O(E)rrori del mio tempo


Crescendo (o invecchiando?) ci si irrigidisce, si diventa insofferenti. Forse è per questo che oggi non sopporto tante cose. O, forse, ci sono cose che risultano veramente insopportabili... Magari a tutti.

Ero ragazzina, quando sentivo gli adolescenti romani che, ogni due parole, sentivano l'esigenza di ficcarci dentro un cioè. Mio padre me lo faceva notare, divertito. A me, sinceramente, faceva ridere fino ad un certo punto. Quando avevo davanti qualcuno che parlava così, avevo sempre l'impressione che il mio interlocutore avesse qualcosa in bocca di fastidioso da sputare. La generazione dei cioè diceva di avere tanto da spiegare al mondo, a me sembrava invece che non ci riuscisse proprio a spiegare nulla, almeno non a parole. Quello che più di tutto attirava la mia attenzione era questa massa di ragazzotti molleggianti a cui bastava infilare in un discorso parole come popolo, sistema, capitalista, società e, grazie a qualche cioè, il gioco era fatto. Chi ascoltava avrebbe dovuto aver chiaro quello che aveva da dire.
A quell'epoca ero troppo piccola per interessarmi al sociale né tantomeno alla politica, ma tutti quei discorsi mi lasciavano perplessa. Forse perché, dall'altra parte, avevo la fortuna di poter ascoltare gente che non aveva bisogno di nomi, avverbi e locuzioni per esprimere concetti a cui bastavano abbondantemente i termini dello Zingarelli per essere espressi. E senza che all'altro restasse il minimo dubbio.

Tutti quei cioè, non so se mi spiego, capisci, no?, biascicati tra una ciancicata (=masticata) e l'altra di gomma americana - in un discorso dove "il lei" era praticamente inesistente - distoglievano comunque la mia attenzione da qualsiasi concetto, anche il più sensato (qualcuno lo sarà stato di certo). Oltre al cioé, anche il praticamente non era male... Un altro tristissimo tentativo di spiegarsi meglio che però, rispetto al cioè, aveva una marcia in più. Il praticamente era "fico". Perché lo usava chi già aveva vissuto l'esperienza che stava per raccontarti e, in quel modo, cercava di rivelarti (per amicizia) la "dritta" che ti avrebbe facilitato la vita. Il praticamente non era odioso come il cioè, ma devo ammettere che, per quanto mi riguarda, la sua sopportazione dipendeva dal numero di ripetizioni nella stessa frase.
Ma non voglio fare un trattato sul post '68, non voglio parlare di figli dei fiori nè di fricchettoni. Poco cambia, per me, se a dire stupidaggini erano compagni o camerati. 
E non voglio nemmeno parlare degli intercalari più comuni usati in italiano di cui si può fare una lista lunghissima: dal voglio dire a un attimino, alle parole oscene più o meno desemantizzate o eufemizzate, ai forestierismi (you know, bon), ai termini dialettali o alle parole che appartengono al solo linguaggio giovanile (un sacco oggi un botto, bella oppure scialla...).
Ho solo voglia di mettere nero su bianco quello che non sopporto, oggi.

Lo ammetto: è stato l'avvento del piuttosto che usato impropriamente a farmi venir voglia di scrivere questo post. E mi conforta, una volta tanto, leggere anche su Wikipedia (qualcosa di buono si trova anche là!) che l'odio verso tale uso scorretto dell'espressione (leggetelo dopo, se vi va) non è solo mio.
Quello che avverto - e a quanto pare non sono la sola - è che se in passato l'uso errato delle parole così come degli intercalari era proprio di persone ignoranti o poco pratiche della lingua, oggi è un vezzo che sa di snob, e quindi colpisce trasversalmente, senza distintinzione, gente di ogni cultura, ogni età, ogni ceto sociale. 
La cosa triste è che praticamente nessuno si arrabbia, nessuno fa notare niente a nessuno, primi fra tutti alcuni colleghi che, spesso e volentieri, per radio, televisione e perfino per iscritto, incorrono in orrori del genere.
Cosa mi fa andare in bestia ultimamente? L'assolutamente sì (come l'assolutamente no). Forse, nella società odierna, veloce e distratta, si sente il bisogno di rafforzare ogni singola affermazione (o negazione). Ma a nessuno viene in mente che chi lo subisce, forse, potrebbe capire le intenzioni di chi parla grazie a semplici sì e no?

Bene. La scrittura ha assolto, come sempre, la funzione di sfogo. E naturalmente vi autorizza, da qui all'eternità, a correggermi, ogni qualvolta dovessi incappare in orrori simili.
Ora sono meno arrabbiata. E mi godo con voi Ruggero, il fricchettone.
Tanto di cappello al signor Verdone...

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