Lontano. Fino là


E' quasi il tramonto, sono sulla mia terrazza, le gambe rannicchiate sulla sdraio a sorseggiare tè freddo ed assaporare un vento che finalmente dà speranza ad una giornata rovente di città. 
M. si gira, sorride, e mi mette delicatamente la cuffia in testa mentre mi dice "voglio farti sentire una cosa". Come ha fatto altre mille volte, in mille anni. 
Ma stavolta mi passa l'i-phone con un'espressione che significa "ti stupirai" e si allontana... 
Non mi aspetto nulla, ma apro le orecchie e chiudo gli occhi. 

Poi sento la tua voce, ed già è un sollievo, e comincio ad ascoltare. E man mano che le note si susseguono la tua voce vola col vento, il cuore si riempie di cose mancanti e le lacrime cominciano a bagnarmi le guance. 
S. mi vede, mi dà un bacio, ed io continuo a volare con i miei pensieri, le tue immagini, i miei dolori. 

La canzone finisce presto. Tampono le lacrime, la riascolto. Poi M. si riaffaccia sulla terrazza, si inginocchia davanti a me con lo stesso sorriso, mi guarda fisso. 
Io gli dico "E' bellissima". Lui mi prende il viso tra le mani, mi dice: "Lo vedi che sei ancora viva". 

Lo so. Lo sono sempre, pure troppo. 




Essere con Vasco


Ci sono concerti che senti con le orecchie. Poi ci sono quelli che senti col cuore.
A vedere Vasco Rossi ieri sera ci sono andata per curiosità ma anche per piacere, convinta, nel profondo, di dovergli comunque qualcosa. E lontana anni luce dagli accrediti - stampa e non - ho comprato il biglietto.
Non sono, per natura, né seguace né fan di nessuno, ma la musica buona e fatta bene mi piace tutta. E la sua musica, anche se non ho mai comprato i suoi dischi, non può non piacermi.
Vasco è come Lucio Dalla, ce l'hai dentro da sempre, anche se non te ne rendi conto.

Io, dentro, ce l'ho eccome. E ho voglia di andare a sentirlo, nonostante tutto.
Nonostante il volume di un concerto allo stadio, così tremendamente alto da non farti apprezzare armonie o parole. Nonostante il prezzo del biglietto sul prato, da fan di lusso. Nonostante i tappi delle bottigliette di plastica svitati prima di entrare e quelle di vetro (chiuse) vendute dentro. Nonostante il parcheggio dell'auto a due chilometri di distanza.

Così vado. Lo sento. Non tanto con le orecchie, come dicevo, ma con il cuore, con il corpo e pure col cervello. Perché quello che Vasco ha scritto non ha bisogno di giudizi e commenti. Perché la sua personalità stende, molto più dei decibel delle chitarre che lo accompagnano. Perché gli vuoi bene per quello che è, roba nostra. Roba unica.
"Adesso vorrei fare un discorso..." esordisce ad un tratto. Poi va verso il pubblico e dice: "Invece no". E se ne va.
Come fai a non amarlo.

Resisto due ore, lasciandomi andare al prato ogni tanto, e poi risorgendo. Perché anche se non vedo tanto e non sento bene, voglio essere lì, fino in fondo. Voglio arrivare ai bis, ai pezzi in cui l'onda sonora dovrà arrivare con meno forza e con più penetrazione. E finalmente riesco ad apprezzare qualche accordo, qualche parola dei suoi testi, essenziali e profondi.

Ci sono stata. Fino all'ultimo. Una specie di miracolo per me.
La scaletta, se volete, ve la ripeto.


Musica senza fine



Ventidue e trentacinque.
La pillola non l'ho presa ancora, ma il cuore è tranquillo, batte nel verso giusto, il verso che porta a te.
Non conosco la meta del mio viaggio, ma è così bello viaggiare che non vorrei mai fermarmi, e infatti non hanno mai tregua le mie dita sulla tastiera, che scrivono e pensano, pensano e viaggiano, da te a me, da me a tutto quello che c'è fuori da me, vicino e lontano, soprattutto lontano, quello che non riesco a raggiungere, nemmeno con l'immaginazione, quello che fa rima con la musica che sentono le mie orecchie, fa rima con i sorrisi, le lacrime, la leggerezza, l'acqua e l'aria fresca sul viso.
Più tempo passa nei miei occhi e più è grande la voglia di respirarla e di assaggiarla tutta questa vita, di non lasciarne neanche un momento al caso.
Ma neanche uno di quei momenti, passati, presenti e che verranno, è senza note.
Tutto è musica nella testa, nel cuore e nelle mani. Per questo temo la morte. Il silenzio non fa per me.
Suona sempre amore mio, suona per me, anche quando penserai che non ti ascolterò.
Suona sempre, non fermarti mai. Suona suona suona...

Seal - Love won't let me wait

Padri


Padre è chi ama senza condizioni né riserve.
Chi fa crescere e cresce insieme ai suoi figli.
Chi trema per le sue scelte senza darlo a vedere.
Chi è capace di negare per poi concedere.
Chi infonde sempre fiducia e coraggio anche se lui non ne ha.
Padre è chi perdona, perché accettando di esserlo, ha messo in conto anche il dolore e ciò che ne consegue.

Sono fortunata, ne ho conosciuti molti di uomini così, che sanno fare da padre, in piccoli frammenti di vita o anche per anni, ad altri figli incontrati per caso lungo la strada. Senza volerlo, magari senza saperlo.
Oggi voglio ringraziarli tutti, quelli che sono e quelli che sono stati. Soprattutto per me.
Il mio, ovviamente, apre la fila...



Father, son, locked as one, in this empty room
spine against spine, yours against mine, till the warmth comes through
Remember the breakwaters down by the waves
I first found my courage knowing daddy could save
I could hold back the tide, with my dad by my side.
Dogs, plows and bows, we move through each pose, struggling in our separate ways
mantras and hymns, unfolding limbs, looking for release through the pain
and the yogi's eyes are open, looking up above, he too is dreaming of his daddy's love

with his dad by his side, got his dad by his side.
Can you recall how you took me to school, we couldn't talk much at all
It's been so many years and now these tears guess I'm still your child
Out on the moors, we take a pause, see how far we have come
You're moving quite slow, how far can we go father and son
with my dad by my side, with my dad by my side, got my dad by my side with me.


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