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Oltre i Soldi

Subisco sempre il fascino di una bella dentatura e nutro una sana invidia per quei sorrisi larghi, positivi e lucenti made in USA. Durante la mia infanzia mi dicevano che gli americani avevano quei bei denti perchè per prevenire i danni del tempo se li incapsulavano fin da piccoli correggendo, visto che ci si trovavano, eventuali difetti estetici. Forse era davvero così, forse questa storia era solo una leggenda legata al fascino degli yankees negli anni del benessere economico.
A dire il vero, notavo lo stesso candore e la stessa perfezione nei denti degli africani, in quel caso però mi si diceva che quella era solo "una caratteristica della razza". Il che, nel mio cervello, avrebbe dovuto significare che i neri erano più belli e più fortunati. Invece non era proprio così. Era più che altro "gli americani so' furbi e i denti se li sistemano ad arte per essere fighi, gli africani hanno almeno questa fortuna nella vita".

Per quanto riguarda la mia educazione, in anni in cui in Italia un bambino di colore alle elementari era visto e trattato come un alieno, ho avuto la fortuna di avere un maestro e un padre che mi spiegavano la storia e la genetica facendomi vedere i mostri che nascevano nelle famiglie nobili dall'unione tra consanguinei e spiegandomi che gli americani sono belli perché più le razze si mischiano meglio è (per buona pace di chi dice che non esistono).
Molti scienziati contemporanei sostengono che dal punto di vista genetico nel caso degli umani non ha senso parlare di razza, ma è innegabile che gli individui possano essere classificati in base ai loro tratti fisici, quelli che nei secoli dei secoli si sono differenziati a seconda delle condizioni ambientali circostanti, il clima, l'alimentazione, le ore di luce, ecc. E che male c'è in questo? Noi, abitanti della terra del terzo millennio, dovremmo essere fuori dalle tentazioni delle discriminazioni razziali. Dovremmo.

Qualche anno fa scelsi di non occuparmi di politica perché poco ne so e poco mi interessa, convinta che la politica si fa con l'esempio, vivendo la propria vita secondo le proprie convinzioni ma nel rispetto reciproco, secondo quegli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità dei rivoluzionari francesi che condivido e che non mi è mai pesato promuovere. Mi viene spontaneo. E anche se ai ragazzi d'oggi che respirano e vivono una realtà globale multietnica fa orrore sentir parlare di razza, io questa parola la uso ancora quando mi serve per spiegare che la diversità esiste, ma è l'unica vera grande ricchezza dei questo mondo ed è l'unica cosa che riesce a garantirci la sopravvivenza. La natura ne è l'esempio più fulgido. Sono le diversità a far sì che l'ecosistema sia in equilibrio. E se ora questo equilibrio non c'è più la colpa è solo di quegli umani arroganti e presuntuosi (per non dire stupidi e assassini) che hanno creduto di sapere chi sterminare, dalle foche agli ebrei.

Ho ascoltato le canzoni del Festival di quest'anno un po' annoiata e un po' infastidita, non mi sono piaciute, faccio fatica a seguirne i testi, non le capisco; ma non per questo mi arrogo il diritto di sputarci sopra o di metterle al rogo. Credo che si debba avere sempre un atteggiamento rispettoso e curioso nei confronti di chi gode di una grande popolarità. Se uno ha successo c'è sempre un motivo, anche se in molti non lo capiscono. Per quanto mi riguarda, nei limiti del possibile, cerco di sforzarmi a capire. Qualche volta ci riesco.
E' per questo che non ho provato nessuno stupore nel vedere la classifica finale. Non ho gridato allo scandalo per la poca considerazione del pezzo della Bertè, nè per la vittoria di Mahmood. Ritengo che il podio di Sanremo sia sempre stato coerente con la società in cui viviamo, anno dopo anno. E anche quest'anno non ha fatto eccezione.
Il Volo? Presenti! La tradizione, nel paese del bel canto, non può mancare.
Ultimo? Ovvio che ci sia. Se la contestazione è fatta bene viene sempre premiata, specie dal televoto.
Mahamood? Come potrebbe non essere lui il vincitore?
Lo dico a giochi fatti, è ovvio, ma questa mia analisi è sincera e tenta di dare risposte ai miei perché. Magari anche a quelli di qualcun altro.

Mahmood esordisce a X-Factor nel 2012 e, seppur eliminato presto, grazie alla trasmissione ottiene visibilità e popolarità. Nel frattempo scrive. Scrive. Tre anni dopo ottiene la vittoria di Area Sanremo che lo fa accedere alla sezione “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo 2016. Arriva quarto con “Dimentica”. Ma la vera vittoria personale è iniziare a lavorare come autore per altri artisti (Elodie, Michele Bravi e Guè Pequeno, Marco Mengoni, Fabri Fibra). Poi il suo primo EP. Poi la sua vittoria nel Sanremo Giovani di questa stagione, da qui il suo accesso a Sanremo 2019.
A chi si chiede perché ha vinto lui rispondo: "Perché no?". Rappresenta la musica dei ragazzi di oggi. Io non lo conosco? Non importa. Io non apprezzo la sua musica? Poco conta. Nel mercato musicale e discografico contano i numeri. Se lui li fa, ha ragione lui.
Qualcuno gli attribuisce un vantaggio legato alla "razza" perché il ragazzo (milanese di madre italiana e padre egiziano) e la sua musica (che lui stesso definisce "Marocco-Pop") potrebbero essere facilmente strumentalizzzato a livello politico e sociale. Qualcuno (più di quanti si creda) vede la sua vittoria con orrore, perchè un ragazzo così è sempre un "diverso", e come tale, osteggiato da menti piccole e ignoranti di chi ha paura, spesso a sua insaputa, di scippi e contaminazioni.

Ma io credo semplicemente che Mahmood rappresenti quel mondo multietnico e vivaddio universale che le nuove generazioni vivono senza problemi, con naturalezza ed entusiasmo.
Forse è così. E non c'è niente di male.

@Caterina Somma



RiSanremo

Il Salzano bis non mi è piaciuto, brutti pezzi e orribili testi (del programma), ma mi sono divertita per tanti altri motivi... grata di aver sentito la voce del mio adorato Jack Savoretti e rivisto il sorriso di Tony Hadley. Mi è piaciuta "Emozioni" di Battisti per l'arrangiamento sapiente e originale e l'interpretazione rispettosa del duetto Baglioni/Mengoni. Stupore per il pezzo di Anastasio (come scrive 'sto ragazzo) e occhi lucidi per la voce di Serena Rossi, che credo abbia sentito davvero il pezzo di Mimì, alla quale, dovunque si trovi in questo tempo, spedisco fermo posta il mio pensiero. Le ho voluto bene, come lei ne ha voluto a me 😘
#Sanremo2019




E Claudio ancora sia (ma poi basta)


Avere grandi aspettative aumenta sempre la percentuale di probabilità di restate delusi, ne sono consapevole, ma è quasi impossibile non averne nei confronti del Festival di Sanremo.
Il potente inizio da stadio, lo ammetto, per un paio di minuti ha alimentato le mie onnipresenti aspettative. Ma l’incoraggiante “via” di Baglioni e la certezza della solida presenza di una coppia di bravi come Bisio e Raffaele, sono stati velocemente sostituiti dal progressivo appalesarsi di uno spettacolo annoiante, in una serata faticosa e anche un po' triste. Un audio pessimo, che mette ancora una volta in discussione le capacità tecniche, mi duole dirlo, degli addetti ai lavori della Rai, e una coppia di comici ingabbiata in testi tutto tranne che brillanti di dieci autori (10!) a cui a stento riuscivano a dar voce nel tentativo di restare credibili. Peccato.
E le canzoni? Ecco, parliamo di quelle. Quelle quali?

Non sono un millennials, ma per natura e per mestiere posseggo anch’io le tre qualità che si attribuiscono a questa generazione connected (iper), confident e open to change. Voglio dire che non faccio parte di quella fetta di pubblico, generalmente più attempato, che ha estremo bisogno della parte melodica di un brano per riconoscerlo tale. Ma i pezzi che ho sentito ieri sera li ho trovati, per essere buona, inesistenti. Non credo che lasceranno segno alcuno nella storia della musica e, personalmente, non mi hanno smosso proprio niente. D’altra parte non mi sento nemmeno di criticare la scelta del direttore artistico il quale, ne sono certa, non avrà avuto a sua disposizione materiale molto migliore di quello che poi effettivamente ha scelto. Durante la prima serata, in un breve attimo di follia, ho perfino ipotizzato che Baglioni avesse architettato questa edizione per far sì che non gli si chiedesse di farne un’altra… Ma figuriamoci... Niente di tutto questo. Anche perché a lui, onestamente, dall'alto della sua carriera e della sua attuale popolarità, non sposta granché se l’auditel lo boccia. E quindi?
Quindi mi dispiace. Mi dispiace proprio assistere ad uno spettacolo che non mi piace per niente. Non mi piace per niente che le canzoni che vengono proposte passino come la crème de la crème della musica leggera italiana (non è così, per fortuna).

Aspetto il prossimo anno, con il solito entusiasmo e le solite aspettative.
Di Claudio ne abbiamo avuti abbastanza. 
Aspetto il Festival di Mario.

© Caterina Somma


Canzonemozione


Chissà perché mi tocca ripetutamente esporre un concetto che a me sembra ovvio e scontato da una vita. La musica è una forma d'arte. E l'arte è essenzialmente emozione. Qualcuno obietta: no, prima di tutto è bellezza. Io obietto a mia volta: sai che ci fai con la bellezza se non ti procura nessuna emozione.

Twittavo così stamattina, presa da rabbia inconsulta (se mi prende è bene) per certe critiche sulle voci degli interpreti sanremesi. Ribadisco: Sanremo dovrebbe essere, anzi lo è per definizione, il Festival della CANZONE italiana, non dei CANTANTI. Per questo motivo, e per il concetto espresso prima - trovo  assolutamente inutile stare lì a scannarsi sulle qualità vocali di Tizio e di Caio, perché non è in base a quello che si dovrebbe decretare la canzone vincitrice di Sanremo.

Ripenso alle parolacce che incassava in diretta Lucio Battisti da parte di presuntuosetti sessantottini sventolanti la bandiera della Cultura nelle trasmissioni televisive di Arbore, che lo accusavano di non avere voce, di non saper cantare. Chissà se oggi in macchina canticchiano Contessa (quella di Pietrangeli non quella dei Decibel) oppure Acqua azzurra acqua chiara...


Allora... in base a cosa bisogna giudicare?
E qui tocchiamo un altro concetto che sento spesso, e ancora, che mi fa andare in bestia: quello che il testo di una canzone, per avere un valore, debba necessariamente dire qualcosa di "serio", di impegnato. Sì, perché c'è tanta gente che la pensa così. E c'è n'è invece altrettanta che invece considera un testo "bello" solo se denso di sentimento, di parole che trattano temi universali come l'amicizia e l'amore.

Non sto dicendo che la canzone non possa parlare di politica o non essere impegnata, anzi. Dico solo che la musica è musica, e qualsiasi aspettativa le si attribuisca all'infuori del piacere di ascoltarla, la snatura. Anche perché per fare "politica" attraverso una canzone non devi necessariamente scrivere La Locomotiva o Don Chisciotte di Francesco Guccini. Pensate a quanta ne ha fatta in maniera molto più ficcante e duratura Edoardo Bennato nei suoi album, da Burattino senza fili in poi. A quanta ne ha fatta De Andrè e perfino Lucio Dalla.

 

Amo e lodo sempre l'impegno, quello che mi annoia è la retorica: e questo vale sia per i testi delle canzoni sia per la costruzione musicale di un brano. E anche se sarebbe possibile giudicare tecnicamente un pezzo analizzando il ritmo, la melodia, l'armonia, l'unione dei timbri o i colori, la verità è che non esiste niente in grado di definire una canzone "bella" o "brutta" in assoluto.
E allora cosa resta per giudicare?

Torno a bomba.
Quello che resta è l'emozione, cosa assolutamente soggettiva e quindi variabilissima da persona a persona, da cultura a cultura, da un'età all'altra. 
Il fatto che il gusto personale, alla fine, predomini su tutto, è meravigliosamente umano. E' quello che ci rende dissimili gli uni dagli altri. Quello che rende il mondo variopinto.
Già.
Per fortuna è così.
Lasciate che ognuno abbia il suo.

© Caterina Somma




Per quanto mi riguarda...

Il brano che mi ha colpito al cuore e che mi fa venire i brividi
Almeno pensami, l'inedito di Dalla. Sarà un pezzo minore, ma è comunque un'impronta unica di un poeta che non c'è più. Perché Ron l'ha cantata con umiltà. E perché i piccioni mi stanno simpatici.

Una canzone che mi piace
Passame er sale di Luca Barbarossa: sarà classica o antica che dir si voglia, ma è diretta, onesta, tenera.

Il pezzo per cui faccio il tifo?
Stiamo tutti bene. Perchè non ci stiamo affatto.
E perché non si deve avere necessariamente la voce da cantante per smuoverti qualcosa dentro 
(e perché sinceramente nella categoria Giovani è l'unica cosa che riesco a digerire).




 

Il Mago e il cane


Seguo il Festival da sempre, e per anni ho studiato, intervistato, partecipato, commentato e criticato le vicende e i personaggi che avevano a che fare, direttamente o indirettamente, con Sanremo. Ma non nego che ieri sera mi sono seduta davanti al monitor con una curiosità maggiore del solito. Sarà che Baglioni sta nel sangue della mia generazione come un componente essenziale, e che nel mio ci sta un po' di più per il legame che ho sempre avuto con lui, professionale e personale, ma “prima della prima” ero più emozionata del solito, in attesa di un evento a cui mai avrei pensato di assistere (Claudio direttore artistico?!?) ma, comunque, senza particolari aspettative, solo estremamente partecipe, felice, in attesa. Di cosa?

Mi rifaccio a quello che scrissi sull’inserto speciale dell’importante rivista settimanale per cui lavoravo una decina di anni fa, incarico che il nuovo Direttore mi affidò senza indugio pur non conoscendomi bene, perché secondo lui io possedevo la “sensibilità giusta” per affrontarlo. Lasciò a me anche gli strilli di copertina, e la cosa andò bene, tant’è che fui abbondantemente lodata dopo aver visualizzato numero di copie vendute quella settimana. Di quell’edizione sinceramente ricordo poco, se non il fatto che a chiusura del mio articolo introduttivo facevo e “mi” facevo un augurio: quello di poter assistere finalmente ad un Festival in cui tornasse protagonista la Canzone. Quella con la c maiuscola. Quella latitante, su quel palco, da un bel po’ di tempo.

Purtroppo il mio augurio rimase tale, e non solo per quell’anno, ma per molti anni a venire, e mentre nel paese del bel canto latitavano gli Autori e scomparivano per sempre i Produttori, spuntavano invece come i funghi i prodotti da talent. L’industria discografica cercava di tamponare la crisi confezionando brani-pacchetto da vendere tramite la più grande vetrina musicale televisiva, non capendo (ma è possibile mai?) che così facendo si scavava la fossa ancora di più. Promuovendo prodotti sui quali era impressa un’ineluttabile data di scadenza ancora prima di essere immessi sul mercato.

Ritorno al monitor, e ritorno alla mia emozione nell’aspettare Baglioni/Mago apparire (è il termine giusto) su quel palco. E lui - non so se volutamente o meno - mi fa pure stare col fiato sospeso, temporeggiando qualche secondo in più prima di apparire in cima alle immancabili scale dell’Ariston. E poi compare, con uno smoking corredato da un improbabile papillon, ed è proprio quel particolare stonato che insieme ai suoi capelli candidi mi fanno venire le lacrime agli occhi.
Ma è un problema mio. Sono lucida. Voglio vedere il Festival.
Conoscendolo, so già che gli perdonerò la sua aria impacciata, le gaffe, le pause, la sua goffaggine, i suoi sorrisi miopi. Che me ne importa. Quello che mi importa è di scoprire se il lavoro che gli è stato affidato lo ha fatto bene o male: avrà scelto con oculatezza brani e interpreti, avrà fatto quello che riteneva giusto, quanto sarà stato influenzato dalle case discografiche? Ho mille domande, e so che la risposta l’avrò tra poco.

La prima serata del Festival di Sanremo l'ho vista. Tutta. L’ho sentita tutta.
Ho apprezzato lo sforzo di Fiorello nel cercare di togliere un po’ d’amido dai colletti di tutti. Non mi sono pesati gli stacchetti e le gag (anzi, ho goduto nell’avere il tempo ripulirmi le orecchie e riprendere il fiato tra un brano e l’altro). Ho apprezzato la scaletta, che credo sia stata decisa con grande maestria, con l’intento di creare subito l’atmosfera giusta, elegante, solenne ma allo stesso tempo familiare, merito anche di una scenografia maestosa e sobria allo stesso tempo, al total black dei vestiti, al tanto bianco delle luci.
Sarà, ma fin dal principio ho avuto l’idea che l’aria fosse diversa, e che fosse un’aria a me gradita.

Sarà stata la magia che si è creata da subito grazie al pezzo firmato Dalla/Ron, che Rosalino ha cantato in punta di piedi, sarà stato il bel pezzo di Bungaro e Pacifico (ok, non è per la Vanoni, ma che importa), sarà stato per le voci di Meta e Moro che gridavano quello che tutti vogliono gridare nei giorni che viviamo. Sarà stato per l’insolita malinconia di Mario Biondi, per la tenera poesia di Luca Barbarossa che con disarmante maestria colpisce dritto al cuore, e pure per la coppia Avitabile/Servillo che porta su quel palco arte e mestiere. E allora mi vanno bene pure i pezzi non così felici, perché finalmente riesco a vedere un festival in cui qualcosa si muove, ed è soprattutto la mia attenzione, che va su e giù, che nel corso della serata mi fa dire “questo mi piace” e “questo non mi piace”.

E’ mezzanotte passata, e ancora ce ne vorrà del tempo per finire di ascoltare tutti i brani, ma sono soddisfatta, potrei anche dire felice. A questo punto mi vanno bene anche i pezzi più scontati, mi va bene anche quello che per me non ha senso, e cerco pure di non essere arrabbiata per il fatto che la regia - come quasi sempre accade - dimentica che su quel palco oltre i sorrisi della Hunziker ci sarebbero anche da inquadrare i membri di un’orchestra che la sua parte la fa, eccome se la fa.

Ma sono troppo contenta: del fatto che dopo quasi dieci anni dal mio augurio sia riuscita a vedere un festival dove le canzoni - quelle che possono orgogliosamente definirsi tali - siano tornate a fare la parte del leone. Contenta che ci sia riuscito Claudio a farlo.

Penso che non vedo l’ora di sentire domani, Mirko e il cane. Perché se stasera ho sentito un Festival di Sanremo che una come me si aspetta di sentire, vorrei, da domani, poter assistere alla nascita di qualcosa di nuovo che possa, un giorno, definirsi “bello” anche fra trent’anni.
Non so se Mirko lo sentiremo ancora fra tanto tempo, ma tra quello che ho sentito dei giovani, lui oggi una cosa è.

Vado a farmi due spaghetti, chissenefrega della dieta.

© Caterina Somma 


C'era una volta il Festival di Sanremo


Mi sono alzata tardi e aprendo gli occhi mi accorgo di essere terrorizzata dal ricordo di questo Sanremo 2016, tra i più orribili, inutili, noiosi e fastidiosi di tutta la mia vita. Il sorriso stampato sulla faccia lampadata poco esemplare di Conti, tronfio per lo share da trionfo*, mi appare continuamente davanti e faccio fatica a scacciarlo. Anche Renato Zero ieri sera era senza voce, scollato e disturbato. E il fastidioso Conti gli ha rovinato pure il "Non dimenticatemi, eh" tipico delle sue uscite di scena, richiamandolo sul palco per correggere l'errore fatto sulla data di uscita del suo nuovo album.
Scaccio continuamente anche le immagini dei bouquet diversificati a seconda del sesso degli ospiti e mando indietro quelli maschili zeppi di simboli fallici. Poi dici che Fiacchini l'ha lanciato al pubblico.

Intontita da cinque serate che avrei potuto sinceramente evitare, continuo a non capire come uno spettacolo del genere possa avere ancora un consenso comunque ampio. E penso che vedere Sanremo oggi è come comprare i regali di Natale ai parenti: pratica "tradizionale" per i buontemponi, "consumistica" per i credenti. Definizioni a parte, sciarpe e profumi firmati sotto l'albero sono tristi come questo triste festival, una vera disdetta per chi ama la musica.

Non è nostalgia, non sto invecchiando. E' che onestamente, considerate le scelte di produttori e discografici di oggi, c'è poco da portare a Sanremo e si pesca in un mare di nulla. Dovesse continuare così preferirei venisse soppresso. In tal caso, un giorno potrei a raccontare raccontare ai miei nipoti una favola che inizia così:  
"C'era una volta il Festival di Sanremo... Dove Zucchero e Vasco Rossi arrivavano ultimi, ma c'erano. Dove Dalla e Battisti guadagnavano sì e no la metà della classifica. Ma c'erano stati. Dove se qualcuno sbagliava gli attacchi o steccava malamente tu ti dispiacevi della brutta interpretazione perché il pezzo era proprio bello. Dove le vallette pensavano a incorniciare la bellezza di un'ingenuità di fondo di tutti noi. Dove si accontentava un po' tutti e tutti venivano accontentati. Dove i fiori della riviera riempivano il teatro i colore e di profumi di una Italia bella che produceva musica bella o anche brutta magari, ma bella ugualmente perché partorita per esclusiva necessità artistica, quindi originale e diversa....".  La favola sarebbe lunga, piena di aneddoti e particolari curiosi.

Se invece il Festival devesse continuare così sarebbe inutile raccontare. Nessuno ci crederebbe mai, anzi, nessuno mi starebbe a sentire. Ecco. Quando le cose non hanno più motivo di esistere dovrebbero solo essere gettate via. Ma vaglielo a dire alla Rai e al Comune di Sanremo.
© Caterina Somma


* Nonostante il successo sbandierato, in realtà lo share relativo all'ascolto del festival è passato dal 68,71% del 1987 (primo anno in cui fu rilevato) all'attuale 49,52%. Se nel 1987 teneva incollati 16 milioni di telespettatori, nelle edizioni del nuovo millennio oscilla tra gli 8 e i 10 milioni. 


Piazzamenti esemplari
1969 - Lucio Battisti, Un'avventura - 9° posto
1972 - Lucio Dalla, Piazza Grande - 8° posto
1983 - Vasco Rossi, Vita spericolata - penultimo posto
1985 - Eros Ramazzotti - Una storia importante - 6° posto
1985 - Zucchero, Donne - penultimo posto
1986 - Stadio, Canzoni alla radio - ultimo posto
1988 - Ron, Il mondo avrà una grande anima - 18° posto
1988 - Raf,Cosa resterà degli anni '80 - 23° posto 
1990 - Mia Martini, La nevicata del '56 - 14° posto
2005 - Negramaro, Mentre tutto scorre - subito eliminati

Sanremo2016, quello che non ho detto su Twitter


Mi annoio ma non posso non vederlo. Per un po' commento e scherzo con chi mi sta accanto, ma ci stanchiamo presto. Allora mi rivolgo a Twitter che mi fa ridere e condividere odio e amore per quanto sento e vedo. Ma i 140 caratteri non mi bastano, allora eccomi qui a raccontare il mio Sanremo. Quest'anno però non sarò diplomatica, non ho voglia di star lì a giustificare le mie parole.

Carlo Conti conduce con maestria e disinvoltura, una scioltezza, forse troppa, che azzera la possilità di cogliere in fallo il conduttore, da sempre tra i principali divertimenti di queste lunghe serate. Virgina Raffaele è bravissima, la modella l'ho già dimenticata, Garko è il manichino dal sorriso smagliante di questa 66esima edizione. Sarà rimodellato e impedito ma meno male che c'è, altrimenti non avremmo avuto modo di (s)parlare così tanto.

In questa sede chiarisco un concetto una volta per tutte. Una cosa è quello che mi piace, altro è ciò che penso che sia funzionale al Festival. Le due cose possono corrispondere oppure no. Di certo quando la notte mi metto in cuffia non ascolto le canzoni di Sanremo. Capita raramente almeno. Detto ciò vado avanti.

E comincio col dire che la cosa più bella che ho visto finora è stata la performance di Ezio Bosso. Come già twittato, le sue mani ferme sul piano, a dispetto di quella bestia di malattia che si sta impossessando della sua vita, sono un miracolo, quel miracolo che la musica è capace di fare come poche altre cose al mondo. Mi emoziona, mi fa stare bene, mi fa dimenticare tutta la banalità e l'inutilità che ho sentito in queste due serate e che sento spesso in televisione. Mi sono emozionata anche vedendo Elton John e ho sorriso vedendo i suoi polsini con tanto di corona dorata. Ma non ho potuto fare a meno di sentire un vibrato che lui non ha mai avuto e che non mi piace, ma lo amo lo stesso. Ascolto la Pausini che però non mi suscita mai niente. A Ramazzotti che gli vuoi dire? S'è pure dimagrito. Però cantare "Più bella cosa non c'è" rivolto alla sua attuale moglie in platea non si fa. Ha fatto infuriare tutti, se non altro perché ci ha massacrato per anni nel dirci che l'aveva partorita per Michelle. Bah. Gliela passo perché so che l'eleganza non è il suo forte. E perché pure lui è cresciutello e la maturità tutto sommato gli dona. E gli passo pure i ridondanti arrangiamenti di stasera, soprattutto perché mi rendo conto che Eros fa Festival di Sanremo, quella cosa che adesso sembra non esserci più e che rimpiango.
Il dopofestival è piacevole, nonostante l'ora, perché la Gialappa's non si risparmia e fa da contraltare ai troppi esimi colleghi che il Festival l'hanno sempre preso troppo sul serio.

Andiamo al sodo. So che c'è chi aspetta i miei tweet per scommetere denaro sul pronostico. Vi deluderò, al momento non so cosa pensare, tranne il fatto di essere sempre più convinta del fatto che in Italia, oggi, mancano proprio gli artisti. Ma che ci vuoi fare. Sanremo s'adda fa comunque per Mamma Rai.
La prima serata, nonostante avessi letto i testi in anticipo, non sono riuscita a capire quasi niente di quanto promunciato per le prime ore (quando la musica non c'è mi concentro sul testo, sperando di trovare qualcosa per cui valga la pena ascoltare), tant'è che quando ha aperto bocca Arisa m'è sembrato un miracolo. Il testo sarà bislacco e la musica non ha niente di originale, ma lei è brava (pure a scegliere gli orridi vestiti che faranno comunque parlare di lei) e il pezzo si canta. Così come si canta Neffa. E poi mi è piaciuto il pezzo di Rocco Hunt, ma non so quanto conta il fatto che le palpebre stavano calando e la sua canzone è stata la prima, dopo ore, sopra i cento di metronomo. Però credo che funzionerà. Ruggeri mi ha sorpreso, ma non ricordo perché.

Stasera m'è piaciuta Dolcenera (strano, di solito la ignoro), ma a riempire la scena è stato il placido Beppe Vessicchio che, dopo la latitanza della prima serata, il pubblico del web (e non solo) acclamava a gran voce ed ha accolto come una star. Aspettavo Elio e le Storie Tese per capire come potesse essere un pezzo fatto solo di ritornelli: è proprio come quello che hanno fatto. Geniale ma onestamente inutile. Se vincessero quest'anno sarebbe come ammettere che il Festival è tutta una presa in giro. Ma almeno loro si divertono e se lo possono permettere perché lo fanno bene.
Spero che i Bluvertigo abbiano fatto altrettanto, perché la performance di Morgan non sarà certo ricordata dai posteri.
Patty Pravo ha fatto la sua prova. M'aspettavo pure peggio. Ma lei l'annovero tra quelli che ci "devono" stare, altrimenti Sanremo diventerebbe altro. Magari. Ma per merito di chi? I tanti giovani cicciati dai talent mi sono scivolati addosso come gli Zero Assoluto e peccato che in queste occasioni la voce del bravo imitatore Scanu non sia mai sostenuta da quella cosa indispensabile per diventare qualcuno che si chiama personalità. Del pezzo di Noemi mi piace il testo. Dei rapper non parlo perché non sono mia riuscita ad assimilarli al genere "cantante", parlo invece di Irene Fornaciari perché non ho capito perché continua a provarci. Chi manca? Ah, gli Stadio. Non m'ha fatto effetto ma ormai sono passate le due di notte e sono stanca, sinceramente non ricordo.
So che in generale non riesco più a sopportare chi non riesce a tenere l'intonazione manco sotto tortura. Considerando che stiamo parlando di cantanti sarebbe una cosa auspicabile.

La cosa più piacevole di queste due serate? Un Frassica distante dalla gara, consapevole e ficcante come sempre, che entra dicendo "Le canzoni sono tutte uguali. Io sono qui solo per conoscere Garko". Come dargli torto.

 © Caterina Somma - Tutti i diritti riservati



#Sanremo2014, le prime due serate


Dopo due giorni di full immersion nel Festival più scontato del mondo, un po' per dovere un po' per piacere spendo qualche riga in più di quelle concesse in un tweet, dicendo innanzitutto che sono contenta di aver tenuto duro, ieri sera, fino all'arrivo delle Nuove Proposte. Devo ancora capire se mi siano piaciute perché paragonate alla mediocrità di quello che ho sentito prima o se perché in effetti valgano qualcosa. Comunque, i cosiddetti "emergenti" se la sono cavata molto meglio dei colleghi annoverati nella categoria superiore (Zibba e Diodato mi sono piaciuti molto). Tanto che, in piena notte, fantasticavo su una prossima edizione fatta solo di facce nuove. Un po' come ci auguriamo possa succedere in politica. Ma non succederà in politica, e non succederà neanche a Sanremo.

Il tentativo di risollevare le sorti della musica leggera italiana, una volta l'anno, tramite una manifestazione del genere, è penoso e triste. Tanto varrebbe stravolgerlo veramente il festival e dare più chance a chi fa fatica a farsi conoscere. Ma il mio è un suggerimento che lascia il tempo che trova. Anche perché i pochi giovani che riescono a farsi notare vengono divorati dalla famelicità delle case discografiche che li sfruttano battendo il ferro finchè è caldo e se ne fregano di curare un prodotto nuovo con l'attenzione che necessiterebbe il neonato, per farlo crescere sano e bello, invece che farlo bruciare nel giro di due album. Mi chiedo se ci sia al mondo qualcuno che condivida le mie osservazioni.

Tornando allo show e al mio lavoro, ho trovato Fazio professionale, Littizzetto noiosa; buona la regia, ottime le luci, brava l'orchestra (anche se mi sarebbe piaciuto pure vederla, così come da promessa di Forzano, che prima di iniziare gongolava per la nuova "spider-cam" con cui voleva far miracoli).
Pur apprezzando lo sforzo (si fa per dire) di alcuni artisti a partecipare ad una manifestazione che cerca, nel suo piccolo, di aiutare un paese in crisi e le sue finanze (ci dicono quanto costa, ma vorrei tanto sapere e nessuno mi dirà mai, quanto guadagna Sanremo), personalmente avrei evitato l'autocelebrazione di mamma Rai e del suo 60esimo compleanno. Se non altro, in serate già tanto lunghe per natura, ci saremmo evitati le cariatidi di cui, ahimè, l'Ariston pullula. Per carità, li adoro tutti, dalla Carrà a Baglioni, ma qui ho bisogno di facce nuove. E ho bisogno di quello che mi aspetto arrivi da una manifestazione canora: canzoni!

Invece noto con tristezza che delle canzoni c'è poco e niente. 
Ma nessuno scrive più canzoni? Quelle che raccontavano una storia, quelle che hanno una melodia che ti resta in mente per decenni, quelle che rendono la musica insostituibile?
In due giorni ho sentito un mucchio di note e un mucchio di parole che sembravano essere state buttate a forza nel sacchetto dello Scarabeo per poi essere ripescate a caso, nel tentativo di formare qualcosa di senso compiuto.

Se non ho niente da dire, io non scrivo. Gradirei la stessa accortezza da parte degli altri. Così non è.
E allora ci becchiamo quello che c'è. Che almeno fa guadagnare a qualcuno, nella peggiore delle ipotesi, qualche migliaio di euro di Siae.
Peccato per la musica. Peccato per l'Italia. Peccato per tutti noi.  
© Caterina Somma

#Sanremo2014


Ci siamo. La conferenza stampa di oggi sancisce ufficialmente l'inizio del rituale sanremese.
Fazio - al suo secondo anno come timoniere, conduttore e direttore artistico - illustra il programmino con chiarezza e concisione invidiabili, aiutato da una Littizzetto in versione formale, stranamente silente.
Espone i temi del Festival ("La Bellezza" e "I 60 anni della Rai"), parla della straordinaria, romantica scenografia e passa la parola alla sua partner, che si mostra felice di essere nuovamente al suo fianco, soprattutto per aver di nuovo la possibilità di mangiare ancora gli "agnolotti di borraggine" e quella di vestire abiti firmati, quest'anno di Gucci.

Si parla di Pif (Pierfrancesco Diliberto), da MTV, che condurrà il Pre-Festival, ovvero l'Anteprima, e di Filippo Solibello e Marco Ardemagni di Caterpillar, che gestiranno invece il Dopo-Festival esclusivamente sul web, in live streaming. Ma si parla soprattutto di ospiti: Raffaella Carrà, Renzo Arbore, Franca Valeri, Claudio Baglioni, Gino Paoli, Enrico Brigano e Luca Parmitano (l'astronauta), facce di casa insomma (tra cui annoveriamo anche Laetizia Casta), tanto per fare da contraltare ad una serie di stranieri tra cui Paolo Nutini, Yusuf Islam (ovvero Cat Stevens), il cantautore belga Stromae e quello canadese Rufus Wainwright. Garantita anche la partecipazione di una parte dell'Orchestra Mozart, che renderà omaggio allo scomparso maestro Abbado.

Come al solito, a giudicare le canzoni (attenzione, non i cantanti!) saranno il televoto, la giuria della stampa e i giurati di qualità (solo nelle ultime due serate). Anche quest'anno, ognuno dei 14 big porterà due canzoni tra le quali il pubblico dovrà scegliere la preferita da portare avanti nella gara. Per i giovani, 8 nuove proposte che si preannunciano - come al solito - qualitativamente degne dei big. Il venerdì, serata "Sanremo Club" (sintesi tra Festival di Sanremo e Club Tenco Club) dove i Big potranno esibirsi in un altro brano, scelto tra le più belle canzoni italiane d'autore.

Dopo la prima mezz'ora di conferenza, Mauro Pagani è il primo a riportare l'attenzione su quello che dovrebbe essere l'argomento principale, la musica, e a prendere le parti dei musicisti, cercando di difendere e proteggere una categoria sempre meno considerata.
Duccio Forzano, il regista, ringrazia mamma Rai per il gioiellino tecnologico in regalo, una "spidercam", con cui fare incursioni soprattutto tra gli orchestrali, stipati a piani nella tanto decantata scenografia di Emanuela Trixie Zitkowsky (che ricorda un palazzo del settecento, ma scorda le esigenze tecniche e acustiche di chi lo occupa...) e comunica inoltre che quest'anno l'audio sarà in Dolby digitale 5.1, sia sui canali generalisti, sia sul digitale terreste sia sul web. Si sentirà la differenza?

Dopo una cinquantina di minuti la Littizzetto ha un sussulto, e in una piccola pausa infila un "Mangiamo?", pensando al rinfresco che segue ogni conferenza stampa che si rispetti (e motivo per cui tanti colleghi accorrono a certi eventi).
Fazio, professionale e sorridente, garantisce "canzoni non sanremesi... ma all'insegna della contemporaneità..." anche se con "un paio d'eccezioni evidenti". E promette "una settimana di leggerezza che, speriamo, faccia bene". Speriamo sia così.
E' difficile fare uno spettacolo leggero senza contare sul peso della buona musica.

Caterina Somma

lippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di “Caterpillar AM”, uno dei programmi di punta di Radio2. - See more at: http://sanremo.blog.rai.it/2014/02/10/dopofestival-in-diretta-esclusiva-sul-web/#sthash.bM65zZkf.dpuf
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