#Sanremo2014, le prime due serate


Dopo due giorni di full immersion nel Festival più scontato del mondo, un po' per dovere un po' per piacere spendo qualche riga in più di quelle concesse in un tweet, dicendo innanzitutto che sono contenta di aver tenuto duro, ieri sera, fino all'arrivo delle Nuove Proposte. Devo ancora capire se mi siano piaciute perché paragonate alla mediocrità di quello che ho sentito prima o se perché in effetti valgano qualcosa. Comunque, i cosiddetti "emergenti" se la sono cavata molto meglio dei colleghi annoverati nella categoria superiore (Zibba e Diodato mi sono piaciuti molto). Tanto che, in piena notte, fantasticavo su una prossima edizione fatta solo di facce nuove. Un po' come ci auguriamo possa succedere in politica. Ma non succederà in politica, e non succederà neanche a Sanremo.

Il tentativo di risollevare le sorti della musica leggera italiana, una volta l'anno, tramite una manifestazione del genere, è penoso e triste. Tanto varrebbe stravolgerlo veramente il festival e dare più chance a chi fa fatica a farsi conoscere. Ma il mio è un suggerimento che lascia il tempo che trova. Anche perché i pochi giovani che riescono a farsi notare vengono divorati dalla famelicità delle case discografiche che li sfruttano battendo il ferro finchè è caldo e se ne fregano di curare un prodotto nuovo con l'attenzione che necessiterebbe il neonato, per farlo crescere sano e bello, invece che farlo bruciare nel giro di due album. Mi chiedo se ci sia al mondo qualcuno che condivida le mie osservazioni.

Tornando allo show e al mio lavoro, ho trovato Fazio professionale, Littizzetto noiosa; buona la regia, ottime le luci, brava l'orchestra (anche se mi sarebbe piaciuto pure vederla, così come da promessa di Forzano, che prima di iniziare gongolava per la nuova "spider-cam" con cui voleva far miracoli).
Pur apprezzando lo sforzo (si fa per dire) di alcuni artisti a partecipare ad una manifestazione che cerca, nel suo piccolo, di aiutare un paese in crisi e le sue finanze (ci dicono quanto costa, ma vorrei tanto sapere e nessuno mi dirà mai, quanto guadagna Sanremo), personalmente avrei evitato l'autocelebrazione di mamma Rai e del suo 60esimo compleanno. Se non altro, in serate già tanto lunghe per natura, ci saremmo evitati le cariatidi di cui, ahimè, l'Ariston pullula. Per carità, li adoro tutti, dalla Carrà a Baglioni, ma qui ho bisogno di facce nuove. E ho bisogno di quello che mi aspetto arrivi da una manifestazione canora: canzoni!

Invece noto con tristezza che delle canzoni c'è poco e niente. 
Ma nessuno scrive più canzoni? Quelle che raccontavano una storia, quelle che hanno una melodia che ti resta in mente per decenni, quelle che rendono la musica insostituibile?
In due giorni ho sentito un mucchio di note e un mucchio di parole che sembravano essere state buttate a forza nel sacchetto dello Scarabeo per poi essere ripescate a caso, nel tentativo di formare qualcosa di senso compiuto.

Se non ho niente da dire, io non scrivo. Gradirei la stessa accortezza da parte degli altri. Così non è.
E allora ci becchiamo quello che c'è. Che almeno fa guadagnare a qualcuno, nella peggiore delle ipotesi, qualche migliaio di euro di Siae.
Peccato per la musica. Peccato per l'Italia. Peccato per tutti noi.  
© Caterina Somma

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