Mi sono alzata tardi e aprendo gli occhi mi accorgo di essere terrorizzata dal ricordo di questo Sanremo 2016, tra i più orribili, inutili, noiosi e fastidiosi di tutta la mia vita. Il sorriso stampato sulla faccia lampadata poco esemplare di Conti, tronfio per lo share da trionfo*, mi appare continuamente davanti e faccio fatica a scacciarlo. Anche Renato Zero ieri sera era senza voce, scollato e disturbato. E il fastidioso Conti gli ha rovinato pure il "Non dimenticatemi, eh" tipico delle sue uscite di scena, richiamandolo sul palco per correggere l'errore fatto sulla data di uscita del suo nuovo album.
Scaccio continuamente anche le immagini dei bouquet diversificati a seconda del sesso degli ospiti e mando indietro quelli maschili zeppi di simboli fallici. Poi dici che Fiacchini l'ha lanciato al pubblico.
Intontita da cinque serate che avrei potuto sinceramente evitare, continuo a non capire come uno spettacolo del genere possa avere ancora un consenso comunque ampio. E penso che vedere Sanremo oggi è come comprare i regali di Natale ai parenti: pratica "tradizionale" per i buontemponi, "consumistica" per i credenti. Definizioni a parte, sciarpe e profumi firmati sotto l'albero sono tristi come questo triste festival, una vera disdetta per chi ama la musica.
Non è nostalgia, non sto invecchiando. E' che onestamente, considerate le scelte di produttori e discografici di oggi, c'è poco da portare a Sanremo e si pesca in un mare di nulla. Dovesse continuare così preferirei venisse soppresso. In tal caso, un giorno potrei a raccontare raccontare ai miei nipoti una favola che inizia così:
"C'era una volta il Festival di Sanremo... Dove Zucchero e Vasco Rossi arrivavano ultimi, ma c'erano. Dove Dalla e Battisti guadagnavano sì e no la metà della classifica. Ma c'erano stati. Dove se qualcuno sbagliava gli attacchi o steccava malamente tu ti dispiacevi della brutta interpretazione perché il pezzo era proprio bello. Dove le vallette pensavano a incorniciare la bellezza di un'ingenuità di fondo di tutti noi. Dove si accontentava un po' tutti e tutti venivano accontentati. Dove i fiori della riviera riempivano il teatro i colore e di profumi di una Italia bella che produceva musica bella o anche brutta magari, ma bella ugualmente perché partorita per esclusiva necessità artistica, quindi originale e diversa....". La favola sarebbe lunga, piena di aneddoti e particolari curiosi.
Se invece il Festival devesse continuare così sarebbe inutile raccontare. Nessuno ci crederebbe mai, anzi, nessuno mi starebbe a sentire. Ecco. Quando le cose non hanno più motivo di esistere dovrebbero solo essere gettate via. Ma vaglielo a dire alla Rai e al Comune di Sanremo.
© Caterina Somma
* Nonostante il successo sbandierato, in realtà lo share relativo all'ascolto del festival è passato dal 68,71% del 1987 (primo anno in cui fu rilevato) all'attuale 49,52%. Se nel 1987 teneva incollati 16 milioni di telespettatori, nelle edizioni del nuovo millennio oscilla tra gli 8 e i 10 milioni.
Piazzamenti esemplari
1969 - Lucio Battisti, Un'avventura - 9° posto
1972 - Lucio Dalla, Piazza Grande - 8° posto
1983 - Vasco Rossi, Vita spericolata - penultimo posto
1985 - Eros Ramazzotti - Una storia importante - 6° posto
1985 - Zucchero, Donne - penultimo posto
1986 - Stadio, Canzoni alla radio - ultimo posto
1988 - Ron, Il mondo avrà una grande anima - 18° posto
1988 - Raf,Cosa resterà degli anni '80 - 23° posto
1990 - Mia Martini, La nevicata del '56 - 14° posto
2005 - Negramaro, Mentre tutto scorre - subito eliminati
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