Uno l'abbiamo trovato!

Stavolta dicono sia proprio vero! Un altro pianeta compatibile con la vita l'hanno trovato veramente.
E' roccioso, abbastanza grande (4 volte la terra) e un po' freddino (la temperatura media di superficie oscilla fra i -31 e i -12 gradi centigradi), ma ci si può andare. Si trova a soli 20 anni luce dal nostro sistema solare.
Nonostante sia nella costellazione della Bilancia, non sembra però molto... poetico.
Già dal nome. Si chiama Gliese 581g. Impiega solo 37 giorni per fare il giro intorno ad una Nana Rossa (noi abbiamo IL SOLE, sigh). E attorno alla nana girano solo altri 5 pianeti (in caso di trasferimento, sarebbe da rivedere tutta la materia astrologica!).
A occhio, sembrerebbe andar bene per eremiti eschimesi in cerca di rapide, mezze stagioni, da vivere in assoluto silenzio...

Però sarebbe ottimo per spedirci - con biglietto di sola andata - quelli che sputano sulle bandiere, che fischiano gli inni nazionali o che tirano scarpe in Parlamento.
E a tutta un'altra serie di animali, di cui mi riservo di suggerire il nome in un secondo momento.

Cocaina

Chissà perché questa è una di quelle parole che fanno tanto clamore.
Io non la uso e non la userei perchè ho paura di perdere il controllo, ho paura di star male, perché non voglio nuocere ad altri e, soprattutto, perchè non voglio alimentare il suo mercato. Io no.
Ma non capisco perché faccia tanto effetto sapere chi e quanti, non capisco la morbosità relativa a chi la consuma, il disgusto e il disprezzo, almeno apparente, da parte dell'opinione pubblica, verso chi ha deciso di fondersi il cervello, per scelta. Come se, per farsi un'idea di qualcuno, si debba frugare nel suo guardaroba o nel suo frigorifero.
Quando guardavo giocare Maradona non pensavo alla droga che si faceva, quando vedo un Van Gogh non mi chiedo se le sue allucinazioni erano naturali, quando canto un pezzo dei Beatles non sto lì a chiedermi se è stato partorito prima o dopo aver fumato chissacché.
Affaracci loro. 
Il problema è un altro.
Morgan non è John Lennon, Elisabetta Canalis non è Marilyn Monroe.
Se Elvis è morto soffocato dalla sua bulimia, per me è stato strangolato dalla fame di successo.
Se Michael Jackson è morto per un sonnifero di troppo, per me è non si è più svegliato per la paura di ritrovarsi solo con se stesso.
Che usassero o meno la droga, secondo me, è qualcosa che lascia il tempo che trova.



vincent van gogh - wheat field under clouded sky (1890)

Si perdona tutto, tranne il dolore


 
"Si dimentica prima una ferita che un insulto"
(Philip Dormer Chesterfield)
Capita.

Anche a Belen è capitato.
Quello che definisce il suo addio definitivo (ma chi ci crede) a Fabrizio Corona - secondo l'intervista che la ragazza ha rilasciato a "Vanity Fair" - sarebbe dovuto a questioni di fiducia "anche perché è capitato, negli ultimi tempi, che non mi fidassi di lui...", ammette. Non è una delle tante crisi passeggere, a sua detta, si tratta di un addio definitivo. Per i maligni, forse nessuno dei due trae più beneficio dallo stare insieme all'altro. Per i romantici, la passione è finita. Oppure.

Oppure è veramente una questione di fiducia persa. Fiducia: la quintessenza di un rapporto d'amore. Una volta perduta, nei confronti di una persona, difficilmente si recupera.

Sembra incredibile. Eppure è così. Gli errori si fanno, gli errori costano, gli errori fanno male. E si fanno. Ancora. Lo stesso. Bugie, sbagli, menzogne. Orrori dell'anima. Che procurano fratture all'osso che, una volta spezzato, non si risalda mai nel modo giusto. O si risalda e poi si spezza. O fa male quando cambia tempo. Per ricordarti che la frattura è stata piccola ma dolorosa, grande anche se silente. Come un tarlo, scava silenziosa, anzi mica tanto, finché distrugge il materiale di cui si nutre e manda tutto in pezzi. Silenzioso, il sospetto che nasce dalla mancanza di fiducia, lavora dentro e combatte per vincere la guerra, non la battaglia.

Le battaglie durano anni, decenni. Ma alla fine, quel tarlo, la vince quella guerra.
Capita.

Er popolo se vo' fa' sentì!

I mondiali di calcio sono un appuntamento estivo che nessuno può né vuole schivare completamente. L'amor di patria (ma forse di più l'amore per il pallone) ci impone di sederci davanti allo schermo per fare il tifo per gli Azzurri, così come ci sentiamo quasi obbligati, il 2 Giugno, a dare uno sguardo al cielo di Roma per cercare di avvistare le frecce tricolori. Un orgoglio.

Sono italiana e me ne vanto. Insomma, non me ne vergogno. Adoro questo paese e la mia città, quando me ne allontano troppo a lungo mi manca l'aria e riprendo a respirare quando riabbraccio smog e monumenti, epiteti e parolacce, tramonti e sguardi, gatti e umanità varia, che a Roma vivono gli uni a contatto degli altri in fraterna, totale, millenaria sopportazione. E orgoglio.

Nessun paese al mondo è così.

I Mondiali di calcio, però, vanno oltre l'orgoglio nazionale. Sono un evento la cui eco si diffonde in lungo e in largo, in basso e in alto, dentro la testa e nei cuori.

Puntuali, al primo incontro dei Mondiali, tutti abbiamo acceso la tv. E tutti, ma proprio tutti, abbiamo provato un terribile fastidio per quell'odioso frastuono che, incessantemente, ci tiene compagnia per tutta la durata della partita. Eppure lo sapevamo. Lo sapevamo che le vuvuzelas facevano tutto quel rumore...

I corni di plastica, simbolo della tradizione calcistica sudafricana, non piacciono a nessuno. I calciatori si distraggono, i tifosi non si godono la partita... Nonostante le lamentele ufficiali, la FIFA non può intervenire. Giusto. Io - sarò antica - al secondo incontro ho abbassato l'audio della tv e ho acceso quello della radio. Da lì, le trombette africane non danno tutto quel fastidio. La partita me la godo lo stesso. E ho smesso di lamentarmi.

Eppure, con mio grande stupore, c'è tanta gente che... corre a comprarsele. Non volevo credere ai miei occhi. Il 18 giugno, fila di un'ora, a Milano, per accaparrarsi quelle offerte gratuitamente dell'ente del turismo sudafricano (alla South Africa House, in viale Monte Nero - date un'occhiata a questo link).

La mattina seguente sono sull'autobus, in via del Corso, e sento le famose trombette. Fastidiosissime. Ma chi le suona? C'è una manifestazione davanti a Montecitorio. E i manifestanti sono lì, con striscioni, catene e tamburi ma, soprattutto, con tutto il fiato che hanno per soffiare la loro rabbia dentro a quelle trombe. Ho capito.

Le vuvuzelas non le sopporta nessuno perciò...  sono ottime, per fare casino.
Avranno un gran successo.

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