Diversità

Che poi scrivere serve molto più a me che agli altri. Che è l'unica cosa che non mi fa sentire i dolori, il tempo perso, la vita che passa. Serve a sentirmi eternità e passato, a ricordarmi che quello che è stato a qualcosa è servito, che forse ho lasciato traccia nella vita degli altri. Perché il tormento di noi viventi è di passare senza che nessuno se ne accorga. Per questo qualcuno figlia, e qualcun altro sente il bisogno di creare bellezza. O bruttezza. Essere ricordati è così importante che a qualcuno va bene anche se succede nel male.
A tratti mi sembra di essere oltre. In fondo ho capito di aver scelto, e da parecchio tempo, di spendermi per gli altri piuttosto che essere qualcuno. La mia vita tutto sommato è già stata, ed è stata nell'amore per la vita.
E allora perché il tormento resta? Perché manca sempre un gesto, un tramonto, un bacio per sentirsi completi? Vivo nel servizio altrui e mi perdo nel sogno di una vita lontana, dove ho già conosciuto i gesti, le mode, le persone. Le ho toccate, amate, perdute. Le ho rese felici per attimi che ricordo come eternità e le ho viste andare, incontro ad altre storie lontane dalla mia, come se il contatto non ci fosse mai stato. O forse no.
Difendo la diversità e strenuamente mi batto per sostenerla, ma la mia sembra essere unica, e non contemplata da quasi tutti gli esseri incrociati. Pretendo, voglio, rubo, con gli occhi e con l'anima, ma restituisco a piene mani, col sorriso e con le lacrime, con sudore mai compreso. Mai pagato. Sento battiti di cuore che non hanno età e mai l'avranno. Anche quando stanchi decideranno di cessare. Ma penso che io sarò, comunque. E sinceramente, sapere dove, come e quando comincia a stuzzicarmi molto di più di quanto facciano gli aneliti terreni.


Augurare rispetto

Se mi piace cucinare lo devo ai miei nonni. Non perché fossero grandi cuochi, ma per il rispetto verso le materie prime e la grande attenzione che mettevano nella preparazione dei piatti. Che secondo me venivano buoni perché si sentivano curati e coccolati. Già, ai cibi non piace essere strapazzati e mischiati alla rinfusa e se li prepari con amore se ne accorgono e si dispongono più volentieri in maniera armoniosa.
Fin da piccola ho imparato la precisione nel dosare gli alimenti con la bilancia a due piatti di legno, marmo e rame con i pesetti di piombo, talmente grande da non entrare in nessuna cucina moderna, e la pazienza necessaria per stendere la pasta su un piano di legno ormai concavo per l'usura nascosto sotto un'alzatina di cucina. Che siccome era pratico ora nessuno più produce. Di nonna conservo due teglie di alluminio formato famiglia (allargatissima) che mi sono portata a casa e che mai userò. Di nonno invece custodisco i gesti regolari delle mani che sciacquano il baccalà sotto l'acqua corrente ogni mezz'ora, per tutta la giornata, e gli odori delle spezie utilizzate per frollare la cacciagione, che mai più mangerò.
La conoscenza e la coscienza di oggi mi impediscono di mangiare uccelli, interiora e cuccioli di animali, di cui un tempo si faceva largo consumo. Ma questa è un'altra storia... Oggi voglio parlare di cosa significava vedere i miei nonni al lavoro. Era come andare a scuola a leggere un libro di cui sapevi che prima o poi avresti dimenticato tutto. Perché quello che c'era scritto in fondo non importava più di tanto. I miei nonni non mi hanno lasciato libretti di istruzioni ma modi di approcciare le cose, di manovrare la materia. Modi misurati e sapienti, a volte sbavati dall'improvvisazione ma mai sbagliati. Mia nonna bruciacchiava regolarmente tutto quello che cucinava. Ma quando ci sedevamo a tavola eravamo tutt'altro che tristi. Mangiavano nel tempo necessario, parlavamo, ridevamo. Due volte al giorno. Tutti i giorni.
Ci vuole rispetto per quello che c'è in tavola. Rispetto per chi lo prepara. Rispetto per chi mangia a fianco a te. Rispetto, per quello che stai facendo mentre lo stai facendo. Rispetto per il tempo e lo spazio.
Il mio augurio e la mia speranza, in questa Pasqua, è di avere sempre il giusto riguardo per le cose e per tutti gli esseri viventi. Il guadagno è di tutti. 





Cantanti

Cantano. Così dicono. Che cantano. Ma cantare è una cosa precisa. Che non serve saper fare per guadagnare visualizzazioni. Quindi io non capisco la necessità di chiamarli cantanti.
Artisti. Così si definiscono quando non reggono la definizione precedente. Ok. Ma l'arte ha una proprietà ben precisa: la durevolezza. L'eternità, l'indistruttibilità, la perennità.
Quindi io aspetto.

Metamorfosi

Metti che hai sette, otto anni.
Metti che sei una bambina felice, con una mamma e un papà, tanti amici e un cane. Metti che un giorno ti svegli e il tuo cane non c'e più. E non c'è più nemmeno quella bambina felice del giorno prima. Lo hai visto disteso ai margini di un marciapiede, immobile, con gli occhi sbarrati e il sangue vivo che dalla testa cola lentamente in un tombino.
La morte ti cambia. Quella di ogni essere che ami fino al momento prima di non essere più. E ad ogni morte tu sei una cosa diversa. Ma cosa diventi dopo dieci, venti, cento, mille morti dopo? Bocca serrata e cuore d'acciaio fingi di essere la stessa di sempre. Ma la stessa è assieme ai cadaveri che hai sepolto.
Tu sei altro. Inevitabilmente.

 

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