Esplosioni

La marea nera uccide i pesci, travolge l'economia degli stati del golfo, offusca l'ottimismo del governo democratico.
Un'esplosione (un'altra?) di una piattaforme che, da sola, in una sola notte, mette in crisi l'ecosistema, l'economia e la politica di un'intera nazione. Non solo.
Perché il mondo è uno ed è di tutti, e questo l'abbiamo capito in una sola volta, dopo l'esplosione di quel grattacielo, quel maledetto 11 settembre.

Prima, sembravamo non accorgercene. Poi, il dolore e la morte, come sempre, hanno portato a livello cosciente, e non solo di pochi eletti, la consapevolezza dell'unicità dei rischi, degli svantaggi e dei limiti, di una esistenza al limite del lecito, di un destino globale che decide, per tutti, in una sola volta.

Un'esplosione naturale, che ha generato la vita sulla terra.
Un'esplosione artificiale che, con il potere dell'infinitesimamente piccolo, ha segnato la vita di infinite generazioni.
Un'esplosione innaturale di una piattaforma petrolifera, che fa danni ad un ecosistema che, altrimenti, si sarebbe mantenuto in equilibrio per secoli.

Sì, è vero, ci sono anche esplosioni fantastiche, che generano sensazioni uniche: di colori, di risate, di gioia.
Anche queste, però, esauritesi, lasciano il buio, il silenzio, il vuoto.

Equilibrio - boato - mancanza di.
Tutto qui.

Più o meno come il boato di un licenziamento, che segna l'attimo che passa tra una una vita dignitosa e una miracolosa.
Come il boato di un dolore, che separa la salute dalla malattia.

Solo che, a differenza del petrolio estratto a forza dal mare, che distrugge un oceano e tutto quello che lambisce, della fuoriuscita dell'energia vitale che segna per sempre l'esistenza di un solo individuo, si cura soltanto chi la sta vedendo scorrere via.

Eppure è come sopra.
Uno squilibrio va sempre a danno di tutti.
Non ci sono sopravvissuti, non ci sono vincitori.
Quando un pezzo del puzzle viene a mancare, il quadro non è più lo stesso.

Niente più

A TE

Tu sei quel respiro che mi toglie ancora il fiato
il solo nome che mi viene come cerco le parole...


"Non sono del Comune!"

La mia macchina fa i capricci. Per qualche giorno la lascio dal meccanico. Mi sposto a piedi, quando posso, e quando non posso prendo un taxi. C'è un posteggio a cinquecento metri da casa, un telefono urbano da chiamare per avere in circa 60 secondi un'auto a disposizione.
Già al secondo giorno del malaugurato e incomprensibile (anche per i meccanici) malessere della mia auto, la linea della colonnina del taxi fa occupato. Sempre.
Ok, il telefono è isolato, lo aggiusteranno. Esco a piedi su quindici centimetri di tacchi. Per la fretta mi gioco un legamento del piede destro.

La macchina continua a fare le bizze. Mai, come in questi giorni, devo spostarmi velocemente in città più volte al giorno. Mi fa una rabbia dover chiamare il radiotaxi, che quando arriva a prenderti segna già 6/7 euro di chiamata... Perchè diavolo non riparano quella maledetta linea!
I giorni passano. Decido di chiamare la compagnia telefonica per segnalare il guasto.

Riesco a parlare con un umano solo dopo cinque/sei numeri verdi. Sì, perché la colonnina del taxi appartiene al Comune di Roma, e per segnalare un guasto di una linea comunale c'è una linea particolare, a cui risponde un operatore milanese di un'azienza (milanese?) che gestisce tutte le linee del Comune di Roma. Riesco finalmente a fare la mia segnalazione. L'operatore mi chiede nome, cognome, telefono, mi comunica il codice del reclamo e mi chiede il mio ruolo. Ma quale ruolo?
"Sono solo una cittadina che non può usufruire di un servizio pubblico".
L'operatore, perplesso, mi dice di attendere perché sta facendo un controllo. Mi dice che effettivamente la linea non funziona, perchè c'è un corto-circuito. Chiedo quanto ci vorrà per ripararlo. Massimo 24 ore, mi assicura. Saluto e ringrazio.

Il giorno seguente sono ancora su un'altra auto pubblica e chiedo all'autista notizie del telefono. Lui casca dalle nuvole. A sentir lui, nessuno si è accorto, in dieci giorni, dell'inconveniente.

L'indomani prendo un altro taxi e, per sfogarmi con qualcuno solidale alla mia battaglia, gli racconto tutta la storia. Il tassista mi scoppia a ridere in faccia:
"A signo', ma figurete se l'aggiusteno - risponde divertito - poi pure moricce attaccata ar telefono!"
Rispondo un po' piccata, da cittadina modello: "Però se domani funziona la chiamo e mi regala una corsa!". Lui continua a ridere e bofonchia. "Nun ce sperà...".

Il pomeriggio provo a chiamare. Il telefono squilla. Evviva, ce l'ho fatta. Il taxi lo pago un po' meno.

Passa ancora un giorno. Ricevo una telefonata della telecom. Perché? Ormai il problema è risolto. L'operatore vuole sapere chi sono. Ancora?
"Guardi, sono solo una cittadina che ha segnalato un guasto che mi impedisce di usufruire di un servizio pubblico!
"Aahh, ma lei, allora, lei non è una del Comune..."
"No che non lo sono - insisto - ma qual è il problema?"
Il silenzio dell'operatore è così eloquente che smetto di fare domande.

Ora devo prendere un taxi. Chiamo.
Ma guarda un po'. Il telefono è di nuovo isolato.

Qualcosa di nuovo, anzi d'antico...

In certi casi, trovo sia lecito (e utile) anche scomodare il sommo Poeta... 

top