Devo farlo, mi capisci?
Sì, anche io
Solo che ci vorrebbe del tempo, se avessi solo poche ore penso non riuscirei a dire nulla
Non ci credo...
Hai ragione, mi basta guardarti negli occhi, sfiorare le tue mani... scusami
Nooooo, continua ancora un pò
Voglio sentirti parlare, respirare. Devo sentire le tue pause... Quando parli, poi serri le labbra e mi guardi in silenzio... un'immagine indelebile nella mia mente. In quei silenzi c'è un mondo che non conosco. E che non conoscerò mai. Ma è proprio quello che mi fa pensare a te, tutto quello che non afferro. Ma percepisco.
Ci sentiamo domani e continuiamo
Sai bene che non sarà così
L'alfabeto degli amanti, Michele Zarrillo
L'upgrade 2.0 - effettuato forzatamente e senza reciproca necessità - comprende l'abbassamento del limite di confidenza e l'aumento del limite di sopportazione.
Mi sa che l'upgrade conviene a uno solo.
Aspetto il 3.0?
Oppure lo faccio io?
Chi l'ha detto che non mi senti,Chi l'ha detto che io non ti troviTutto è luce, suono ed oblioMentre la voce è sempre e ovunqueE il silenzio delle distanze è sotto le unghie
Sento il tintinnio dei cristalli non appena varco la soglia del salone vuoto, inondato di luce, che entra dalle enormi finestre e si riflette nei mille specchi che rivestono le pareti.
Sono sola, vestita di panni comuni, ma mentre avanzo esitante mi accorgo di avere un altro abito e un’andatura regale, solenne, ed è come se stessi procedendo tra due ali di folla attonita, silente.
Sono io, ma sono di più.
Mi accompagna il fruscio delle crinoline, il lieve rumore di tulle e di tessuto che sfiora il marmo freddissimo del pavimento.
Attraverso la sala, lentamente, nel silenzio totale che contrasta con la musica dell’orchestra che suona nella mia testa. Rimbalzo nel tempo e nello spazio, mi sento a mio agio e assaporo la traversata di una distanza che sembra non finire mai. E invece finisce.
Sono dall’altra parte del salone. Mi volto. Ora non sento più quella musica. Sento però, lontanissimo, il suono di un carillon, e mi accorgo del sangue che mi scorre nelle vene, mi sembra un liquido diverso, più fluido e più caldo.
La folla è svanita, così come il pesante abito di broccato che mi stringeva il busto e mi faceva procedere a stento.
Sono di nuovo nei miei panni banali, che ora appaiono stonati, e intristiscono ancor di più una fredda e plumbea mattina viennese. Che mi ha donato un attimo incantato, un ricordo magico.
Il ricordo di sempre.
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