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Sono forte, indipendente
ti piaccio così, capace di ogni cosa,
quando scavalco le montagne,
quando reagisco con orgoglio.
So guidare in qualunque condizione,
riaffiorare al bordo anche se ho bevuto acqua,
chiudere porte e riaprire portoni,
con la stessa fibra, mentre gli anni passano.
E sai che c'è? Che tutto sommato piace anche a me.
Perché le mie debolezze voglio condividerle solo con te.
E stasera non posso.
C.S.
Se l'amore avesse una forma, non sarebbe così sorprendente...
"... I guess that cupid was in disguise
The day you walked in and changed my life
I think it's amazing
The way that love can you set you free... "
Che cosa vuol dire essere Paul McCartney nel 2012?
Che scrivi un pezzo meraviglioso (come quello del video qui sotto) e poi ti viene voglia di fare un album ("Kisses on the Bottom") che comprenda brani dello stesso mood, grandi classici, brani - come dice lo stesso Paul - "sui quali io e John (Lennon, ndr) ci siamo basati per scrivere i nostri".
Allora chiami i migliori musicisti disponibili sulla faccia della terra, un paio di amici (Eric Clapton e Steve Wonder) e registri un album superbo, tutto d'un fiato.
"E' stato qualcosa di molto naturale e spontaneo, qualcosa che mi ha fatto tornare in mente i tempi d'oro dei Beatles. Io proponevo la canzone, gli altri iniziavano a suonarla - senza necessariamente conoscerla in anticipo - e poi continuavamo a riprovarla, finché non ci sembrava pronta da registrare. E' così che abbiamo fatto, suonando di fatto live in studio. Era importante, per me, tenere fuori le opzioni più ovvie, anche se so che molti classici non sono conosciuti dal grande pubblico: mi auguro che le mie scelte, per gli ascoltatori, siano delle piacevoli sorprese".
Che altro vuoi aggiungere ad una tale meraviglia? Chapeau.
If only my love was here
I'd be taking the time to feel it
Washing over my body and soul
If only my love, only my love was here
I wish that my heart was strong
I'd be letting it beat, much faster
At the thought of you holding me near
I wish that my heart, wish that my heart was strong
Hoping to be where you are
Of longing to be your lover
Don't want to ever be far
Apart from you my love
But only our hearts will know
If were going to spend it together
Only gone to the dreams that we share
Only our hearts, know how much love is there
Hoping to be where you are
Of longing to be your lover
I don't want to ever be far
Apart from you my love
But only our hearts will know
If were gonna to spend it together
Holding on to the love that we share
Only our hearts, know how much love is there
Yes only our hearts, know how much love is there
Fan scatenati.
Saranno stati di certo fan scatenati di Catullo gli scienziati del team di Semir Zeki dell'University College di Londra, che sono finalmente riusciti a dimostrare che... nel cervello umano è lo stesso interruttore ad accendere odio e amore.
Ebbene sì: gli egregi ricercatori londinesi lo hanno ufficialmente constatato grazie ad uno scanner cerebrale. Spiegando, in un sol colpo, anche il motivo per cui odio e amore portino entrambi a gesti estremi, eroici o delittuosi che siano.
I circuiti dell'odio includono parti del cervello (putamen e insula) famose per essere collegate a disprezzo e disgusto, e anche deputate al controllo dei movimenti e delle azioni. Da oggi, sappiamo anche che sono sempre loro ad "organizzare" le azioni aggressive contro un rivale in amore.
Attenzione però: mentre in una persona innamorata larghe parti della corteccia cerebrale, associate a giudizio e ragionamento, vengono disattivate, nel caso dell'odio questo accade solo in piccola parte. Cioè? Chi odia è più razionale di chi ama?
Gli studiosi dicono che di sicuro riesce a calcolare meglio la strategia da usare per colpire il nemico, con forza proporzionale alla forza del sentimento dichiarato. Ma c'è un ma.
I circuiti dell'odio includono parti del cervello (putamen e insula) famose per essere collegate a disprezzo e disgusto, e anche deputate al controllo dei movimenti e delle azioni. Da oggi, sappiamo anche che sono sempre loro ad "organizzare" le azioni aggressive contro un rivale in amore.
Attenzione però: mentre in una persona innamorata larghe parti della corteccia cerebrale, associate a giudizio e ragionamento, vengono disattivate, nel caso dell'odio questo accade solo in piccola parte. Cioè? Chi odia è più razionale di chi ama?
Gli studiosi dicono che di sicuro riesce a calcolare meglio la strategia da usare per colpire il nemico, con forza proporzionale alla forza del sentimento dichiarato. Ma c'è un ma.
Gli esimi ricercatori hanno anche dovuto constatare che più si odia, più l'interruttore si surriscalda... E quindi comincia... a dare i numeri. Addio razionalità.
E allora?
Amore e odio. Stessa origine, stessa testa dura, stessa illogica.
Mi sa che siamo da capo.
Daje Catu', nun te cruccià. Mo' lo sapemo puro noi... che nun lo sapemo!
E allora?
Amore e odio. Stessa origine, stessa testa dura, stessa illogica.
Mi sa che siamo da capo.
"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior"
Daje Catu', nun te cruccià. Mo' lo sapemo puro noi... che nun lo sapemo!
A te, che mi sopporti già da vent'anni...
E in questo campo ho visto diventare popolari personaggi a cui riconosco qualche dote, ma quasi mai un grande talento.
La popolarità, comunque, ha sempre una spiegazione. Non è vero che il successo è questione di fortuna, non solo. Ogni personaggio famoso - grande per i più, anche se non per te - ha la capacità di veicolare qualcosa in cui la massa si riconosce.
Raramente - se non per motivi professionali - mi interessa sapere cosa.
I veri talenti, invece, quasi mai sono così popolari. Sono amati, rispettati, elogiati, ma anche guardati con invidia e sospetto.
Perché sono un mistero.
Un mistero affascinante, dovuto ad un temperamento che non riesci ad inquadrare facilmente, un carattere che ti attrae e ti respinge al tempo stesso. Personalità complesse, o forse semplicissime, che non appartengono solo ed esclusivamente alla musica o all'arte, ma alle esistenze di tutti.
Con occhi che ti scavano dentro, gesti che si insinuano nella tua vita e ti seguono, sempre. Sguardi, che a volte scambi presuntuosamente per interesse personale, che appartengono invece a chi si aggira in questo mondo armato di un'inguaribile curiosità, intento a capire cosa c'è in fondo ad ogni anima, ad ogni altra esistenza gli passi accanto. Di chi riesce ad amare chiunque abbia la sue stesse urgenze.
Doti, capacità, che non possono essere capite da chi crede che il mondo sia bianco o nero, in o out.
Un essere umano di talento, grazie ad uno sguardo, ottiene un'informazione, una nozione in più. Guadagna un'emozione in più. Da custodire gelosamente, per poi condividerla di nuovo con il mondo, sotto un'altra forma, perché sia nuovo disponibile. Per se stesso, e anche per te, se hai la fortuna di essere sulla sua stessa lunghezza d'onda.
E' questo il vero dono.
Che, se si abbina ad un'anima preziosa, diventa qualcosa di assolutamente irresistibile in un essere umano. Inimmaginabile.
Almeno per me.
Che t'hanno fatto, Roma?
Chi è che t'ha cambiato faccia, di giorno? Chi ti rende pesante, insopportabile e traditrice?
Siamo noi? Gli stessi che ti facciamo onore durante la notte?
Di sera, i romani vanno a piedi, camminando abbracciati. Ma non a due a due. Camminano tutti insieme.
Il popolo di Roma, di notte, s'affratella, e diventa un solo respiro, un solo cuore, in quelle strade che hanno visto tutto, che hanno sentito ogni passo. Anche il tuo.
Ed è per questo che tu cammini lieve, pestando con rispetto e con amore quei sampietrini dolorosi. E in fondo godi di ogni passo. In un silenzio che non è mai assoluto, perché è pieno del respiro di Roma. Che non si ferma mai. E per questo non puoi farne a meno.
Se sei un romano, uno che vive di quel respiro.
C.S.
Auguri Roma...
Strani scherzi della vita
che spalanca all'improvviso finestre nel passato
inquadrando scenari che credevi d'aver dimenticato.
O sognato.
Scenari d'altro gusto, d'altri profumi
talmente tanto vivi da fare male
che sfilano tenendosi per mano tra mente, cuore e gambe.
E scorrono.
Caldi come il sole, fluidi come il sangue
cercando un posto nel presente, nei sorrisi e nelle lacrime
trovandolo in un angolo che non vuole rassegnarsi a rimanere tale.
C.S.
Guarda là, in quel punto una luce si accende, è un pianeta che gioca col tempo Guarda là, nel silenzio, una frase si perde, la risposta a tutti i perché E chissà se quel suono è una musica vera o uno scherzo della tua fantasia Guarda là questa sera la finestra di sempre, tu ti affacci e domandi chi è Guarda là nella pioggia che cade a settembre, c'è un'estate che non tornerà Guarda là, questo amore, che ci può far volare e che forse non si fermerà mai... |
Roma, Auditorium della Conciliazione, 31 Marzo 2012
Un concerto è un'emozione sempre diversa. Ma ce ne sono alcuni che, oltre ogni aspettativa, regalano qualcosa in più.
Non è la prima volta che assisto ad un concerto di James Taylor, la cui musica è stata, è e sarà sempre, parte integrante della colonna sonora della mia vita; per grandezza, sensibilità e peso specifico; per tutta la sua vita, musicale e non, complicatissima e non, intrisa in ogni brandello dei panni che si porta addosso e in ogni nota che esce dalle sue chitarre e dalla sua gola.
Ieri sera era lì, con indosso più o meno quello che si mette quando esce di casa ogni mattina, la scaletta scritta a mano con il gesso bianco su una lavagnetta nera. Scenografia praticamente assente. Ma tanto chi la guarda...
Gli occhi, le orecchie e il cuore sono per lui e per il suo suono acustico, in diretta. Per lui che è lì, semplicemente, nessun ear-monitor lo separa dagli umori della folla. E in punta di piedi si regala agli altri che lo ricambiano con gli applausi e con un silenzio fatto di rispetto e di un amore, tangibilmente reciproco, di un pubblico senza nazionalità, che lo tratta come l'amico della porta accanto. Cosciente, però, del fatto che lui non è semplicemente uno che fa musica, lui è musica.
La gente lo sa, e lo ama perché è così, per la sua forza ma soprattutto per non aver mai avuto vergogna delle sue umane debolezze. E gli crede sempre, pure quando dice che ama Roma e che qui si sente a casa, aggiungendo che "non è tanto per dire...". E a dimostrazione della confidenza che ha acquisito con la città eterna, pronuncia con orgoglio, scandendo bene ogni parola in italiano, "PARZIALMENTE SCREMATO". E' pur sempre un americano a Roma...
Tutti ridono. Il suo umorismo lo conosciamo bene. E chi lo conosce, immagina che il suo cappuccino preferito sia in linea col suo modo di prendere la vita nella maturità: gustandola tutta, prendendo il meglio e scansando, nei limiti del possibile, quello che può far male.
Dal buio, una voce sgraziata, con accento più che romanesco, gli strilla "Messssico!"... E lui solleva da terra la lavagnetta e conta quanti brani ci sono ancora prima di quello, pregandolo di pazientare. Continua ad eseguire diligentemente tutti i suoi pezzi poi, dopo una sola uscita dal palco (assieme alla moglie-corista che sembra intimidita, sia di cantare ad un passo da Piazza San Pietro sia, e ancor di più, di cantare su quelle tavole insieme a lui), ringrazia, si inchina, saluta con la mano.
I musicisti (Jeff Babko, piano; Jimmy Johnson, bass; Steve Gadd, drums - non si può non nominarli) escono, si spengono le luci, e mentre i tecnici cominciano a smontare gli strumenti Taylor, da antidivo, si avvicina al suo pubblico, ginocchia piegate sul bordo del palco, per firmare per più di mezz'ora centinaia di autografi, sorridere, farsi fotografare. Da romani e non, che si avvicinano e gli dicono semplicemente "Ciao".
Tra penne e foglietti d'autografi, ho allungato la mano per stringere la sua, e l'ho semplicemente ringraziato, dal più profondo del cuore. Non avevo null'altro da dire. E lui, cercando e poi ricambiando il mio sguardo per dare un volto ad una voce, mi ha risposto: "... sono io che dovrò sempre dire grazie a voi".
Se c'è qualcuno che non ha capito perché io ero lì, e perché lui è ancora qui, attraverso mezzo secolo di storia e di carriera, alzi la mano.
Un concerto è un'emozione sempre diversa. Ma ce ne sono alcuni che, oltre ogni aspettativa, regalano qualcosa in più.
Non è la prima volta che assisto ad un concerto di James Taylor, la cui musica è stata, è e sarà sempre, parte integrante della colonna sonora della mia vita; per grandezza, sensibilità e peso specifico; per tutta la sua vita, musicale e non, complicatissima e non, intrisa in ogni brandello dei panni che si porta addosso e in ogni nota che esce dalle sue chitarre e dalla sua gola.
Ieri sera era lì, con indosso più o meno quello che si mette quando esce di casa ogni mattina, la scaletta scritta a mano con il gesso bianco su una lavagnetta nera. Scenografia praticamente assente. Ma tanto chi la guarda...
Gli occhi, le orecchie e il cuore sono per lui e per il suo suono acustico, in diretta. Per lui che è lì, semplicemente, nessun ear-monitor lo separa dagli umori della folla. E in punta di piedi si regala agli altri che lo ricambiano con gli applausi e con un silenzio fatto di rispetto e di un amore, tangibilmente reciproco, di un pubblico senza nazionalità, che lo tratta come l'amico della porta accanto. Cosciente, però, del fatto che lui non è semplicemente uno che fa musica, lui è musica.
La gente lo sa, e lo ama perché è così, per la sua forza ma soprattutto per non aver mai avuto vergogna delle sue umane debolezze. E gli crede sempre, pure quando dice che ama Roma e che qui si sente a casa, aggiungendo che "non è tanto per dire...". E a dimostrazione della confidenza che ha acquisito con la città eterna, pronuncia con orgoglio, scandendo bene ogni parola in italiano, "PARZIALMENTE SCREMATO". E' pur sempre un americano a Roma...
Tutti ridono. Il suo umorismo lo conosciamo bene. E chi lo conosce, immagina che il suo cappuccino preferito sia in linea col suo modo di prendere la vita nella maturità: gustandola tutta, prendendo il meglio e scansando, nei limiti del possibile, quello che può far male.
Dal buio, una voce sgraziata, con accento più che romanesco, gli strilla "Messssico!"... E lui solleva da terra la lavagnetta e conta quanti brani ci sono ancora prima di quello, pregandolo di pazientare. Continua ad eseguire diligentemente tutti i suoi pezzi poi, dopo una sola uscita dal palco (assieme alla moglie-corista che sembra intimidita, sia di cantare ad un passo da Piazza San Pietro sia, e ancor di più, di cantare su quelle tavole insieme a lui), ringrazia, si inchina, saluta con la mano.
I musicisti (Jeff Babko, piano; Jimmy Johnson, bass; Steve Gadd, drums - non si può non nominarli) escono, si spengono le luci, e mentre i tecnici cominciano a smontare gli strumenti Taylor, da antidivo, si avvicina al suo pubblico, ginocchia piegate sul bordo del palco, per firmare per più di mezz'ora centinaia di autografi, sorridere, farsi fotografare. Da romani e non, che si avvicinano e gli dicono semplicemente "Ciao".
Tra penne e foglietti d'autografi, ho allungato la mano per stringere la sua, e l'ho semplicemente ringraziato, dal più profondo del cuore. Non avevo null'altro da dire. E lui, cercando e poi ricambiando il mio sguardo per dare un volto ad una voce, mi ha risposto: "... sono io che dovrò sempre dire grazie a voi".
Se c'è qualcuno che non ha capito perché io ero lì, e perché lui è ancora qui, attraverso mezzo secolo di storia e di carriera, alzi la mano.
© Caterina Somma - Tutti i Diritti Riservati
Skylark
Have you anything to say to me?
Won't you tell me where my love can be?
Is there a meadow in the mist
Where someone's waiting to be kissed?
Oh skylark
Have you seen a valley green with spring?
Where my heart can go a journeying
Over the shadows and the rain
To a blossom covered lane
And in your lonely flight
Haven't you heard the music in the night?
Wonderful music
Faint as a will o' the wisp
Crazy as a loon
Sad as a gypsty serenading the moon
Oh skylark
I don't know if you can find these things
But my heart is riding on your wings
So if you see them anywhere
Won't you lead me there
Oh skylark
Won't you lead me there?
Chi sei?
Quello che ero
Cos'eri?
Quello che credevi che fossi
Allora non sei cambiato?
Dipende...
Da che?
Dal punto di vista
Dal tuo come ti vedi?
Con venti chili in più
Rispetto a quando?
A quando pensavi che fossi quello che non ero
Allora forse adesso sei quello che sei, non quello che credevo fossi
Per qualche chilo in più?
No. Perché adesso sei sincero
Forse sì, forse no...
C.S.
L'umiliazione è finita.
Riprendo il trenino
che sbuffa, traballa
ma va.
Ho perso qualcosa nel tempo
viaggiando fortissimo o piano
Due note, due tempi
forse nemmeno una battuta, chissà
L'importante è restare a bordo per me,
per noi, "che abbiamo un trenino nel petto e sappiamo cos'è"
C.S.
...e citando ancora Vasco
"Ho fatto un patto sai
con le mie emozioni
le lascio vivere
e loro non mi fanno fuori"
"Ho fatto un patto sai
con le mie emozioni
le lascio vivere
e loro non mi fanno fuori"
Mi sono rotto, io mi sono rotto non ho più voglia di abitare lo stivaletto non ha più senso rimanere grazie di tutto aspetto ancora fine mese poi mi dimetto Tanto il mio lavoro è inutile, diciamo futile essenzialmente rimovibile, sostituibile, regolarmente ricattabile il mio lavoro è bello come un calcio all’inguine dato da un toro il mio lavoro è roba piccola fatta di plastica che piano piano mi modifica, mi ruba l’anima dice “il lavoro rende nobili” non so può darsi, sicuramente rende liberi di suicidarsi e io mi sono rotto, io mi sono rotto, non ho più voglia di abitare lo Stivaletto non ha più senso rimanere grazie di tutto aspetto ancora fine mese poi mi dimetto Precario il mondo precario il mondo flessibile la terra che sto pestando atipica la notte che sta arrivando volatile la polvere che si sta alzando Precario il mondo precario il mondo non è perenne il ghiaccio che si sta sciogliendo, non è perenne l’aria e si sta esaurendo e d’indeterminato c’è solo il Quando Precario il mondo si finché è normale ma sembra ancora più precario questo stivale che sta affondando dentro un cumulo di porcheria e quelli che l’hanno capito vedi vanno via e invece tu non l’hai capito, non l’hai capito e stringi i denti dietro un tavolo dentro a un ufficio senza nemmeno avere il tempo di guardare fuori così non vedi che già cambiano tutti i colori e intorno a te la gente si agita si muove sempre qualcuno grida è una protesta che nessuno sente non c’è un futuro da difendere solo il presente e anche di quello di salvabile c’è poco o niente amore mio non ci resisto, io non ci resisto vorrei convincerti a raggiungermi ma non insisto tu riesci ancora a non vedere solo il lato brutto io invece ho smesso devo andare, grazie di tutto Precario il mondo precario il mondo flessibile la terra che sto pestando atipica la notte che sta arrivando volatile la polvere che si sta alzando Precario il mondo precario il mondo non è perenne il ghiaccio e si sta sciogliendo, non è perenne l’aria e si sta esaurendo e d’indeterminato c’è solo il Quando E allora il tempo si fermerà, improvvisamente e chi si stava amando potrà amarsi per sempre E allora il tempo si fermerà, improvvisamente e chi si stava odiando dovrà odiarsi per sempre |
Qualcuno mi accusa di scrivere poco su questo blog...
Considerando quanta vita passo a scrivere, non mi sento in obbligo più di tanto...
E spesso preferisco usare il mio "PreTesti", per sottolineare parole e note di altri.
Non sono invidiosa...
Considerando quanta vita passo a scrivere, non mi sento in obbligo più di tanto...
E spesso preferisco usare il mio "PreTesti", per sottolineare parole e note di altri.
Non sono invidiosa...
Mi riconosci?
Sì.
Anche se il tempo ha cambiato la mappa della mia faccia,
anche se i nostri contorni non sono più così definiti. I tuoi ma anche i miei.
Mi riconosci?
Perché non dovresti...
Io sono parte di te.
Per questo non ho paura. Non così tanta.
C.S.
Volano le libellule,
sopra gli stagni e le pozzanghere in città,
sembra che se ne freghino,
della ricchezza che ora viene e dopo va,
prendimi non mi concedere,
nessuna replica alle tue fatalità,
eccomi son tutto un fremito ehi.
Passano alcune musiche,
ma quando passano la terra tremerà,
sembrano esplosioni inutili,
ma in certi cuori qualche cosa resterà,
non si sa come si creano,
costellazioni di galassie e di energia,
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.
Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho le tasche piene di sassi.
Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.
Sbocciano i fiori sbocciano,
e danno tutto quel che hanno in libertà,
donano non si interessano,
di ricompense e tutto quello che verrà,
mormora la gente mormora
falla tacere praticando l'allegria,
giocano a dadi gli uomini,
resta sul tavolo un avanzo di magia.
Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere, vienimi a prendere
mi riconosci ho un mantello fatto di stracci.
Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti a scuola,
mi vien da piangere,
arriva subito,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.
Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
vienimi a prendere
mi vien da piangere,
mi riconosci ho le scarpe piene di passi,
la faccia piena di schiaffi,
il cuore pieno di battiti
e gli occhi pieni di te.
Ragazzi, ho la testa così piena di parole che non me ne avanzano per il blog.
Questo è la cosa più easy che mi viene in mente...
Questo è la cosa più easy che mi viene in mente...
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