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Uno sguardo è per sempre


Ci sono cose che ti segnano tutta la vita.
Nella mia, sono gli sguardi.
 
Quello di Robin Williams, per me, è stato uno di quelli. In una conferenza stampa lontana, dove intratteneva i giornalisti allo stesso modo come avrebbe intrattenuto un pubblico qualunque, durante le firme di autografi richiesti per dovere, il suo sguardo ha incrociato il mio. Due occhi chiari di adulto buono e saggio, in un silenzio muto fatto di miliardi di parole.
L'ho portato a casa quello sguardo in cui, chissà perché, lessi timidezza, solitudine, fame di complicità.

Mi viene in mente poi lo sguardo rassegnato di un mio fratello che, in punto di morte, cercava il mio per la necessità di farsi accompagnare dolcemente in un viaggio che sapeva di dover fare. In quello sguardo c'era il dispiacere di lasciarmi, la gratitudine per i miei sacrifici. Era un gatto, ma solo per gli altri. E io, per lui, non ero solo un essere umano.

Tra i ricordi indelebili c'è anche uno sguardo paterno. Di un uomo che non dimentica di essere padre anche se gli sta crollando il mondo addosso. Che si trattiene dal confessarti il suo terrore perché tu sei comunque la sua bambina, da proteggere, fino alla fine. Il terrore, però, l'ho letto, e ho cercato, con una carezza, di fargli sentire il mio amore, quello di tutta una vita. Chissà se ci sono riuscita.

Ricordo anche sguardi frivoli. Come quello malizioso di Huey Lewis a passeggio a Roma in via Frattina. Sguardo sfoderato con spavalderia dopo aver abbassato i Ray Ban, che partendo dalle mie gambe abbronzate saliva su e poi mi puntava il viso, mentre i suoi gli elargivano cameratesche pacche sulle spalle. Indimenticabile.

E quello indelebile, indescrivibile, di un uomo che non riusciva a dirmi addio.

C'è uno sguardo, però, che non sono mai riuscita a descrivere come avrei voluto. Ricco e pieno di tante di quelle cose che, forse, complice la mia giovane età, non potevo comprendere ma solo intuire.
Occhi di un azzurro intenso che ti mettevano a nudo e, al tempo stesso, ti facevano sentire parte del suo mondo. Occhi che mi hanno abbracciato, e compreso, e amato, e rimproverato, e osservato, sguardi rapidi, essenziali, profondi, fermi, inquietanti e rassicuranti.
Quelli erano gli occhi di Karol Wojtyla. 
Per sempre nei miei, insieme a tanti altri. A riempirmi giorni luminosi e notti buie. 

Huey Lewis and The News - Stuck with you

Ipocrisie


Stanno per iniziare i Wind Music Awards su Raiuno, cosi posticipo la cena perche so che Baglioni uscirà per primo. Claudio è come il primo amore, non si scorda mai... e io non mi scordo nemmeno stasera di guardarlo dal Centrale del Foro Italico. Il pezzo nuovo non mi piace, ma lo guardo e lo ascolto con amore, come sempre, con lo stesso sguardo sia dietro le quinte che davanti allo schermo televisivo. Con amore, ma anche con distacco e lucidità, sia con un pass attaccato al collo sia sul divano di casa. Stasera, lo ammetto, mi fa un brutto effetto vederlo leggere il gobbo veloce veloce, perché qualcuno deve averglielo detto che in una serata così lunga, che deve dare il palco a tanti artisti, non può fare un monologo di un quarto d'ora, pure se si chiama Claudio Baglioni. Non l'ha fatto manco Renato Zero...

Claudio, da bravo, legge le sue spiegazioni al progetto "Con Voi" e incastra a forza le parole, con sfida, in un'intro lunghissima che tutti gli passano, perché in quel momento è un mito per tutti i miopi del mondo. E ce la fa. Alla fine che importa cosa canta. I WMA proseguono: sul palco sempre gli stessi, quei pochi che oggi ancora vendono dischi. Sono proprio pochi. E sempre gli stessi. Guardo Fiorello, che riesce comunque a strapparmi una risata prima di cedere al sonno. Domani mi devo ricordare...
Mi devo ricordare di ascoltare il secondo inedito che Baglioni ha deciso di vendere solo su iTunes, "Dieci dita", in anteprima dalle frequenze di Radio Italia. E meno male, perché, almeno musicalmente, lo ritrovo, anche se non riesco più a stare dietro ai suoi testi chilometrici e mi viene da sorridere quando risento odore di Procol Harum. Avrei voglia di chiedergli se la sua è solo un'ispirazione o se l'ha fatto puntando sul fatto che le nuove generazioni difficilmente hanno masticato "A whiter shade of pale", "Homburg" e "A Salty Dog".

Mando un paio di Twett, tanto per dire la mia. Poi, gironzolo, in cerca di commenti. Possibile che ci siano solo parole di lodi sui nuovi pezzi? Non c'è nessuno che, come me, abbia voglia di dirgli qualcosa di critico, non per giudicarlo, ma semplicemente per spingerlo a far meglio. Vorrei sempre il meglio da chi amo... Ho capito male, Clà? Non è quello che vuoi dai tuoi fan?

Gironzolo ancora su internet e vengo a sapere che il Papa, stamattina, si è pesantemente schierato contro l'ipocrisia. Avrebbe invitato i fedeli a non usare il "politicamente corretto", perché "la lingua della corruzione è l'ipocrisia". Cerco, continuo a cercare, mi sembra un argomento perfetto per quello che sto scrivendo. Leggo tanti articoli, dicono tutti più o meno le stesse cose, qualcuno dice che sia rivolto ai politici, qualcuno dice che parla ai giornalisti... Può essere. 
Ma io voglio assolutamente sapere cosa ha detto. Comincio allora a cercare sui giornali on line. Ce ne fossero due che riportano la stessa frase! Non mi accontento di parole riportate, voglio sentire la sua voce. Cerco allora di andare alla fonte, rivolgo la mia attenzione all'Osservatore Romano e al sito di Radio Vaticana. Questa, almeno, riporta dei virgolettati che dovrebbero essere fedeli a quanto dichiarato dal Santo Padre. Evviva! C'è un file audio da ascoltare, scarico l'mp3, ma...

Apro il file, e con mio stupore, c'è una voce narrante che "introduce" frasi brevi estrapolate dal discorso generale, "spiegando", anticipando, il significato di quello che si sente subito dopo.
Cerco, cerco e trovo lumi in una dichiarazione di padre Federico Lombardi che (riassumo) spiega che le omelie del Papa nelle messe mattutine nella cappella di Santa Marta hanno un carattere familiare che lui stesso intende conservare, non trasmettendone, quindi, né audio né video. E poi che "le omelie sono in lingua italiana, lingua che il Papa possiede molto bene, ma non è la sua lingua madre... e una pubblicazione integrale comporterebbe una trascrizione e una ristesura del testo in vari punti, dato che la forma scritta è differente da quella orale, che in questo caso è la forma originaria scelta intenzionalmente dal Santo Padre". Insomma, occorrerebbe una revisione del Santo Padre stesso, ma il risultato sarebbe chiaramente "un’altra cosa", che non è quella che il Santo Padre intende fare ogni mattina. Riporto ancora: "Dopo attenta riflessione si è quindi considerato che il modo migliore per rendere accessibile a un largo pubblico la ricchezza delle omelie del Papa senza alterarne la natura è quello di pubblicarne un’ampia sintesi, ricca anche di frasi originali virgolettate che riflettano il sapore genuino delle espressioni del papa".

Sì, ho capito, ma che discorso è? Mi viene da dire... O si rende pubblico o no.
No, a farlo a pezzi.
No, a farlo con le "spiegazioni".
Perché io non dovrei essere in grado di capire quello che vuole dire il Papa, anche se la sua forma parlata non è poi cosi perfetta?
Deve ancora esserci qualcuno che si arroga il diritto di decidere cosa ho il diritto di pensare?

L'omelia non vale per tutti? Anche per chi "omette", non è vero?
"Gesù ci dice: il vostro parlare sia: Sì, sì. No, no. Con animo di bambino", ha ricordato stamane Papa Francesco.

Caro Papa, io lo faccio, l'ho sempre fatto. Con educazione, credo e spero, ma l'ho sempre fatto. Sui giornali su cui scrivo e con le persone con cui vengo a contatto.

Ah... stavo dimenticando Claudio Baglioni.
Che dice pubblicamente di cercare "suggerimenti" tra il suo pubblico. Anch'io, quindi, dico la mia.
La bellezza e la validità di un brano musicale non dipendono dalla capacità del suo interprete di estendere la sua voce su più ottave. Andando avanti nel tempo, rendersene conto sarebbe auspicabile. Così come rivedere le tonalità dei pezzi.
Ma è solo la mia opinione.

@ Caterina Somma

Una speranza di nome Francesco


Ieri mattina, per le vie del mercato rionale di Testaccio, il pescivendolo commentava il brutto tempo e la mancanza di acquirenti aggiungendo "Semo pure senza Papa...". In effetti, siamo tutti un po' orfani senza di lui, a Roma un po' di più. Qui, non se ne può fare a meno.
Ma perché c'è tanto "bisogno di Papa"?

Sarà che sono in un momento delicato della mia vita, sarà che fondamentalmente sono cattolica, ma io quest'elezione la aspettavo con ansia. La sede vacante, con un emerito in pantofole che aspetta il suo successore, mi faceva strano.
Come tanta gente, anch'io ho guardato in diretta il comignolo della stufa della Sistina, per poter finalmente veder uscire quel fumo bianco. E ho gioito, come tanti, quando è stato certo che il colore fosse quello giusto. In questi momenti, un cattolico non può pensare ai crimini della Chiesa, ai preti pedofili, ai segreti di Stato. Non dimentica, no, ma il suo pensiero non può essere lì. Non può.

Un cattolico guarda gli occhi del nuovo arrivato, osserva il suo viso, il mondo di gesticolare, il tono della sua voce. Cerca di cogliere e condividere l'accenno di un sorriso, di scorgere esitazioni e paure.
Pensa alla speranza di avere un padre nuovo, buono, onesto, che sia di conforto ma soprattutto di esempio. Perché la Chiesa, come l'umanità, è fatta di uomini. E l'uomo buono, che cerca con l'esempio di riformare un sistema marcio, non può essere paragonato a chi, i crimini, li ha commessi in prima persona.
Sì, è ovvio, credo nel perdono dei peccati. Ammesso che ci sia un sano pentimento. Ma non so se riuscirei a perdonare veramente chi, per questioni di potere, cammina sopra i diritti degli altri.
Eppure, da ottimista, penso che un sistema marcio possa riformarsi più dal di dentro che da fuori. Più facendo parte di quel sistema, in maniera attiva, che criticando, passivamente, dall'esterno.
Se ognuno di noi lo facesse, nel suo infinitamente piccolo orticello...

E intanto vivo, penso, leggo.
Così su internet, dai giornali e dalla bocca della gente, vedo e ascolto tante voci diverse.
I sensazionalisti parlano della presunta collusione di Bergoglio con la dittatura argentina, del suo modo agire politico tra i politici. Ma sono già stati smentiti, e a farlo sono noti esponenti anticlericali. Se lo dicono loro. Qualcuno lamenta la provenienza del papa da uno degli stati più misogeni e antianimalisti del mondo. Ma lui rifiuta la stola d'ermellino. C'è poi chi estrapola frasi incredibili dai discorsi dell'arcivescovo di Buenos Aires, come "Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici." Su Facebook ci si chiede se l'abbia detto veramente. Prima o poi lo sapremo. A qualcuno non sembra un papa "stabile", e ironizza "Bergoglio zoppica vistosamente. Dio a Scola: 'Scaldati!'". 
Ma c'è tanta gente, la maggioranza, che ha visto qualcosa di buono negli occhi del nuovo arrivato, nei suoi gesti così poco solenni, nelle sue parole semplici, dirette, emozionate. Qualcuno dice che "Francesco spacca", che "è un genio", che "emana una bella luce", che "somiglia ad Albino Luciani" (il che non può non essere di buon auspicio). Qualcuno, lo riporto per dovere di cronaca, vede in lui il "Papa Nero" di Malachia. Non d'aspetto, ma di toga... (quella dei gesuiti). Che sia davvero lui l'ultimo papa? 

Torniamo ai fatti. 
Fino ad ora, Bergoglio ha vissuto in un piccolo appartamento, ha sempre utilizzato i mezzi pubblici per gli spostamenti. La sua sobrietà è leggendaria. E comunque, durante la dittatura argentina, salvò preti e laici. L'ha fatto.
Di primo acchito, Francesco appare ai più un essere umile, gentile, sensibile. Anche se, innegabilmente, l'unico aggettivo che mi viene in mente dopo aver sentito il nome pontificale che ha scelto, è: furbo. Ma non è una colpa esserlo, semmai un merito.

Francesco. Un nome, un programma.
Perché tutti - in questo momento storico ancora di più - abbiamo bisogno di spogliarci del superfluo.  
Perché il mondo, per la sua salvezza, ha necessità di distribuire equamente le proprie ricchezze.
Perché sulla terra, per sopravvivere, uomini, donne e animali devono riuscire a parlare la stessa lingua.
Magari fosse vera l'intenzione di seguire la strada del santo.

Sarà la storia, come sempre, a dire chi aveva ragione.

© Caterina Somma - Tutti i diritti riservati
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