Crossroad

Per te è più importante il fine della strada che c'è nel mezzo. Per me è il contrario.
Perché la vita è quasi tutta strada.





Immutabile

Le cose che ti scuotono dentro sono sempre le stesse.
ll tempo passa, ma l'idea che cambino è un'illusione.
Non cambia mai.
L'esistenza scorre su un binario superiore, mentre vita e morte ti passano sotto. E l'amore resta sopra, come una coperta, come una scia luminosa che ti illumina la strada, come l'unica fonte di gioia, eterna, intoccabile, che ti è concesso di ottenere a tratti. Se sei bravo riesci ad afferrarlo diverse volte, anche se spesso ti scivola tra le mani. Anche se spesso lo guardi da lontano come un miraggio. Anche se spesso lo rimpiangi come non potesse essere goduto mai più.
Ma tu sei sopra. Tu guardi l'orizzonte e non lo perdi di vista.


Vivere

Oggi ho ripreso contatto con il mondo.
Un'ora davanti al mare, un cielo terso e un'acqua limpida da far commuovere.
Solo una camicia addosso e il sole sulla pelle, negli occhi gente serena, bambini, cani che si muovono senza fretta.
Tepore, suoni lievi, tanta luce e aria piena di aria.
Un tocco leggero al marmo e alla pietra che mi separano da quel che resta di mio padre e di un giovane amico che non abbraccio più da più di vent'anni e via, verso una distesa di blu che mi riconcilia con la vita. E poi si torna a casa.
Con la voglia di uscirne e venire da te, oppure andare altrove, ma vivere. Solo questo.
Vivere.

Carpe diem

Rientro in una delle categorie professionali obbligate ai corsi di formazione, pena l'esclusione dall'Albo.
A dire il vero, per salvarsi dall'estromissione sono sufficienti quindici crediti l'anno, per tre consecutivi, che vengono facilmente attibuiti dopo solo poche ore di corsi, seminari, workshop gratuiti che l'Ordine organizza in tutta Italia.
Partecipo con curiosità agli eventi, senza rientrare nella categoria dei colleghi che si siede all'ultima fila e passa quattro ore consecutive a chattare su Facebook in attesa che suoni la campanella e si possa finalmente mettere la firma per ottenere i sudatissimi crediti. Sono lì, tanto vale che ascolti.
Ne ho già seguiti alcuni di questi eventi. Se non da un punto di vista formativo, valgono almeno come spunto per farti venire dei dubbi. I dubbi sono sempre bene accetti. Non che io non abbia bisogno di "formazione", per carità, è solo che i famigerati "corsi" sono talmente brevi, rapidi e concisi che non possono non essere superficiali. E la superficialità, a me, indigna. Anche se è gratis.

Roma, sabato mattina, Teatro Argentina.
Mi sono iscritta ad un evento dal titolo "Raccontare lo spettacolo dal vivo. Linee guida per una deontologia nella critica di oggi". Finalmente un argomento che mi interessa. Dopo 20 minuti di fila per l'accredito assisto ad una prima parte - quella prima della sacrosanta, intoccabile "pausa caffè" - dove si parla di critica teatrale, tra colleghi che si occupano da sempre di teatro sulla carta stampata, sul web, sulle reti Rai, radio e televisive. Teatro, teatro, teatro. Testate di critica teatrale on-line, giovani imprenditori che scrivono per amore verso il teatro, giornalisti della rete che formano altri giornalisti a diventare professionalmente disoccupati, come loro. Anzi, mi correggo, occupati, ma non retribuiti. Interessanti le esperienze, numerosi gli spunti, desolanti la prospettive. Tanto che sembra che i pochi colleghi che ancora vengono pagati per fare questo mestiere se ne vergognino, contrariamente a tutti quelli che vanno decisamente orgogliosi delle loro prestazioni non retribuite.
E si parla di come sfruttare un'idea vincente, dare seguito ad un'intuizione felice, adeguarsi alle richieste dei numerosi e mutevoli fruitori online e godere del successo del momento, nel caso in cui si riesca a dare il servizio giusto, all'utente giusto, al momento giusto. Finchè dura.
Carpe diem.

Eventi del genere mi incuriosiscono. Ma quando sono perplessa il mio entusiasmo scema.
Così non chiedo nulla a nessuno, e aspetto con ansia  il "secondo atto" in cui però, come già scritto nell'ipotesi, viene solo confermata la tesi. Anche nella seconda parte dell'incontro si parla esclusivamente di teatro. Solo di teatro. Mah...
Rileggo con più attenzione il foglio dell'accredito. C'è proprio scritto "Raccontare lo spettacolo dal vivo". Cerco parole come teatro, teatrale, palcoscenico o qualsiasi altro termine che giustifichi il tema unico, ma non trovo niente.
Si approssima la fine dell'evento. Io non ho voglia di fare domande, l'ho già detto, quando sono perplessa e delusa mi mancano le parole. Ma com'è, però, che non viene in mente a nessuno di chiedere perché non si parla di altro? Come si può non parlare di musica? E di televisione? E, perché no, del balletto, del circo, dell'arte di strada...
Invece no. Fino alla fine, la critica teatrale dimostra con liquida sufficienza di bastare a se stessa senza nemmeno porsi il problema dell'esistenza di altro. Senza farsi venire il dubbio che possa esistere una fetta di colleghi che nella vita sono stati critici di altro.

Delusa e poco soddisfatta dopo quattro ore di chiacchere monotematiche, prima di lasciare il teatro vado a cercare la toilette. Cerco la sagoma femminile per individuare la porta giusta e mi metto in fila, anche lì davanti. Ma non posso fare a meno di guardare l'adesivo incollato sotto la silhouette della donnina. Incrocio lo sguardo di una collega: entrambi incredule (sarà uno scherzo?), condividiamo il primo e forse unico sorriso largo della grigia mattinata.

Complimenti alla fantasia del bravo massaggiatore che invita le signore a cogliere al volo le gioie dell'oggi.
Complimenti a chi, in un prestigioso teatro della Capitale, ha pensato fosse sufficiente limitarsi a cancellare i numeri telefonici invece di rimuovere prontamente l'adesivo.
Complimenti a chi ha dato il nome all'evento odierno.
Roma, 29.11.2014 - Teatro Argentina
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