Odi et amo


Fan scatenati.
Saranno stati di certo fan scatenati di Catullo gli scienziati del team di Semir Zeki dell'University College di Londra, che sono finalmente riusciti a dimostrare che... nel cervello umano è lo stesso interruttore ad accendere odio e amore.  

Ebbene sì: gli egregi ricercatori londinesi lo hanno ufficialmente constatato grazie ad uno scanner cerebrale. Spiegando, in un sol colpo, anche il motivo per cui odio e amore portino entrambi a gesti estremi, eroici o delittuosi che siano.
I circuiti dell'odio includono parti del cervello (putamen e insula) famose per essere collegate a disprezzo e disgusto, e anche deputate al controllo dei movimenti e delle azioni. Da oggi, sappiamo anche che sono sempre loro ad "organizzare" le azioni aggressive contro un rivale in amore.

Attenzione però: mentre in una persona innamorata larghe parti della corteccia cerebrale, associate a giudizio e ragionamento, vengono disattivate, nel caso dell'odio questo accade solo in piccola parte. Cioè? Chi odia è più razionale di chi ama? 
Gli studiosi dicono che di sicuro riesce a calcolare meglio la strategia da usare per colpire il nemico, con forza proporzionale alla forza del sentimento dichiarato. Ma c'è un ma.
Gli esimi ricercatori hanno anche dovuto constatare che più si odia, più l'interruttore si surriscalda... E quindi comincia... a dare i numeri. Addio razionalità.
E allora? 

Amore e odio. Stessa origine, stessa testa dura, stessa illogica. 
Mi sa che siamo da capo. 

 "Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
   Nescio, sed fieri sentio et excrucior"

Daje Catu', nun te cruccià.  Mo' lo sapemo puro noi... che nun lo sapemo!
  



 A te, che mi sopporti già da vent'anni...




Fabbricanti di coriandoli


Respiro musica dal giorno in cui sono nata, anzi da prima.
E in questo campo ho visto diventare popolari personaggi a cui riconosco qualche dote, ma quasi mai un grande talento.

La popolarità, comunque, ha sempre una spiegazione. Non è vero che il successo è questione di fortuna, non solo. Ogni personaggio famoso - grande per i più, anche se non per te - ha la capacità di veicolare qualcosa in cui la massa si riconosce.
Raramente - se non per motivi professionali - mi interessa sapere cosa.

I veri talenti, invece, quasi mai sono così popolari. Sono amati, rispettati, elogiati, ma anche guardati con invidia e sospetto.
Perché sono un mistero.
Un mistero affascinante, dovuto ad un temperamento che non riesci ad inquadrare facilmente, un carattere che ti attrae e ti respinge al tempo stesso. Personalità complesse, o forse semplicissime, che non appartengono solo ed esclusivamente alla musica o all'arte, ma alle esistenze di tutti.

Con occhi che ti scavano dentro, gesti che si insinuano nella tua vita e ti seguono, sempre. Sguardi, che a volte scambi presuntuosamente per interesse personale, che appartengono invece a chi si aggira in questo mondo armato di un'inguaribile curiosità, intento a capire cosa c'è in fondo ad ogni anima, ad ogni altra esistenza gli passi accanto. Di chi riesce ad amare chiunque abbia la sue stesse urgenze.
Doti, capacità, che non possono essere capite da chi crede che il mondo sia bianco o nero, in o out.

Un essere umano di talento, grazie ad uno sguardo, ottiene un'informazione, una nozione in più. Guadagna un'emozione in più. Da custodire gelosamente, per poi condividerla di nuovo con il mondo, sotto un'altra forma, perché sia nuovo disponibile. Per se stesso, e anche per te, se hai la fortuna di essere sulla sua stessa lunghezza d'onda.

E' questo il vero dono.
Che, se si abbina ad un'anima preziosa, diventa qualcosa di assolutamente irresistibile in un essere umano. Inimmaginabile.
Almeno per me.



La città dei miracoli


Che t'hanno fatto, Roma?
Chi è che t'ha cambiato faccia, di giorno? Chi ti rende pesante, insopportabile e traditrice?
Siamo noi? Gli stessi che ti facciamo onore durante la notte?

Di sera, i romani vanno a piedi, camminando abbracciati. Ma non a due a due. Camminano tutti insieme.
Il popolo di Roma, di notte, s'affratella, e diventa un solo respiro, un solo cuore, in quelle strade che hanno visto tutto, che hanno sentito ogni passo. Anche il tuo.
Ed è per questo che tu cammini lieve, pestando con rispetto e con amore quei sampietrini dolorosi. E in fondo godi di ogni passo. In un silenzio che non è mai assoluto, perché è pieno del respiro di Roma. Che non si ferma mai. E per questo non puoi farne a meno.
Se sei un romano, uno che vive di quel respiro.

C.S.
Auguri Roma...

Guarda là!


Strani scherzi della vita
che spalanca all'improvviso finestre nel passato
inquadrando scenari che credevi d'aver dimenticato.
O sognato.
Scenari d'altro gusto, d'altri profumi
talmente tanto vivi da fare male
che sfilano tenendosi per mano tra mente, cuore e gambe.
E scorrono.
Caldi come il sole, fluidi come il sangue
cercando un posto nel presente, nei sorrisi e nelle lacrime
trovandolo in un angolo che non vuole rassegnarsi a rimanere tale.

C.S.



Guarda là, in quel punto una luce si accende, 

è un pianeta che gioca col tempo

Guarda là, nel silenzio, una frase si perde, 

la risposta a tutti i perché

E chissà se quel suono è una musica vera 

o uno scherzo della tua fantasia

Guarda là questa sera la finestra di sempre, 

tu ti affacci e domandi chi è

Guarda là nella pioggia che cade a settembre, 

c'è un'estate che non tornerà

Guarda là, questo amore, che ci può far volare 

e che forse non si fermerà mai...

James Taylor "parzialmente scremato"

Roma, Auditorium della Conciliazione, 31 Marzo 2012 


Un concerto è un'emozione sempre diversa. Ma ce ne sono alcuni che, oltre ogni aspettativa, regalano qualcosa in più.

Non è la prima volta che assisto ad un concerto di James Taylor, la cui musica è stata, è e sarà sempre, parte integrante della colonna sonora della mia vita; per grandezza, sensibilità e peso specifico; per tutta la sua vita, musicale e non, complicatissima e non, intrisa in ogni brandello dei panni che si porta addosso e in ogni nota che esce dalle sue chitarre e dalla sua gola.

Ieri sera era lì, con indosso più o meno quello che si mette quando esce di casa ogni mattina, la scaletta scritta a mano con il gesso bianco su una lavagnetta nera. Scenografia praticamente assente. Ma tanto chi la guarda...

Gli occhi, le orecchie e il cuore sono per lui e per il suo suono acustico, in diretta. Per lui che è lì, semplicemente, nessun ear-monitor lo separa dagli umori della folla. E in punta di piedi si regala agli altri che lo ricambiano con gli applausi e con un silenzio fatto di rispetto e di un amore, tangibilmente reciproco, di un pubblico senza nazionalità, che lo tratta come l'amico della porta accanto. Cosciente, però, del fatto che lui non è semplicemente uno che fa musica, lui è musica.


La gente lo sa, e lo ama perché è così, per la sua forza ma soprattutto per non aver mai avuto vergogna delle sue umane debolezze. E gli crede sempre, pure quando dice che ama Roma e che qui si sente a casa, aggiungendo che "non è tanto per dire...". E a dimostrazione della confidenza che ha acquisito con la città eterna, pronuncia con orgoglio, scandendo bene ogni parola in italiano, "PARZIALMENTE SCREMATO". E' pur sempre un americano a Roma...
Tutti ridono. Il suo umorismo lo conosciamo bene. E chi lo conosce, immagina che il suo cappuccino preferito sia in linea col suo modo di prendere la vita nella maturità: gustandola tutta, prendendo il meglio e scansando, nei limiti del possibile, quello che può far male.

Dal buio, una voce sgraziata, con accento più che romanesco, gli strilla "Messssico!"... E lui solleva da terra la lavagnetta e conta quanti brani ci sono ancora prima di quello, pregandolo di pazientare. Continua ad eseguire diligentemente tutti i suoi pezzi poi, dopo una sola uscita dal palco (assieme alla moglie-corista che sembra intimidita, sia di cantare ad un passo da Piazza San Pietro sia, e ancor di più, di cantare su quelle tavole insieme a lui), ringrazia, si inchina, saluta con la mano.
I musicisti (Jeff Babko, piano; Jimmy Johnson, bass; Steve Gadd, drums - non si può non nominarli) escono, si spengono le luci, e mentre i tecnici cominciano a smontare gli strumenti Taylor, da antidivo, si avvicina al suo pubblico, ginocchia piegate sul bordo del palco, per firmare per più di mezz'ora centinaia di autografi, sorridere, farsi fotografare. Da romani e non, che si avvicinano e gli dicono semplicemente "Ciao".

Tra penne e foglietti d'autografi, ho allungato la mano per stringere la sua, e l'ho semplicemente ringraziato, dal più profondo del cuore. Non avevo null'altro da dire. E lui, cercando e poi ricambiando il mio sguardo per dare un volto ad una voce, mi ha risposto: "... sono io che dovrò sempre dire grazie a voi".

Se c'è qualcuno che non ha capito perché io ero lì, e perché lui è ancora qui, attraverso mezzo secolo di storia e di carriera, alzi la mano.
© Caterina Somma - Tutti i Diritti Riservati 

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