Gamberi e tempeste

(Le parole sono una cosa seria)

Chi decide di mettere al mondo un figlio è una persona normale? Secondo me è prima di tutto un grande ottimista. Sarà normale perché la maggior parte della gente lo fa, perché è così che va avanti il mondo, per la continuità della specie, per egoismo, per altruismo... fate voi. Ma chi procrea resta fondamentalmente un ottimista. Perché vede il continuo progresso, spera in un costante miglioramento del comportamento umano, è convinto che s'impari dalla storia e dagli sbagli, che l'intelligenza e la pietas umana vadano verso un futuro sempre più limpido ed entusiasmante.

Hai studiato gli orrori delle guerre, hai visto le rivoluzioni, assistito e partecipato alle manifestazioni, creduto in ideali comuni. Sai cosa condannare e a cosa aspirare, sai che il tuo bene passa dal bene di tutti, che la tua pace passa dal benessere degli altri, pensi di aver superato differenze e ingiustizie. Pensi che anche il resto dell'umanità, nel secolo scorso, l'abbia fatto, come te. Perché non c'è nessun motivo logico perché il mondo invece di andare avanti vada all'indietro. E invece ci va. Come i gamberi.

Hai finito la giornata, accendi la tv, e prima di andare a dormire ti dicono che un uomo reo confesso dell'omicidio della sua compagna si è visto tagliare la pena da trenta a sedici anni perché gli è stata riconosciuta un'attenuante. Quale? La "soverchiante tempesta emotiva e passionale" di cui sarebbe stato preda per gelosia. Le mie orecchie stentano a crederci.
Un'attenuante???

Il mio cervello in questi casi si paralizza per qualche istante, poi comincia a mettere insieme i pezzi, poi vorrebbe farmi essere davanti a quel giudice per spiegargli che ai corsi di formazione per giornalisti gli psichiatri ci fanno due palle così per convincerci che non esistono i "raptus", e che dobbiamo piantarla di usare certi termini nei nostri articoli perché sono inesatti, stupidi, fuorvianti. Ecco signor giudice: se i raptus non esistono e non si possono considerare causa di un delitto, non credo che le tempeste emotive dovrebbero essere nominate. Saremmo tutti assassini. E poi signor giudice, se proprio l'imputato fosse stato colto da suddetta tempesta, questa sarebbe da considerarsi un’aggravante, non una giustificazione. Perché non ripristinare il delitto d'onore? Perchè non rimettere al rogo le minigonne e, visto che ci troviamo, anche libri e giornali?
Però poi il mio cervello si rimette in moto e - come dovrebbe fare quello di chiunque - si documenta.

La pena sarebbe stata ridotta per la confessione spontanea del reo, per il suo comportamento successivo al reato, per la collaborazione prestata nelle indagini e per altre attenuanti previste e disciplinate da articoli del codice penale che non riporto, non per certi termini che compaiono nella sentenza psichiatrica, che parla sì di questa "tempesta", ma considerandolo perfettamente in grado di intendere e di volere non lo giustifica affatto. Tant'è vero che la condanna (giusta o sbagliata che sia) è perfettamente in linea con altri casi simili precedenti. Come a dire che il tribunale non avrebbe fatto favoritismi particolari in questo caso.

Ok ma, per favore... ognuno si prenda le proprie responsabilità.
Nella perizia psichiatrica si legge: "La gelosia provata dall’imputato, sentimento certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione a causa delle poco felici esperienze di vita, determinò una soverchiante tempesta emotiva e passionale, considerata idonea a influire sulla misura della responsabilità penale". Questa qualcuno l'ha scritta davvero. Perché, per quanto, e per cosa l'abbia fatto non lo so, ma fossi in lui io me ne vergognerei. Che si prenda la responsabilità chi, nell'esercizio nel proprio mestiere, usa metodi poco ortodossi. Che si prenda la propria responsabilità chi si preoccupa più di far clamore che di dire la verità.

Esco dai meandri di argomenti complicati di cui non ho dimestichezza.
Il mio cervello si alleggerisce e torna a pensare a cose più semplici. E si pente di aver sorriso nel leggere l'articolo della figlia sul giornalino scolastico, solo il giorno prima, riguardo l'8 marzo. Si pente di aver pensato che manifestare per certi ideali, nel 2019, fosse roba superata. Pensa che siamo noi gli sbagliati se abbiamo smesso di credere che lottare per le cose in cui crediamo abbia un senso.

Ecco perché la gente mette al mondo i figli: perché i giovani, a naso, sanno sempre dove andare, e quando perdi la strada sono loro ad indicartela di nuovo.

@Caterina Somma 



Fonti: 


  • giurisprudenzapenale.com -  https://bit.ly/2SKzRVo
  • ilfoglio.it - https://bit.ly/2NG95fZ
  • la sentenza: https://bit.ly/2EAAUSC


     
  • Oltre i Soldi

    Subisco sempre il fascino di una bella dentatura e nutro una sana invidia per quei sorrisi larghi, positivi e lucenti made in USA. Durante la mia infanzia mi dicevano che gli americani avevano quei bei denti perchè per prevenire i danni del tempo se li incapsulavano fin da piccoli correggendo, visto che ci si trovavano, eventuali difetti estetici. Forse era davvero così, forse questa storia era solo una leggenda legata al fascino degli yankees negli anni del benessere economico.
    A dire il vero, notavo lo stesso candore e la stessa perfezione nei denti degli africani, in quel caso però mi si diceva che quella era solo "una caratteristica della razza". Il che, nel mio cervello, avrebbe dovuto significare che i neri erano più belli e più fortunati. Invece non era proprio così. Era più che altro "gli americani so' furbi e i denti se li sistemano ad arte per essere fighi, gli africani hanno almeno questa fortuna nella vita".

    Per quanto riguarda la mia educazione, in anni in cui in Italia un bambino di colore alle elementari era visto e trattato come un alieno, ho avuto la fortuna di avere un maestro e un padre che mi spiegavano la storia e la genetica facendomi vedere i mostri che nascevano nelle famiglie nobili dall'unione tra consanguinei e spiegandomi che gli americani sono belli perché più le razze si mischiano meglio è (per buona pace di chi dice che non esistono).
    Molti scienziati contemporanei sostengono che dal punto di vista genetico nel caso degli umani non ha senso parlare di razza, ma è innegabile che gli individui possano essere classificati in base ai loro tratti fisici, quelli che nei secoli dei secoli si sono differenziati a seconda delle condizioni ambientali circostanti, il clima, l'alimentazione, le ore di luce, ecc. E che male c'è in questo? Noi, abitanti della terra del terzo millennio, dovremmo essere fuori dalle tentazioni delle discriminazioni razziali. Dovremmo.

    Qualche anno fa scelsi di non occuparmi di politica perché poco ne so e poco mi interessa, convinta che la politica si fa con l'esempio, vivendo la propria vita secondo le proprie convinzioni ma nel rispetto reciproco, secondo quegli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità dei rivoluzionari francesi che condivido e che non mi è mai pesato promuovere. Mi viene spontaneo. E anche se ai ragazzi d'oggi che respirano e vivono una realtà globale multietnica fa orrore sentir parlare di razza, io questa parola la uso ancora quando mi serve per spiegare che la diversità esiste, ma è l'unica vera grande ricchezza dei questo mondo ed è l'unica cosa che riesce a garantirci la sopravvivenza. La natura ne è l'esempio più fulgido. Sono le diversità a far sì che l'ecosistema sia in equilibrio. E se ora questo equilibrio non c'è più la colpa è solo di quegli umani arroganti e presuntuosi (per non dire stupidi e assassini) che hanno creduto di sapere chi sterminare, dalle foche agli ebrei.

    Ho ascoltato le canzoni del Festival di quest'anno un po' annoiata e un po' infastidita, non mi sono piaciute, faccio fatica a seguirne i testi, non le capisco; ma non per questo mi arrogo il diritto di sputarci sopra o di metterle al rogo. Credo che si debba avere sempre un atteggiamento rispettoso e curioso nei confronti di chi gode di una grande popolarità. Se uno ha successo c'è sempre un motivo, anche se in molti non lo capiscono. Per quanto mi riguarda, nei limiti del possibile, cerco di sforzarmi a capire. Qualche volta ci riesco.
    E' per questo che non ho provato nessuno stupore nel vedere la classifica finale. Non ho gridato allo scandalo per la poca considerazione del pezzo della Bertè, nè per la vittoria di Mahmood. Ritengo che il podio di Sanremo sia sempre stato coerente con la società in cui viviamo, anno dopo anno. E anche quest'anno non ha fatto eccezione.
    Il Volo? Presenti! La tradizione, nel paese del bel canto, non può mancare.
    Ultimo? Ovvio che ci sia. Se la contestazione è fatta bene viene sempre premiata, specie dal televoto.
    Mahamood? Come potrebbe non essere lui il vincitore?
    Lo dico a giochi fatti, è ovvio, ma questa mia analisi è sincera e tenta di dare risposte ai miei perché. Magari anche a quelli di qualcun altro.

    Mahmood esordisce a X-Factor nel 2012 e, seppur eliminato presto, grazie alla trasmissione ottiene visibilità e popolarità. Nel frattempo scrive. Scrive. Tre anni dopo ottiene la vittoria di Area Sanremo che lo fa accedere alla sezione “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo 2016. Arriva quarto con “Dimentica”. Ma la vera vittoria personale è iniziare a lavorare come autore per altri artisti (Elodie, Michele Bravi e Guè Pequeno, Marco Mengoni, Fabri Fibra). Poi il suo primo EP. Poi la sua vittoria nel Sanremo Giovani di questa stagione, da qui il suo accesso a Sanremo 2019.
    A chi si chiede perché ha vinto lui rispondo: "Perché no?". Rappresenta la musica dei ragazzi di oggi. Io non lo conosco? Non importa. Io non apprezzo la sua musica? Poco conta. Nel mercato musicale e discografico contano i numeri. Se lui li fa, ha ragione lui.
    Qualcuno gli attribuisce un vantaggio legato alla "razza" perché il ragazzo (milanese di madre italiana e padre egiziano) e la sua musica (che lui stesso definisce "Marocco-Pop") potrebbero essere facilmente strumentalizzzato a livello politico e sociale. Qualcuno (più di quanti si creda) vede la sua vittoria con orrore, perchè un ragazzo così è sempre un "diverso", e come tale, osteggiato da menti piccole e ignoranti di chi ha paura, spesso a sua insaputa, di scippi e contaminazioni.

    Ma io credo semplicemente che Mahmood rappresenti quel mondo multietnico e vivaddio universale che le nuove generazioni vivono senza problemi, con naturalezza ed entusiasmo.
    Forse è così. E non c'è niente di male.

    @Caterina Somma



    RiSanremo

    Il Salzano bis non mi è piaciuto, brutti pezzi e orribili testi (del programma), ma mi sono divertita per tanti altri motivi... grata di aver sentito la voce del mio adorato Jack Savoretti e rivisto il sorriso di Tony Hadley. Mi è piaciuta "Emozioni" di Battisti per l'arrangiamento sapiente e originale e l'interpretazione rispettosa del duetto Baglioni/Mengoni. Stupore per il pezzo di Anastasio (come scrive 'sto ragazzo) e occhi lucidi per la voce di Serena Rossi, che credo abbia sentito davvero il pezzo di Mimì, alla quale, dovunque si trovi in questo tempo, spedisco fermo posta il mio pensiero. Le ho voluto bene, come lei ne ha voluto a me 😘
    #Sanremo2019




    E Claudio ancora sia (ma poi basta)


    Avere grandi aspettative aumenta sempre la percentuale di probabilità di restate delusi, ne sono consapevole, ma è quasi impossibile non averne nei confronti del Festival di Sanremo.
    Il potente inizio da stadio, lo ammetto, per un paio di minuti ha alimentato le mie onnipresenti aspettative. Ma l’incoraggiante “via” di Baglioni e la certezza della solida presenza di una coppia di bravi come Bisio e Raffaele, sono stati velocemente sostituiti dal progressivo appalesarsi di uno spettacolo annoiante, in una serata faticosa e anche un po' triste. Un audio pessimo, che mette ancora una volta in discussione le capacità tecniche, mi duole dirlo, degli addetti ai lavori della Rai, e una coppia di comici ingabbiata in testi tutto tranne che brillanti di dieci autori (10!) a cui a stento riuscivano a dar voce nel tentativo di restare credibili. Peccato.
    E le canzoni? Ecco, parliamo di quelle. Quelle quali?

    Non sono un millennials, ma per natura e per mestiere posseggo anch’io le tre qualità che si attribuiscono a questa generazione connected (iper), confident e open to change. Voglio dire che non faccio parte di quella fetta di pubblico, generalmente più attempato, che ha estremo bisogno della parte melodica di un brano per riconoscerlo tale. Ma i pezzi che ho sentito ieri sera li ho trovati, per essere buona, inesistenti. Non credo che lasceranno segno alcuno nella storia della musica e, personalmente, non mi hanno smosso proprio niente. D’altra parte non mi sento nemmeno di criticare la scelta del direttore artistico il quale, ne sono certa, non avrà avuto a sua disposizione materiale molto migliore di quello che poi effettivamente ha scelto. Durante la prima serata, in un breve attimo di follia, ho perfino ipotizzato che Baglioni avesse architettato questa edizione per far sì che non gli si chiedesse di farne un’altra… Ma figuriamoci... Niente di tutto questo. Anche perché a lui, onestamente, dall'alto della sua carriera e della sua attuale popolarità, non sposta granché se l’auditel lo boccia. E quindi?
    Quindi mi dispiace. Mi dispiace proprio assistere ad uno spettacolo che non mi piace per niente. Non mi piace per niente che le canzoni che vengono proposte passino come la crème de la crème della musica leggera italiana (non è così, per fortuna).

    Aspetto il prossimo anno, con il solito entusiasmo e le solite aspettative.
    Di Claudio ne abbiamo avuti abbastanza. 
    Aspetto il Festival di Mario.

    © Caterina Somma


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