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Il ricordo di sempre

Sento il tintinnio dei cristalli non appena varco la soglia del salone vuoto, inondato di luce, che entra dalle enormi finestre e si riflette nei mille specchi che rivestono le pareti.
Sono sola, vestita di panni comuni, ma mentre avanzo esitante mi accorgo di avere un altro abito e un’andatura regale, solenne, ed è come se stessi procedendo tra due ali di folla attonita, silente.
Sono io, ma sono di più.
Mi accompagna il fruscio delle crinoline, il lieve rumore di tulle e di tessuto che sfiora il marmo freddissimo del pavimento.
Attraverso la sala, lentamente, nel silenzio totale che contrasta con la musica dell’orchestra che suona nella mia testa. Rimbalzo nel tempo e nello spazio, mi sento a mio agio e assaporo la traversata di una distanza che sembra non finire mai. E invece finisce.
Sono dall’altra parte del salone. Mi volto. Ora non sento più quella musica. Sento però, lontanissimo, il suono di un carillon, e mi accorgo del sangue che mi scorre nelle vene, mi sembra un liquido diverso, più fluido e più caldo.
La folla è svanita, così come il pesante abito di broccato che mi stringeva il busto e mi faceva procedere a stento.
Sono di nuovo nei miei panni banali, che ora appaiono stonati, e intristiscono ancor di più una fredda e plumbea mattina viennese. Che mi ha donato un attimo incantato, un ricordo magico.
Il ricordo di sempre.

Giornata Mondiale dell'Infanzia

"Mamma, perché l'Italia è in crisi?"
"Diciamo che tutto nasce da tre grandi problemi: il debito dello Stato, il rallentamento della crescita economica e la credibilità del governo"
"Allora basta comprare le cose solo con i soldi che abbiamo, magari cose fatte in Italia, e poi chiamare politici che sappiano quello che dicono". 

Ecco perché l'infanzia va tutelata. Coinvolta. Ascoltata. Imitata.
Cerchiamo di crescere insieme...

Veleno

L’arsenico è catalogato dall’Airc (associazione internazionale di ricerca sul cancro) come elemento cancerogeno certo di classe 1.
Sono diversi anni che ho una assidua corrispondenza con "Acqualatina", gestore dell'acqua pubblica in provincia, che da quando è subentrata alla gestione precedente ha, inspiegabilmente, moltiplicato il costo dei servizi. Tutto aumenta, nessuno si stupisce più di tanto se oggi, rispetto a dieci anni fa, l'acqua del rubinetto costa due, tre, quattro volte tanto. Ci si aspetterebbe, comunque, che un'acqua che costa così tanto fosse di qualità eccelsa. E che l'acquedotto, le condutture, i rubinetti che portano la preziosa acqua dentro casa fossero efficienti e magnificamente manutenti. Ci si aspetterebbe...

E' dal 2004 che telefono, scrivo, parlo con impiegati, tecnici, responsabili di detta società. E' dal 2004 che tento di farmi sostituire la "saracinesca" e il contatore difettosi, e se da allora il lavoro ancora non s'è fatto è perché, a detta dei tecnici, tali elementi "sono talmente vecchi che cambiandoli si verificherebbero sicuramente gravi danni alle tubature interne, che poi dovrebbe riparare di tasca sua". Mia?
M'immagino la stessa situazione al giornale. Io scrivo un articolo e nel consegnarlo al direttore dichiaro "Il pezzo non funziona, ma lei me lo pubblica lo stesso..." (e me lo paga comunque).
Continuo a chiedermi a cosa siano dovuti gli importi esorbitanti: ad eventuali consumi non autorizzati, a conteggi sbagliati o a cosa? Contesto le fatture, chiedo che venga fatta luce su errori, malfunzionamenti o illeciti da parte di terze persone e chiedo ancora di avere una saracinesca e un contatore funzionanti, senza dovermi accollare spese che non mi competono. Silenzio. E nel frattempo continuo a spendere soldi per filtrare un'acqua sporca, piena di arsenico e di altre sostanze visibili anche ad occhio nudo, che fa schifo anche solo per lavarsi.
Silenzio. Tanto parlano altre notizie.

Quelle che dicono dell'aumento dell'incidenza dei tumori maligni - soprattutto al polmone e alla vescica - del diabete mellito, dell'ipertensione, dell'infarto, di infertilità e, nei bambini, di disturbi del comportamento come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività e l'autismo. In un rapporto del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio, si dice che "Nei comuni con livelli di arsenico superiore ai 20 microgrammi al litro si osserva un eccesso significativo pari a più 10 per cento nella mortalità per tutte le cause, e per le malattie del sistema circolatorio sia negli uomini che nelle donne”. I dati registrati dal 2005 ad oggi dimostrano che il consumo di acqua e cibo contaminati ci sta uccidendo. Vanno installati subito i dearsenificatori. L'Italia, per legge, ha tempo fino al 31 dicembre per adeguarsi alle direttive europee (nel 2003, la Comunità Europea ha stabilito che le acque potabili non possono contenerne più di 10 microgrammi per litro).

Nel frattempo che si fa? Si bene acqua minerale. Per lo più in bottiglie di plastica. Farà male anche quella a qualche cosa, ne sono certa, ma finchè non si sa è meglio dell'arsenico puro.
Mi tranquillizzo pensando che quell'acqua, in fondo, io non l'ho mai bevuta...

Finchè l'altro ieri mi cade l'occhio su una notizia che parla di cosmetici e di menopausa precose. Che c'entra con l'acqua?
Un gruppo di ricercatori della Washington University ha messo in relazione gli ftalati (sostanze chimiche che vengono comunemente utilizzate nella produzione di oggetti in plastica per aumentarne la flessibilità, così come nei cosmetici) con l'età in cui le donne vanno in menopausa. Quelle che hanno nell’organismo le più alte concentrazioni di ftalati entrerebbero in menopausa, in media, due anni e mezzo prima, rispetto a quelle che hanno i livelli più bassi di queste sostanze. L'Unipro (Associazione Italiana delle imprese cosmetiche) risponde prontamente che nei cosmetici che si trovano in vendita in Europa viene utilizzato solo un tipo di ftalato, il Dietilftalato (DEP), la cui concentrazione nei prodotti da trucco è di certo non pericolosa per la salute umana.

E allora, a cosa si deve l'eccessiva esposizione agli ftalati?
Forse ad un consumo più elevato di acqua in bottiglia?

Raf, Non è mai un errore

                                                                  Non è mai un errore, Raf

Entrerò nei tuoi pensieri di una notte che non dormi e sentirai freddo dentro. Entrerò dentro ad un sogno, quando è già mattino, e per quel giorno tu mi porterai con te.
 

L'odore del mare


In quest'estate che non finisce mai, benedicendo il condizionatore e pregando che non si verifichi mai più il blackout del secolo, sdraiata sul letto in penombra chiudo gli occhi, e torno all'estate del 1982.

Sono le cinque del pomeriggio, ho appena aperto le persiane di camera mia dopo aver fatto finta di riposare per far contento mio padre. Il sole splende, scalda il vetro della finestra, ma io devo preparami per uscire. Indosso una maglietta, poi un vestitino leggero, poggio sulle spalle un maglioncino di cotone bianco. Resto un momento a pensare se indossare o meno i calzini prima di infilare le ballerine. Rinuncio, anche se so che fra un paio d'ore me ne pentirò. Scendo le scale di corsa, esco velocemente di casa. Il vento è fresco, alzo il viso verso il sole per catturarne il tepore. Gli occhiali da sole non li ho e non mi servono. Accelero il passo. Mi affretto per raggiungere al più presto i miei amici, tanto non corro il rischio di sudare. Arrivo a destinazione. E dopo cinque minuti rimpiango quei calzini...

Riapro gli occhi. È l'estate del 2012. 
Le persiane sono chiuse. E chi le apre mai. Alle sei del pomeriggio il termometro segna 33 gradi, ma la stazione meteo dice che la temperatura percepita si aggira sui 37. La maglietta serve ad evitare che il condizionatore mi ghiacci il sudore sulla pancia. Se solo servisse a diminuire l'effetto serra e riportare il clima alla sua normalità, ci rinuncerei volentieri, come rinuncerei all'auto e a tutte quelle diavolerie elettroniche che consumano energia, computer compreso. 
L'aria fuori però è irrespirabile. Così resto tappata in casa, e il mare lo vedo dalla webcam.
Ma il suo odore non mi arriva.

Quando gli uomini avevano i peli


Sarò antica, lo so, ma che tristezza osservare da lontano i problemi di buona parte di una generazione che non ha le idee chiare sui sessi e sui ruoli.

Sì, ho detto ruoli.
Parola che qualcuno detesta o fa finta di non comprendere.
Che tristezza, vedere uomini che hanno paura delle donne, e donne che mettono paura agli uomini.

Nel senso stretto dei termini, non sono femminista e nemmeno maschilista. Credo però, fortemente, che ognuno di noi abbia un ruolo ben preciso da svolgere nella società. E che, quando questo ruolo non si conosce, o meglio, non si "riconosce", tutto ciò che si genera è solo una gran confusione.
Libertà assoluta, per carità, di scegliere di essere come si vuole. E libertà totale di gestire la propria sessualità, tra esseri adulti e responsabili, nel modo che si preferisce.
Ma che tristezza, torno a ribadire, vedere eserciti di uomini depilati e orde di donne virago.

Una società che impone modelli di riferimento maschili e femminili che tendono a somigliarsi sempre più, non mi sa affatto di libertà, di conquista, di modernità. Mi sa invece di paura.

Sì, proprio così, una società che odora di paura.
Paura di sbilanciarsi, paura di assumersi responsabilità, paura di vivere in una forma ben precisa. Perché è più comodo stare con i piedi in due staffe, più facile avere la possibilità di cambiare strada. In ogni momento.

Perché, invece, non insegnare ai nostri figli che ogni sesso ha i suoi privilegi? E le sue responsabilità. Con cui si deve convivere, tutta l'esistenza, e dalle quali non si può fuggire.
Ripenso allora agli uomini degli anni '50, che non avevano vergogna di mostrare il petto villoso. E non spendevamo tempo e denaro ad eliminare il "superfluo", perché non avevano nessuna voglia di assomigliare alle loro coetanee femmine (alle quali, probabilmente, un uomo dai tratti femminei non avrebbe dato nessun affidamento).
E penso con ancora più tristezza alle ragazze di oggi, attratte da corpi maschili glabri, lucidi e anonimi. Le stesse che, a storia finita, accusano i loro ex di mancanza di attributi.
I canoni estetici cambiano col tempo, è vero, e i gusti sono gusti.
Ma questo discorso, per chi non l'avesse ancora capito, non ha niente a che fare con l'estetica.

Sarò antica, già detto. Ma sogno un mondo diverso.
Dove l'uomo non è più signore e padrone, ma è un vero uomo. Che ama, protegge e rassicura. La sua compagna, i suoi figli, la sua famiglia.
Sogno un mondo dove la donna, senza limitazioni né catene, brilli di luce propria, regalando ai figli e al mondo intero la forza, l'energia, la voglia di vita e d'amore, che solo lei sa regalare e diffondere. Magari accanto all'uomo che ama e che ha scelto perché, ai suoi occhi, è quell'essere bello, forte e coraggioso che può garantirle la continuazione della specie.

Anche un uomo con i peli sa fare la spesa, cucinare e lavare i piatti alla perfezione.

Odi et amo


Fan scatenati.
Saranno stati di certo fan scatenati di Catullo gli scienziati del team di Semir Zeki dell'University College di Londra, che sono finalmente riusciti a dimostrare che... nel cervello umano è lo stesso interruttore ad accendere odio e amore.  

Ebbene sì: gli egregi ricercatori londinesi lo hanno ufficialmente constatato grazie ad uno scanner cerebrale. Spiegando, in un sol colpo, anche il motivo per cui odio e amore portino entrambi a gesti estremi, eroici o delittuosi che siano.
I circuiti dell'odio includono parti del cervello (putamen e insula) famose per essere collegate a disprezzo e disgusto, e anche deputate al controllo dei movimenti e delle azioni. Da oggi, sappiamo anche che sono sempre loro ad "organizzare" le azioni aggressive contro un rivale in amore.

Attenzione però: mentre in una persona innamorata larghe parti della corteccia cerebrale, associate a giudizio e ragionamento, vengono disattivate, nel caso dell'odio questo accade solo in piccola parte. Cioè? Chi odia è più razionale di chi ama? 
Gli studiosi dicono che di sicuro riesce a calcolare meglio la strategia da usare per colpire il nemico, con forza proporzionale alla forza del sentimento dichiarato. Ma c'è un ma.
Gli esimi ricercatori hanno anche dovuto constatare che più si odia, più l'interruttore si surriscalda... E quindi comincia... a dare i numeri. Addio razionalità.
E allora? 

Amore e odio. Stessa origine, stessa testa dura, stessa illogica. 
Mi sa che siamo da capo. 

 "Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
   Nescio, sed fieri sentio et excrucior"

Daje Catu', nun te cruccià.  Mo' lo sapemo puro noi... che nun lo sapemo!
  



 A te, che mi sopporti già da vent'anni...




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