Dopo essere stata tempestata di telefonate e messaggi per
ricordarmi l'appuntamento, precisare l'indirizzo, preoccuparsi della mia puntualità e del fatto che avessi o meno trovato facilmente parcheggio, eccetera eccetera, arrivo alla visita. Puntuale.
Ho preso appuntamento presso uno studio dentistico, che in realtà di
medico ha molto poco. In un turbinio di luci, colori e paillettes, mi sembra di essere entrata in una casa di tolleranza. Segretaria
pin-up con trucco da show girl, sandali gioiello tacco 12 (è dicembre), merce
abbondante (gradevole per carità) in bella mostra, che mi accoglie senza sorriso. Forse il trattamento che mi riserva è dovuto al fatto che sono vestita a caso, diciamo casual va', e strido con la fauna lì presente, tirata a lucido. Mi fa accomodare in
un ingresso-sala d'attesa piena di Babbi Natale appesi ovunque, tra diffusori
di essenze che emanano nuvole di vapore e musica natalizia diffusa mono che si
ripete in continuazione.
"Accomodare" si fa per dire, perché il divano è
occupato da tre/quattro fanciulle fatte più o meno con lo stesso stampino della
segretaria che masticano rumorosamente gomma americana mentre sguardo fisso ai
cellulari ignorano il fatto che stanno occupando tutte le sedute disponibili
con cappotti, borse, shopper e oggetti vari, come se il divano fosse solo loro.
Nel corridoio che ho davanti c'è un bel via vai tra porte
che si aprono e si chiudono, gente che ride in maniera vistosa e pazienti che
escono dalle porte chiuse con buste di ghiaccio sintetico sulle guance e uno
via l'altro si infilano nel bagno alla mia destra. Suppongo per smadonnare
senza essere visti.
Dopo 20 minuti di attesa in piedi, mentre la pin-up va su e
giù per le stanze sculettando a profusione, da una porta esce una dottoressa
che chiama il mio nome. Occhio, il nome ho detto, non il cognome. Ma chi ti
conosce. La dottoressa, presumo, scusandosi dell'attesa mi dice che porta un
po' di ritardo. Le chiedo "Scusi, quanto?", mi risponde "C'è da
aspettare almeno un'oretta, mi spiace... non prendo io gli appuntamenti".
Penso che magari lesinando chiacchierate e risatine avrebbe potuto dispiacersi
meno ed essere più puntuale. Ma a quel punto, sollevata per avere un valido
motivo per darmela a gambe, ringrazio, saluto e finalmente imbocco la porta
d'ingresso e scappo via, felice di essere finalmente uscita da quella suburra
da incubo. Per mezz'ora ho creduto di essere in un film su una realtà
distopica, anzi no, sembra Pleasantville. Confesso di essermi perfino guardata
in giro per capire se ci fossero videocamere per girare una candid.
Ma quando penso di essere finalmente salva squilla il
cellulare: un incaricato del Centro vuole sapere se ho trovato lo studio. Mi
assale il dubbio, anzi la quasi certezza, che detta organizzazione abbia a che
fare solo con persone deficienti, e se così non fosse non capisco perché
trattino i clienti come tali.
Rispondo: "Sì l'ho trovato, grazie, ma la dottoressa
portava un'ora di ritardo e sono dovuta andare via". E ometto il fatto di
essermi pure traversata tutta Roma per un preventivo mai fatto.
Pessima mossa gente. Pessima pubblicità, quella che volentieri farò.
Tanto gli dovevo. E Buon Natale.
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.