Misunderstandings

Non ci si conosce mai abbastanza. Ma se si ha l'umiltà di ascoltare le cose che altri dicono su di noi, è più facile capire quello che ci riguarda.

Il mio primo fidanzato, gelosissimo, mi accusava di guardare "un po' troppo" gli altri uomini. Io, in quel periodo, giuro, non avevo occhi che per lui. Il primo amore è così abbagliante, che non esiste niente all'infuori di esso. Eppure. Eppure mi rimproverava continuamente un supposto interesse per questo o per quell'altro, tenendomi il broncio per giorni, scatenando dentro di me spropositati, inguaribili sensi di colpa. Fino al giorno in cui, durante uno spettacolo circense (ebbene sì, mi portò al circo), mi fece una scenata da applausi per un presunto sguardo d'intesa con un giovane e aitante domatore di leoni. Deve ringraziare, forse, la mia giovane età (e pure la presenza di mia madre), se la sfuriata non si trasformò nella scena madre di Dramma della gelosia.

Fin da quel giorno di inizi anni '80, capii che qualcosa non tornava...
Una scena tale aveva fatto nascere il sospetto, dentro di me, che l'uomo che avessi davanti non fosse molto sano di mente. Non trovavo nessuna colpa nelle mie azioni, nè nelle intenzioni. Non c'era. La malafede era sua. E se voleva pensar male, il problema era suo.

Qualche anno dopo però, un fidanzato un po' più grande, con molta pacatezza e molto amore, mi parlò ancora dei miei sguardi. Non ricordo né come né perché nacque tale discorso, ma lui disse qualcosa che mi fece molto effetto circa il mio modo di guardare gli uomini. Non mi accusava di fissarli, no, mi faceva solo notare che i miei occhi si soffermavano un po' troppo in quelli del mio interlocutore, cosa che autorizzava l'altro a pensare che volessi da lui qualcosa di più. Una questione di attimi, diceva lui, qualcuno di troppo.

E' passato tanto tempo da quel giorno, ma ho sempre continuato a pensare a quella teoria, sposandola sempre più, anno dopo anno, e trovandomi sempre e comunque impotente di fronte ad essa.
In realtà non posso modificare il mio modo di guardare, non posso cambiare la mia naturale curiosità per un altro, chiunque esso sia, diverso da me. E ho continuato, quindi, a guardare tutti nello stesso modo, nella consapevolezza assoluta di poter essere male interpretata. Al diavolo quindi i sensi di colpa e al diavolo le idee che qualcun altro poteva farsi, errate, sulle mie intenzioni.

Il mondo mi incuriosisce. L'uomo, in quanto essere diverso da me, ancora di più.
Continuerò, nelle mie conversazioni, a guardarlo come faccio da sempre. Come faccio con animali, oggetti inanimati, luci e panorami. E' il mio modo di conoscere e comprendere.
E non fa male a nessuno.



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