#Sanremo2014


Ci siamo. La conferenza stampa di oggi sancisce ufficialmente l'inizio del rituale sanremese.
Fazio - al suo secondo anno come timoniere, conduttore e direttore artistico - illustra il programmino con chiarezza e concisione invidiabili, aiutato da una Littizzetto in versione formale, stranamente silente.
Espone i temi del Festival ("La Bellezza" e "I 60 anni della Rai"), parla della straordinaria, romantica scenografia e passa la parola alla sua partner, che si mostra felice di essere nuovamente al suo fianco, soprattutto per aver di nuovo la possibilità di mangiare ancora gli "agnolotti di borraggine" e quella di vestire abiti firmati, quest'anno di Gucci.

Si parla di Pif (Pierfrancesco Diliberto), da MTV, che condurrà il Pre-Festival, ovvero l'Anteprima, e di Filippo Solibello e Marco Ardemagni di Caterpillar, che gestiranno invece il Dopo-Festival esclusivamente sul web, in live streaming. Ma si parla soprattutto di ospiti: Raffaella Carrà, Renzo Arbore, Franca Valeri, Claudio Baglioni, Gino Paoli, Enrico Brigano e Luca Parmitano (l'astronauta), facce di casa insomma (tra cui annoveriamo anche Laetizia Casta), tanto per fare da contraltare ad una serie di stranieri tra cui Paolo Nutini, Yusuf Islam (ovvero Cat Stevens), il cantautore belga Stromae e quello canadese Rufus Wainwright. Garantita anche la partecipazione di una parte dell'Orchestra Mozart, che renderà omaggio allo scomparso maestro Abbado.

Come al solito, a giudicare le canzoni (attenzione, non i cantanti!) saranno il televoto, la giuria della stampa e i giurati di qualità (solo nelle ultime due serate). Anche quest'anno, ognuno dei 14 big porterà due canzoni tra le quali il pubblico dovrà scegliere la preferita da portare avanti nella gara. Per i giovani, 8 nuove proposte che si preannunciano - come al solito - qualitativamente degne dei big. Il venerdì, serata "Sanremo Club" (sintesi tra Festival di Sanremo e Club Tenco Club) dove i Big potranno esibirsi in un altro brano, scelto tra le più belle canzoni italiane d'autore.

Dopo la prima mezz'ora di conferenza, Mauro Pagani è il primo a riportare l'attenzione su quello che dovrebbe essere l'argomento principale, la musica, e a prendere le parti dei musicisti, cercando di difendere e proteggere una categoria sempre meno considerata.
Duccio Forzano, il regista, ringrazia mamma Rai per il gioiellino tecnologico in regalo, una "spidercam", con cui fare incursioni soprattutto tra gli orchestrali, stipati a piani nella tanto decantata scenografia di Emanuela Trixie Zitkowsky (che ricorda un palazzo del settecento, ma scorda le esigenze tecniche e acustiche di chi lo occupa...) e comunica inoltre che quest'anno l'audio sarà in Dolby digitale 5.1, sia sui canali generalisti, sia sul digitale terreste sia sul web. Si sentirà la differenza?

Dopo una cinquantina di minuti la Littizzetto ha un sussulto, e in una piccola pausa infila un "Mangiamo?", pensando al rinfresco che segue ogni conferenza stampa che si rispetti (e motivo per cui tanti colleghi accorrono a certi eventi).
Fazio, professionale e sorridente, garantisce "canzoni non sanremesi... ma all'insegna della contemporaneità..." anche se con "un paio d'eccezioni evidenti". E promette "una settimana di leggerezza che, speriamo, faccia bene". Speriamo sia così.
E' difficile fare uno spettacolo leggero senza contare sul peso della buona musica.

Caterina Somma

lippo Solibello e Marco Ardemagni, conduttori di “Caterpillar AM”, uno dei programmi di punta di Radio2. - See more at: http://sanremo.blog.rai.it/2014/02/10/dopofestival-in-diretta-esclusiva-sul-web/#sthash.bM65zZkf.dpuf
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Felicità



Cosa vuoi?
Vivere
Cosa ti piace?
Piacere
Chi vuoi?
Chi mi vuole veramente
Non ti importa chi?
Importa che ci sia
Come vuoi essere?
Posso essere quello che voglio, ma anche quello che vuoi
Non t'importa essere te stessa?
M'importa essere felice. Come, dove, con chi, può variare
Cosa sogni?
L'amore. Che altro?

C.S.

John Mayer - Say what you need to say

Oltre il destino


Se crediamo che sia il destino a mettersi di traverso per evitare di farci incontrare, allora potremo dire che non ci riusciremo neanche stavolta.
Promettimi che non sarà così.
Con il sole o con la pioggia, per molto o per pochissimo tempo. In auto, in treno o a piedi. Qui o là.
Basta che finisca questo tempo, quest'attesa, che comunque amo perché ci ha fatto conoscere come non mai, come forse non avremmo mai fatto se avessimo continuato a vederci.
Te lo dico convinta, e forte del fatto che so che lo vuoi anche tu. E anche perché so che il sesso c'entra poco o niente. Ce lo chiede la testa.
Poi sarà... meglio, o peggio forse. Lo scopriremo solo col tempo.
Ma t'avrò visto.
T'avrò abbracciato.
Avrò sentito la tua voce, le tue pause, le tue risate.
Di nuovo. Da nuovi.
Il cuore ha bisogno di pace. Ed io ho sempre fatto quello che voleva.
Lo devo a me stessa.
Lo devo a te.
Lo devo anche a chi amo, e mi ama perché sono così.
Vera. 

C.S.
Baby Come To Me - James Ingram ft. Patti Austin  


O(E)rrori del mio tempo


Crescendo (o invecchiando?) ci si irrigidisce, si diventa insofferenti. Forse è per questo che oggi non sopporto tante cose. O, forse, ci sono cose che risultano veramente insopportabili... Magari a tutti.

Ero ragazzina, quando sentivo gli adolescenti romani che, ogni due parole, sentivano l'esigenza di ficcarci dentro un cioè. Mio padre me lo faceva notare, divertito. A me, sinceramente, faceva ridere fino ad un certo punto. Quando avevo davanti qualcuno che parlava così, avevo sempre l'impressione che il mio interlocutore avesse qualcosa in bocca di fastidioso da sputare. La generazione dei cioè diceva di avere tanto da spiegare al mondo, a me sembrava invece che non ci riuscisse proprio a spiegare nulla, almeno non a parole. Quello che più di tutto attirava la mia attenzione era questa massa di ragazzotti molleggianti a cui bastava infilare in un discorso parole come popolo, sistema, capitalista, società e, grazie a qualche cioè, il gioco era fatto. Chi ascoltava avrebbe dovuto aver chiaro quello che aveva da dire.
A quell'epoca ero troppo piccola per interessarmi al sociale né tantomeno alla politica, ma tutti quei discorsi mi lasciavano perplessa. Forse perché, dall'altra parte, avevo la fortuna di poter ascoltare gente che non aveva bisogno di nomi, avverbi e locuzioni per esprimere concetti a cui bastavano abbondantemente i termini dello Zingarelli per essere espressi. E senza che all'altro restasse il minimo dubbio.

Tutti quei cioè, non so se mi spiego, capisci, no?, biascicati tra una ciancicata (=masticata) e l'altra di gomma americana - in un discorso dove "il lei" era praticamente inesistente - distoglievano comunque la mia attenzione da qualsiasi concetto, anche il più sensato (qualcuno lo sarà stato di certo). Oltre al cioé, anche il praticamente non era male... Un altro tristissimo tentativo di spiegarsi meglio che però, rispetto al cioè, aveva una marcia in più. Il praticamente era "fico". Perché lo usava chi già aveva vissuto l'esperienza che stava per raccontarti e, in quel modo, cercava di rivelarti (per amicizia) la "dritta" che ti avrebbe facilitato la vita. Il praticamente non era odioso come il cioè, ma devo ammettere che, per quanto mi riguarda, la sua sopportazione dipendeva dal numero di ripetizioni nella stessa frase.
Ma non voglio fare un trattato sul post '68, non voglio parlare di figli dei fiori nè di fricchettoni. Poco cambia, per me, se a dire stupidaggini erano compagni o camerati. 
E non voglio nemmeno parlare degli intercalari più comuni usati in italiano di cui si può fare una lista lunghissima: dal voglio dire a un attimino, alle parole oscene più o meno desemantizzate o eufemizzate, ai forestierismi (you know, bon), ai termini dialettali o alle parole che appartengono al solo linguaggio giovanile (un sacco oggi un botto, bella oppure scialla...).
Ho solo voglia di mettere nero su bianco quello che non sopporto, oggi.

Lo ammetto: è stato l'avvento del piuttosto che usato impropriamente a farmi venir voglia di scrivere questo post. E mi conforta, una volta tanto, leggere anche su Wikipedia (qualcosa di buono si trova anche là!) che l'odio verso tale uso scorretto dell'espressione (leggetelo dopo, se vi va) non è solo mio.
Quello che avverto - e a quanto pare non sono la sola - è che se in passato l'uso errato delle parole così come degli intercalari era proprio di persone ignoranti o poco pratiche della lingua, oggi è un vezzo che sa di snob, e quindi colpisce trasversalmente, senza distintinzione, gente di ogni cultura, ogni età, ogni ceto sociale. 
La cosa triste è che praticamente nessuno si arrabbia, nessuno fa notare niente a nessuno, primi fra tutti alcuni colleghi che, spesso e volentieri, per radio, televisione e perfino per iscritto, incorrono in orrori del genere.
Cosa mi fa andare in bestia ultimamente? L'assolutamente sì (come l'assolutamente no). Forse, nella società odierna, veloce e distratta, si sente il bisogno di rafforzare ogni singola affermazione (o negazione). Ma a nessuno viene in mente che chi lo subisce, forse, potrebbe capire le intenzioni di chi parla grazie a semplici sì e no?

Bene. La scrittura ha assolto, come sempre, la funzione di sfogo. E naturalmente vi autorizza, da qui all'eternità, a correggermi, ogni qualvolta dovessi incappare in orrori simili.
Ora sono meno arrabbiata. E mi godo con voi Ruggero, il fricchettone.
Tanto di cappello al signor Verdone...

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