Oltre i Soldi

Subisco sempre il fascino di una bella dentatura e nutro una sana invidia per quei sorrisi larghi, positivi e lucenti made in USA. Durante la mia infanzia mi dicevano che gli americani avevano quei bei denti perchè per prevenire i danni del tempo se li incapsulavano fin da piccoli correggendo, visto che ci si trovavano, eventuali difetti estetici. Forse era davvero così, forse questa storia era solo una leggenda legata al fascino degli yankees negli anni del benessere economico.
A dire il vero, notavo lo stesso candore e la stessa perfezione nei denti degli africani, in quel caso però mi si diceva che quella era solo "una caratteristica della razza". Il che, nel mio cervello, avrebbe dovuto significare che i neri erano più belli e più fortunati. Invece non era proprio così. Era più che altro "gli americani so' furbi e i denti se li sistemano ad arte per essere fighi, gli africani hanno almeno questa fortuna nella vita".

Per quanto riguarda la mia educazione, in anni in cui in Italia un bambino di colore alle elementari era visto e trattato come un alieno, ho avuto la fortuna di avere un maestro e un padre che mi spiegavano la storia e la genetica facendomi vedere i mostri che nascevano nelle famiglie nobili dall'unione tra consanguinei e spiegandomi che gli americani sono belli perché più le razze si mischiano meglio è (per buona pace di chi dice che non esistono).
Molti scienziati contemporanei sostengono che dal punto di vista genetico nel caso degli umani non ha senso parlare di razza, ma è innegabile che gli individui possano essere classificati in base ai loro tratti fisici, quelli che nei secoli dei secoli si sono differenziati a seconda delle condizioni ambientali circostanti, il clima, l'alimentazione, le ore di luce, ecc. E che male c'è in questo? Noi, abitanti della terra del terzo millennio, dovremmo essere fuori dalle tentazioni delle discriminazioni razziali. Dovremmo.

Qualche anno fa scelsi di non occuparmi di politica perché poco ne so e poco mi interessa, convinta che la politica si fa con l'esempio, vivendo la propria vita secondo le proprie convinzioni ma nel rispetto reciproco, secondo quegli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità dei rivoluzionari francesi che condivido e che non mi è mai pesato promuovere. Mi viene spontaneo. E anche se ai ragazzi d'oggi che respirano e vivono una realtà globale multietnica fa orrore sentir parlare di razza, io questa parola la uso ancora quando mi serve per spiegare che la diversità esiste, ma è l'unica vera grande ricchezza dei questo mondo ed è l'unica cosa che riesce a garantirci la sopravvivenza. La natura ne è l'esempio più fulgido. Sono le diversità a far sì che l'ecosistema sia in equilibrio. E se ora questo equilibrio non c'è più la colpa è solo di quegli umani arroganti e presuntuosi (per non dire stupidi e assassini) che hanno creduto di sapere chi sterminare, dalle foche agli ebrei.

Ho ascoltato le canzoni del Festival di quest'anno un po' annoiata e un po' infastidita, non mi sono piaciute, faccio fatica a seguirne i testi, non le capisco; ma non per questo mi arrogo il diritto di sputarci sopra o di metterle al rogo. Credo che si debba avere sempre un atteggiamento rispettoso e curioso nei confronti di chi gode di una grande popolarità. Se uno ha successo c'è sempre un motivo, anche se in molti non lo capiscono. Per quanto mi riguarda, nei limiti del possibile, cerco di sforzarmi a capire. Qualche volta ci riesco.
E' per questo che non ho provato nessuno stupore nel vedere la classifica finale. Non ho gridato allo scandalo per la poca considerazione del pezzo della Bertè, nè per la vittoria di Mahmood. Ritengo che il podio di Sanremo sia sempre stato coerente con la società in cui viviamo, anno dopo anno. E anche quest'anno non ha fatto eccezione.
Il Volo? Presenti! La tradizione, nel paese del bel canto, non può mancare.
Ultimo? Ovvio che ci sia. Se la contestazione è fatta bene viene sempre premiata, specie dal televoto.
Mahamood? Come potrebbe non essere lui il vincitore?
Lo dico a giochi fatti, è ovvio, ma questa mia analisi è sincera e tenta di dare risposte ai miei perché. Magari anche a quelli di qualcun altro.

Mahmood esordisce a X-Factor nel 2012 e, seppur eliminato presto, grazie alla trasmissione ottiene visibilità e popolarità. Nel frattempo scrive. Scrive. Tre anni dopo ottiene la vittoria di Area Sanremo che lo fa accedere alla sezione “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo 2016. Arriva quarto con “Dimentica”. Ma la vera vittoria personale è iniziare a lavorare come autore per altri artisti (Elodie, Michele Bravi e Guè Pequeno, Marco Mengoni, Fabri Fibra). Poi il suo primo EP. Poi la sua vittoria nel Sanremo Giovani di questa stagione, da qui il suo accesso a Sanremo 2019.
A chi si chiede perché ha vinto lui rispondo: "Perché no?". Rappresenta la musica dei ragazzi di oggi. Io non lo conosco? Non importa. Io non apprezzo la sua musica? Poco conta. Nel mercato musicale e discografico contano i numeri. Se lui li fa, ha ragione lui.
Qualcuno gli attribuisce un vantaggio legato alla "razza" perché il ragazzo (milanese di madre italiana e padre egiziano) e la sua musica (che lui stesso definisce "Marocco-Pop") potrebbero essere facilmente strumentalizzzato a livello politico e sociale. Qualcuno (più di quanti si creda) vede la sua vittoria con orrore, perchè un ragazzo così è sempre un "diverso", e come tale, osteggiato da menti piccole e ignoranti di chi ha paura, spesso a sua insaputa, di scippi e contaminazioni.

Ma io credo semplicemente che Mahmood rappresenti quel mondo multietnico e vivaddio universale che le nuove generazioni vivono senza problemi, con naturalezza ed entusiasmo.
Forse è così. E non c'è niente di male.

@Caterina Somma



RiSanremo

Il Salzano bis non mi è piaciuto, brutti pezzi e orribili testi (del programma), ma mi sono divertita per tanti altri motivi... grata di aver sentito la voce del mio adorato Jack Savoretti e rivisto il sorriso di Tony Hadley. Mi è piaciuta "Emozioni" di Battisti per l'arrangiamento sapiente e originale e l'interpretazione rispettosa del duetto Baglioni/Mengoni. Stupore per il pezzo di Anastasio (come scrive 'sto ragazzo) e occhi lucidi per la voce di Serena Rossi, che credo abbia sentito davvero il pezzo di Mimì, alla quale, dovunque si trovi in questo tempo, spedisco fermo posta il mio pensiero. Le ho voluto bene, come lei ne ha voluto a me 😘
#Sanremo2019




E Claudio ancora sia (ma poi basta)


Avere grandi aspettative aumenta sempre la percentuale di probabilità di restate delusi, ne sono consapevole, ma è quasi impossibile non averne nei confronti del Festival di Sanremo.
Il potente inizio da stadio, lo ammetto, per un paio di minuti ha alimentato le mie onnipresenti aspettative. Ma l’incoraggiante “via” di Baglioni e la certezza della solida presenza di una coppia di bravi come Bisio e Raffaele, sono stati velocemente sostituiti dal progressivo appalesarsi di uno spettacolo annoiante, in una serata faticosa e anche un po' triste. Un audio pessimo, che mette ancora una volta in discussione le capacità tecniche, mi duole dirlo, degli addetti ai lavori della Rai, e una coppia di comici ingabbiata in testi tutto tranne che brillanti di dieci autori (10!) a cui a stento riuscivano a dar voce nel tentativo di restare credibili. Peccato.
E le canzoni? Ecco, parliamo di quelle. Quelle quali?

Non sono un millennials, ma per natura e per mestiere posseggo anch’io le tre qualità che si attribuiscono a questa generazione connected (iper), confident e open to change. Voglio dire che non faccio parte di quella fetta di pubblico, generalmente più attempato, che ha estremo bisogno della parte melodica di un brano per riconoscerlo tale. Ma i pezzi che ho sentito ieri sera li ho trovati, per essere buona, inesistenti. Non credo che lasceranno segno alcuno nella storia della musica e, personalmente, non mi hanno smosso proprio niente. D’altra parte non mi sento nemmeno di criticare la scelta del direttore artistico il quale, ne sono certa, non avrà avuto a sua disposizione materiale molto migliore di quello che poi effettivamente ha scelto. Durante la prima serata, in un breve attimo di follia, ho perfino ipotizzato che Baglioni avesse architettato questa edizione per far sì che non gli si chiedesse di farne un’altra… Ma figuriamoci... Niente di tutto questo. Anche perché a lui, onestamente, dall'alto della sua carriera e della sua attuale popolarità, non sposta granché se l’auditel lo boccia. E quindi?
Quindi mi dispiace. Mi dispiace proprio assistere ad uno spettacolo che non mi piace per niente. Non mi piace per niente che le canzoni che vengono proposte passino come la crème de la crème della musica leggera italiana (non è così, per fortuna).

Aspetto il prossimo anno, con il solito entusiasmo e le solite aspettative.
Di Claudio ne abbiamo avuti abbastanza. 
Aspetto il Festival di Mario.

© Caterina Somma


Canzonemozione


Chissà perché mi tocca ripetutamente esporre un concetto che a me sembra ovvio e scontato da una vita. La musica è una forma d'arte. E l'arte è essenzialmente emozione. Qualcuno obietta: no, prima di tutto è bellezza. Io obietto a mia volta: sai che ci fai con la bellezza se non ti procura nessuna emozione.

Twittavo così stamattina, presa da rabbia inconsulta (se mi prende è bene) per certe critiche sulle voci degli interpreti sanremesi. Ribadisco: Sanremo dovrebbe essere, anzi lo è per definizione, il Festival della CANZONE italiana, non dei CANTANTI. Per questo motivo, e per il concetto espresso prima - trovo  assolutamente inutile stare lì a scannarsi sulle qualità vocali di Tizio e di Caio, perché non è in base a quello che si dovrebbe decretare la canzone vincitrice di Sanremo.

Ripenso alle parolacce che incassava in diretta Lucio Battisti da parte di presuntuosetti sessantottini sventolanti la bandiera della Cultura nelle trasmissioni televisive di Arbore, che lo accusavano di non avere voce, di non saper cantare. Chissà se oggi in macchina canticchiano Contessa (quella di Pietrangeli non quella dei Decibel) oppure Acqua azzurra acqua chiara...


Allora... in base a cosa bisogna giudicare?
E qui tocchiamo un altro concetto che sento spesso, e ancora, che mi fa andare in bestia: quello che il testo di una canzone, per avere un valore, debba necessariamente dire qualcosa di "serio", di impegnato. Sì, perché c'è tanta gente che la pensa così. E c'è n'è invece altrettanta che invece considera un testo "bello" solo se denso di sentimento, di parole che trattano temi universali come l'amicizia e l'amore.

Non sto dicendo che la canzone non possa parlare di politica o non essere impegnata, anzi. Dico solo che la musica è musica, e qualsiasi aspettativa le si attribuisca all'infuori del piacere di ascoltarla, la snatura. Anche perché per fare "politica" attraverso una canzone non devi necessariamente scrivere La Locomotiva o Don Chisciotte di Francesco Guccini. Pensate a quanta ne ha fatta in maniera molto più ficcante e duratura Edoardo Bennato nei suoi album, da Burattino senza fili in poi. A quanta ne ha fatta De Andrè e perfino Lucio Dalla.

 

Amo e lodo sempre l'impegno, quello che mi annoia è la retorica: e questo vale sia per i testi delle canzoni sia per la costruzione musicale di un brano. E anche se sarebbe possibile giudicare tecnicamente un pezzo analizzando il ritmo, la melodia, l'armonia, l'unione dei timbri o i colori, la verità è che non esiste niente in grado di definire una canzone "bella" o "brutta" in assoluto.
E allora cosa resta per giudicare?

Torno a bomba.
Quello che resta è l'emozione, cosa assolutamente soggettiva e quindi variabilissima da persona a persona, da cultura a cultura, da un'età all'altra. 
Il fatto che il gusto personale, alla fine, predomini su tutto, è meravigliosamente umano. E' quello che ci rende dissimili gli uni dagli altri. Quello che rende il mondo variopinto.
Già.
Per fortuna è così.
Lasciate che ognuno abbia il suo.

© Caterina Somma




Per quanto mi riguarda...

Il brano che mi ha colpito al cuore e che mi fa venire i brividi
Almeno pensami, l'inedito di Dalla. Sarà un pezzo minore, ma è comunque un'impronta unica di un poeta che non c'è più. Perché Ron l'ha cantata con umiltà. E perché i piccioni mi stanno simpatici.

Una canzone che mi piace
Passame er sale di Luca Barbarossa: sarà classica o antica che dir si voglia, ma è diretta, onesta, tenera.

Il pezzo per cui faccio il tifo?
Stiamo tutti bene. Perchè non ci stiamo affatto.
E perché non si deve avere necessariamente la voce da cantante per smuoverti qualcosa dentro 
(e perché sinceramente nella categoria Giovani è l'unica cosa che riesco a digerire).




 
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