Noi no.

Quei due sono sempre dietro l'angolo, e occorre pazienza e lavoro duro per non diventare così. Gli altri brutti sé sono sempre in agguato. La voglia di arrendersi arriva ad ondate, ma per fortuna le onde arrivano e poi vanno via.  Aver già speso ogni lacrima può fare la differenza?


Non è niente
e tutto sta in quel niente
e tutto sembra uguale a sempre
intanto i due lì accanto
sono quasi al conto

Lui non parla tanto e spiega
come un maschio alla deriva
con il raschio che gli annega
giù nella saliva

Lei ha un'aria persa
da uscita di scuola
e ogni tanto si versa
una mezza parola

Lui si sofferma
a guardare l'orario
ma la vita ferma
su un altro binario

Cuore e amore
qui non fanno rima
non è come un quiz
e quella giusta è l'ultima risposta
non la prima

Lei che fa una faccia apposta
e sbraccia nella luce brutta
che si butta sul vestito
che la tocca tutta

Lui con la ruga
di quando è un po' tardi
la linea di fuga
di tutti i suoi sguardi

Lei è già quell'altra
che ha la stessa voce
ma un po' meno scaltra
e un po' più feroce

Lui vede sé dentro un riflesso
Lei che non c'è sempre più spesso

Ma che cosa è mai
è splendore per pochi angeli
è dolore per tanti diavoli
e per gli uomini è amore
Specchio degli déi
che a sorprendersi lì dà i brividi
fino a prendersi graffi e lividi
ed arrendersi come quei due

E sono aghi di pino
al vento che ha soffiato su
un momento
per buttarli lì vicino
e illuderli di aver volato

Lui ha un sorriso più smagliato
e si specchia e taglia
strade di tovaglia
e quella storia vecchia
che già impaglia

Lei che s'appoggia
e si riempie il seno
e su guance di pioggia
occhi d'arcobaleno

Lui l'accarezza
col dorso di una mano
e quanta bellezza
che cade lontano

Lei a mento in su e un lato solo
Lui a testa in giù caduto in volo

Ma che cosa è mai
è un rumore di quanti battiti
è un rancore di troppi fremiti
e per tutti è l'amore
Favola da eroi
che pretendersi lì è da stupidi
per nascondersi poi da pavidi
e perdersi come quei due

Non è niente
e tutto sta in quel niente
e tutto sembra come sempre
non è niente
e intanto i due lì accanto
sono al conto

Ma che cosa è mai
è il bagliore di alcuni attimi
è l'errore di mille secoli
e per sempre è l'amore
amore e muore prima o poi
con lo svendersi il cuore e l'anima
con lo spendersi ogni lacrima
e rendersi conto che siamo noi
quei due
Non riesco a non pensare a quanto sia incredibile la vita, al fatto che esista qualcosa di incomprensibile che ti fa decidere in un battito di ciglia che quello che stai guardando, che l’essere che è lì, davanti a te, lo conosci eccome, l’hai sempre conosciuto, senza il bisogno di fare la sua conoscenza. E non importa se poi lui c’è o non c’è più. Se lo vedi o non lo vedi. Tanto lo senti. Va bene anche non volerlo. Va bene tutto. Importa che tu abbia avuto modo di sapere che c’era. Che c’è. E pure che forse non ci sarà.

Qualunque sia il destino a cui siamo legati, il fatto che quella cosa sia accaduta, che quell’incontro di anime ci sia stato, è lì come un faro nella notte, che fa strada quando è buio nel mondo e illumina ancora di più quando è più buio nel mondo di dentro. Non è un appoggio, non ti sostiene, non ti risolve i problemi, non ti porta per mano. Ma quando resti ad occhi chiusi con te stesso, la sua essenza ti rassicura e non ti fa sentire mai sola. Non ti fa avere paura di quello che sarà. Perché hai l’assoluta certezza che se esiste ciò che non esiste, niente di quello che non conosci può farti così paura.
Magari dopo, più in là e oltre, ci sarà una dimensione dove l’impossibile è reale, dove chi ha avuto più paura potrà godere la pace della tranquillità e dell’amore incondizionato. Là dove niente è peccato, niente proibito, dove non c’è menzogna né ricatto, dove il coraggio non è una dote, dove dare è normale come ricevere.

Scende qualche lacrima che si asciuga da sola all’idea che potrebbe essere così anche qui, anche ora. Ma no, qui non è così.
Tutti giù per terra. Il girotondo è finito. 
E allora mi riempio gli orecchi di musica fino a farla traboccare, mi riempio la testa di note e di parole, di vibrazioni che mi fanno sentire viva...
(...continua su carta)

Ah beh, sì beh


E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re...


Una speranza di nome Francesco


Ieri mattina, per le vie del mercato rionale di Testaccio, il pescivendolo commentava il brutto tempo e la mancanza di acquirenti aggiungendo "Semo pure senza Papa...". In effetti, siamo tutti un po' orfani senza di lui, a Roma un po' di più. Qui, non se ne può fare a meno.
Ma perché c'è tanto "bisogno di Papa"?

Sarà che sono in un momento delicato della mia vita, sarà che fondamentalmente sono cattolica, ma io quest'elezione la aspettavo con ansia. La sede vacante, con un emerito in pantofole che aspetta il suo successore, mi faceva strano.
Come tanta gente, anch'io ho guardato in diretta il comignolo della stufa della Sistina, per poter finalmente veder uscire quel fumo bianco. E ho gioito, come tanti, quando è stato certo che il colore fosse quello giusto. In questi momenti, un cattolico non può pensare ai crimini della Chiesa, ai preti pedofili, ai segreti di Stato. Non dimentica, no, ma il suo pensiero non può essere lì. Non può.

Un cattolico guarda gli occhi del nuovo arrivato, osserva il suo viso, il mondo di gesticolare, il tono della sua voce. Cerca di cogliere e condividere l'accenno di un sorriso, di scorgere esitazioni e paure.
Pensa alla speranza di avere un padre nuovo, buono, onesto, che sia di conforto ma soprattutto di esempio. Perché la Chiesa, come l'umanità, è fatta di uomini. E l'uomo buono, che cerca con l'esempio di riformare un sistema marcio, non può essere paragonato a chi, i crimini, li ha commessi in prima persona.
Sì, è ovvio, credo nel perdono dei peccati. Ammesso che ci sia un sano pentimento. Ma non so se riuscirei a perdonare veramente chi, per questioni di potere, cammina sopra i diritti degli altri.
Eppure, da ottimista, penso che un sistema marcio possa riformarsi più dal di dentro che da fuori. Più facendo parte di quel sistema, in maniera attiva, che criticando, passivamente, dall'esterno.
Se ognuno di noi lo facesse, nel suo infinitamente piccolo orticello...

E intanto vivo, penso, leggo.
Così su internet, dai giornali e dalla bocca della gente, vedo e ascolto tante voci diverse.
I sensazionalisti parlano della presunta collusione di Bergoglio con la dittatura argentina, del suo modo agire politico tra i politici. Ma sono già stati smentiti, e a farlo sono noti esponenti anticlericali. Se lo dicono loro. Qualcuno lamenta la provenienza del papa da uno degli stati più misogeni e antianimalisti del mondo. Ma lui rifiuta la stola d'ermellino. C'è poi chi estrapola frasi incredibili dai discorsi dell'arcivescovo di Buenos Aires, come "Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici." Su Facebook ci si chiede se l'abbia detto veramente. Prima o poi lo sapremo. A qualcuno non sembra un papa "stabile", e ironizza "Bergoglio zoppica vistosamente. Dio a Scola: 'Scaldati!'". 
Ma c'è tanta gente, la maggioranza, che ha visto qualcosa di buono negli occhi del nuovo arrivato, nei suoi gesti così poco solenni, nelle sue parole semplici, dirette, emozionate. Qualcuno dice che "Francesco spacca", che "è un genio", che "emana una bella luce", che "somiglia ad Albino Luciani" (il che non può non essere di buon auspicio). Qualcuno, lo riporto per dovere di cronaca, vede in lui il "Papa Nero" di Malachia. Non d'aspetto, ma di toga... (quella dei gesuiti). Che sia davvero lui l'ultimo papa? 

Torniamo ai fatti. 
Fino ad ora, Bergoglio ha vissuto in un piccolo appartamento, ha sempre utilizzato i mezzi pubblici per gli spostamenti. La sua sobrietà è leggendaria. E comunque, durante la dittatura argentina, salvò preti e laici. L'ha fatto.
Di primo acchito, Francesco appare ai più un essere umile, gentile, sensibile. Anche se, innegabilmente, l'unico aggettivo che mi viene in mente dopo aver sentito il nome pontificale che ha scelto, è: furbo. Ma non è una colpa esserlo, semmai un merito.

Francesco. Un nome, un programma.
Perché tutti - in questo momento storico ancora di più - abbiamo bisogno di spogliarci del superfluo.  
Perché il mondo, per la sua salvezza, ha necessità di distribuire equamente le proprie ricchezze.
Perché sulla terra, per sopravvivere, uomini, donne e animali devono riuscire a parlare la stessa lingua.
Magari fosse vera l'intenzione di seguire la strada del santo.

Sarà la storia, come sempre, a dire chi aveva ragione.

© Caterina Somma - Tutti i diritti riservati
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