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Perché Sanremo è Sanremo

Siamo in piena settimana sanremese, lunga parentesi di costume che con orgoglio e prepotenza, propri di chi possiede una vecchia patente autenticata, si prende il lusso di spingere nelle nostre case, e dalla porta principale, una valanga di segnali da cogliere, che la dicono lunga sull'Italia che cambia.
Non cambia mai questo Festival (e guai a toccarlo!) che, indiscutibilmente lungo e annoiante, regala però almeno una volta l'anno, una preziosa full-immersion nella cultura del nostro paese, che le "povere" canzoni hanno il merito, e anche il grave peso, di veicolare al pubblico, loro malgrado. Canzoni che, ahimè, dovrebbero avere ruoli da protagonista, e che invece restano quasi sempre in secondo piano, vuoi per la mediocrità delle proposte, vuoi per tutto quello che le sovrasta. Povere canzoni, schiacciate dal gossip, dalla moda, dalla politica.
Sanremo può. E lui lo sa. Ma grazie a Dio, nel suo colorato e confusionario circo, trasporta anche qualcosa di buono, ogni tanto.
Ascoltando Benigni, nella sua impeccabile esegesi di un Inno ciclicamente offeso e martoriato, pensavo al buon Alberto Manzi e alla sua "Non è mai troppo tardi", trasmissione televisiva alla quale buona parte parte degli italiani, compresa quella già istruita, deve almeno un grazie.
Non è mai troppo tardi per capire: ben venga se questo avviene attraverso il Festival di Sanremo.
Sarebbe chiedere troppo di illuminarci anche su questioni più complesse? La satira ci provicchia, tanto è satira, le canzoni non ci provano quasi mai, meglio così, per farlo occorre talento e intelligenza, e non tutti i giorni nasce un autore in grado di farlo. Meglio le canzoni da cantare sotto la doccia, quelle che ci riempiono la vita, che segnano le storie, quelle che ci fanno compagnia in una vita frenetica e affollata dove in realtà siamo più soli che mai. Via libera quindi all'amore e ai sentimenti universali, purché siano di ispirazione a prodotti onesti e ben realizzati. Il pubblico non è scemo.
Benvenuto Festival, che ci esalti, e ci ricordi l'orgoglio di essere italiani.
E benvenuto anche a te, Festival che ci fai cadere le braccia, perché ci fai rendere conto che in Italia certe cose non cambiano mai.

Alberto Manzi (1961)
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