Andando avanti nel tempo, rendersene conto sarebbe auspicabile. Così come rivedere le tonalità dei pezzi.
Ma è solo la mia opinione.

@ Caterina Somma

La prima canzone non si scorda mai



Nell'estate del '69 non facevo altro che mettere quel disco nel jukebox dello stabilimento balneare.
Forse facevo un po' ridere, piccola com'ero, e forse qualcuno era stufo di sentire quel tormentone per la terza estate di seguito. Ma allora era così. Vaglielo a spiegare ai ragazzini di oggi...

Allora un disco si ascoltava e si cantava per anni, se era un disco che valeva. Un bel disco suonava in quello scatolone magico sempre sotto la stessa combinazione di lettere e di numeri. E ogni bambino conosceva a memoria i tasti da schiacciare per sentire il pezzo preferito che, in barba al tempo che passava, rimaneva sempre là, mese dopo mese, spesso anno dopo anno.

Come la "mia" Cuore Matto.
Che ho cantato con amore da quando sono nata, e per tanti anni a seguire. Che cantavo ogni volta che maneggiavo un elettrocardiografo giocattolo che mi ricordava il lavoro di mio padre. Che continuerò a cantare, con lo stesso amore, con lo stesso spirito, finché vivrò.

Ricordando, insieme ad essa, i suoi concerti, imperturbabili nei secoli, le sue splendide auto da collezione nella casa in campagna vicino alla mia, e perfino quella bara di cristallo di Mary/Biancaneve a Primaporta, vicina vicina alla cappella della nonna che non ho mai conosciuto.
Che, fin da bambina, mi ha fatto capire che anche la musica, è una cosa seria.
Una cosa per cui si può pure morire.
Ma anche, e soprattutto, una cosa per cui vivere. Per sempre.
Come Tony.
@ Caterina Somma

I see the light


Sognare è gratis. A tutte le età.


Cancellerò tutte le nuvole


... e fermerò quel cielo in lacrime
perchè ti sento come l'unico destino
sei quel coraggio che non era di nessuno
ritornerò bambino quasi fragile
a colorare il bianco delle pagine
e crederò nella purezza di un momento
ci perderemo in un abbraccio così intenso...


Noi no.

Quei due sono sempre dietro l'angolo, e occorre pazienza e lavoro duro per non diventare così. Gli altri brutti sé sono sempre in agguato. La voglia di arrendersi arriva ad ondate, ma per fortuna le onde arrivano e poi vanno via.  Aver già speso ogni lacrima può fare la differenza?


Non è niente
e tutto sta in quel niente
e tutto sembra uguale a sempre
intanto i due lì accanto
sono quasi al conto

Lui non parla tanto e spiega
come un maschio alla deriva
con il raschio che gli annega
giù nella saliva

Lei ha un'aria persa
da uscita di scuola
e ogni tanto si versa
una mezza parola

Lui si sofferma
a guardare l'orario
ma la vita ferma
su un altro binario

Cuore e amore
qui non fanno rima
non è come un quiz
e quella giusta è l'ultima risposta
non la prima

Lei che fa una faccia apposta
e sbraccia nella luce brutta
che si butta sul vestito
che la tocca tutta

Lui con la ruga
di quando è un po' tardi
la linea di fuga
di tutti i suoi sguardi

Lei è già quell'altra
che ha la stessa voce
ma un po' meno scaltra
e un po' più feroce

Lui vede sé dentro un riflesso
Lei che non c'è sempre più spesso

Ma che cosa è mai
è splendore per pochi angeli
è dolore per tanti diavoli
e per gli uomini è amore
Specchio degli déi
che a sorprendersi lì dà i brividi
fino a prendersi graffi e lividi
ed arrendersi come quei due

E sono aghi di pino
al vento che ha soffiato su
un momento
per buttarli lì vicino
e illuderli di aver volato

Lui ha un sorriso più smagliato
e si specchia e taglia
strade di tovaglia
e quella storia vecchia
che già impaglia

Lei che s'appoggia
e si riempie il seno
e su guance di pioggia
occhi d'arcobaleno

Lui l'accarezza
col dorso di una mano
e quanta bellezza
che cade lontano

Lei a mento in su e un lato solo
Lui a testa in giù caduto in volo

Ma che cosa è mai
è un rumore di quanti battiti
è un rancore di troppi fremiti
e per tutti è l'amore
Favola da eroi
che pretendersi lì è da stupidi
per nascondersi poi da pavidi
e perdersi come quei due

Non è niente
e tutto sta in quel niente
e tutto sembra come sempre
non è niente
e intanto i due lì accanto
sono al conto

Ma che cosa è mai
è il bagliore di alcuni attimi
è l'errore di mille secoli
e per sempre è l'amore
amore e muore prima o poi
con lo svendersi il cuore e l'anima
con lo spendersi ogni lacrima
e rendersi conto che siamo noi
quei due
Non riesco a non pensare a quanto sia incredibile la vita, al fatto che esista qualcosa di incomprensibile che ti fa decidere in un battito di ciglia che quello che stai guardando, che l’essere che è lì, davanti a te, lo conosci eccome, l’hai sempre conosciuto, senza il bisogno di fare la sua conoscenza. E non importa se poi lui c’è o non c’è più. Se lo vedi o non lo vedi. Tanto lo senti. Va bene anche non volerlo. Va bene tutto. Importa che tu abbia avuto modo di sapere che c’era. Che c’è. E pure che forse non ci sarà.

Qualunque sia il destino a cui siamo legati, il fatto che quella cosa sia accaduta, che quell’incontro di anime ci sia stato, è lì come un faro nella notte, che fa strada quando è buio nel mondo e illumina ancora di più quando è più buio nel mondo di dentro. Non è un appoggio, non ti sostiene, non ti risolve i problemi, non ti porta per mano. Ma quando resti ad occhi chiusi con te stesso, la sua essenza ti rassicura e non ti fa sentire mai sola. Non ti fa avere paura di quello che sarà. Perché hai l’assoluta certezza che se esiste ciò che non esiste, niente di quello che non conosci può farti così paura.
Magari dopo, più in là e oltre, ci sarà una dimensione dove l’impossibile è reale, dove chi ha avuto più paura potrà godere la pace della tranquillità e dell’amore incondizionato. Là dove niente è peccato, niente proibito, dove non c’è menzogna né ricatto, dove il coraggio non è una dote, dove dare è normale come ricevere.

Scende qualche lacrima che si asciuga da sola all’idea che potrebbe essere così anche qui, anche ora. Ma no, qui non è così.
Tutti giù per terra. Il girotondo è finito. 
E allora mi riempio gli orecchi di musica fino a farla traboccare, mi riempio la testa di note e di parole, di vibrazioni che mi fanno sentire viva...
(...continua su carta)

Ah beh, sì beh


E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re...


Da qui... fin laggiù

 Chi l'ha detto che non mi senti,
 Chi l'ha detto che io non ti trovi
 Tutto è luce, suono ed oblio
 Mentre la voce è sempre e ovunque
 E il silenzio delle distanze è sotto le unghie

Bungaro, Guardastelle
 
Da qui, mi piace calcolare le distanze 
Da qui, proiettami nello spazio siderale 
Da qui, da qui, da milioni ad occhio e croce di persone 

Da qui, ho conosciuto la costellazione 
Da qui, senza mai guardare dentro un cannocchiale 
perché la mia vista vede, è una lente naturale 

E ho fantasia e posso anche volare 
La fantasia lo sai ti fa volare 
 
Guardastelle, guarda, 
in questo mare di stelle, 
mi perderò con te 

Guardastelle, guarda, 
è un cielo di fiammelle, 
il buio più non c'è

Da qui, mi stacco da terra ad immaginare 
Da qui, chissà, se c'è un mistero grande da scoprire 
Da qui, una libera preghiera per una pace da inventare 

E ho fantasia e posso anche volare 
La fantasia, lo sai ti fa volare 

Guardastelle, guarda, in questo mare di stelle,
 mi perderò con te 

Guardastelle, guarda, 
è un cielo di fiammelle, bruciano per te 

Sotto il cielo la terra, 
ogni uomo una stella 
Una speranza sospesa, 
tra la scienza e la guerra 
Una speranza sospesa, 
tra la scienza e la guerra 

Guardastelle, guarda, 
in questo mare di stelle, 
mi perderò con te 

Guardastelle, guarda, 
è un cielo di fiammelle, 
è un cielo di fiammelle...


Certezze

Tesoro, non aver paura...
Ti ho amato per mille anni,
ti amerò per altri mille

Christina Perri, A thousand years

Heart beats fast
Colors and promises
How to be brave
How can I love when I’m afraid to fall
But watching you stand alone
All of my doubt suddenly goes away somehow
One step closer

I have died everyday waiting for you
Darling don’t be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more

Time stands still
Beauty in all she is
I will be brave
I will not let anything take away
What’s standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer

I have died everyday waiting for you
Darling don’t be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more

And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more





One step closer
One step closer

I have died everyday waiting for you
Darling don’t be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more

And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more







the twilight saga breaking dawn - parte 2
top