Quell'amore là che degli amori non ha i guai


Perché nessuno ci crede?
Perché non è possibile, per qualcuno, credere che si possa scegliere di non volere?
Ci siamo baciati una sola volta, e subito dopo abbiamo riso, ne abbiamo riso così forte da far tremare tutto il mondo di quelli che credono di sapere tutto, che sanno, che invidiano, che insinuano e che sono bravi a trarre conclusioni. Tutti quelli che non credono che il mondo sia fatto di esigenze diverse, che non hanno a che fare con la carne, o almeno, ne hanno a che fare in maniera marginale, solo perché ti hanno insegnato che un uomo e una donna si attraggono, e anche tu, infarcito di luoghi comuni, confondi l'attrazione fisica per un altro tipo di urgenza.
Ma capita, per fortuna, di farle certe esperienze, e solo quando ti ci scontri capisci che quello di cui parlano gli altri non c'entra affatto con quello che stai vivendo tu.
Sono fortunata, non c'è che dire. Sono riuscita a godere di rapporti così, e non solo con te. Rapporti che mettono paura ai non educati sentimentalmente, a chi non riesce a sentire, perché fanno impallidire il più grande degli amori, che pure finirà, come è finito tutto il resto, come finirà anche quello che sto vivendo.
Nascere di sesso diverso è solo un'opportunità in più. Che io non voglio smettere di cogliere, perché la vita è prendere e dare, e niente altro. Ed è quello che voglio più di tutto. E non solo da un figlio, da un padre, da un marito. Non mi basta. Voglio quello che mi apre il cuore e la mente, voglio quello che mi fa ridere e che mi fa piangere, voglio tutto se posso averlo senza pretenderlo e senza comportarmi male.
Lo so cos'è il male. E non è questo.
Continua a ridere degli altri, amico mio, anche se ci hanno insegnato che non si fa. Continua a non dubitare di te stesso, anche se ci hanno detto che sarebbe sempre meglio farlo. Continua a credere di essere il migliore, perchè lo sei, perché ognuno, a modo suo, lo è.
Quando ci ritroveremo, riderò forte anche io, con te. Nel frattempo, lo farò da sola, quando nessuno capirà...
Brothers in Arms, Dire Straits
C.S.

Amori & Amicizie

Errori. Se ne fanno tanti.
Ma servono per imparare, per crescere, per non sbagliare ancora.
Eppure non si è mai immuni dal pericolo di cadere in errore. Certe volte non essendo nemmeno certi di averlo commesso.
Ok, ricomincio.

Una bambina nasce, cresce, diventa una ragazzina. Gli ormoni fanno il loro dovere e ad un tratto i rapporti con le altre persone cominciano ad essere diversi, a seconda del genere con cui si ha a che fare. Si fa presto a generalizzare, a dire non è il sesso a fare la differenza. Invece è così. Da una certa età in poi, rapportarsi con persone di genere femminile o maschile non è la stessa cosa.

Io questa differenza non l'ho mai capita. Almeno non la capivo allora.
Era per questo motivo, forse, che dai coetanei maschi con i quali mi trovavo bene - spesso meglio che con le femmine - ero sempre trattata da pari. Ero trasparente, pulita, disinteressata. Ero una di loro, con attributi diversi. Ecco.
Il problema sorgeva nel momento in cui i ragazzi si accorgevano di tali attributi. Quelli che li gradivano, improvvisamente, iniziavano a comportarsi in maniera strana, cercavano di fare i simpatici, diventavano spiritosi. Quelli che non li gradivano, cominciavano a farsi venire in mente che il mio interesse per loro doveva nascondere secondi fini, i quali, anche se inestenti, mi facevano diventare fastidiosa, persona da scansare. E poi ce n'erano altri che li vedevano ma non li guardavano. C'erano gli amici veri.

Difficile che un uomo creda alla tua amicizia. Più facile se ci sei cresciuta insieme, più difficile se l'hai conosciuto da adulta; difficilissimo se l'uomo in questione possiede doti narcisistiche; e quasi impossibile se trattasi di gran fico.
Eppure è così semplice essere amica di un uomo. Scevro da invidie e gelosie, il rapporto con un essere maschile è divertente. E' scarsamente impegnativo, non vincolante, leggero ma inossidabile. Finchè...

L'amicizia tra uomo e donna ha un limite: può interrompersi bruscamente senza che tu lo voglia.
Perché, se la fidanzata, compagna, moglie del tuo amico comincia a vederti come un pericolo, l'uomo in questione, per quieto vivere, può scegliere di sacrificare la tua compagnia. Questo tipo di comportamento, è ovvio, attiene all'intelligenza, non al sesso delle persone, ma accade tante di quelle volte che statisticamente la cosa diventa rilevante. La fidanzata di turno ti odia. E lui si defila. Prima o poi, però, torna. Anche questo è successo così tante volte da essere rilevante. Perché le fidanzate passano, le vere amiche restano. E lui, con un sorriso smagliante immutabile nei decenni, si riaffaccia nella tua vita, in cerca di quell'affetto sincero che gli hai sempre regalato senza chiedere certezze nè garanzie.

La soddisfazione c'è, ma si paga. Si paga, talvolta, con prezzo dell'impopolarità, perché nessuno crede alla tua buona fede. Si paga con il rischio di perderlo ancora, il tuo amico. Perché qualche figura femminile più importante, prima o poi, prende il sopravvento. Per un anno, cinque o trenta.
E tu, da un giorno all'altro, non puoi più dare nè ricevere. E allora ti domandi, ti arrovelli, per capire se la colpa è di qualcuno, di qualcosa, o magari proprio tua, perchè sei stata troppo invadente, troppo presente, troppo qualcosa. Inutile farlo, tanto una risposta non c'è quasi mai.

Errori? Se ne fanno tanti.
Ma aver dato e continuare a dare affetto non è mai un errore.


Stupidi

Ogni adulto ha delle certezze. Poche, ma ne ha.
E' certo di dover fare sacrifici per ottenere le cose (ma comunque sa che esistono lotterie o grandi fratelli che, a qualcuno, danno una mano).
E' certo dell'affetto dei genitori (ma su questo, dopo aver capito che non sono immortali, non può contare per sempre).
E' certo dell'importanza di alcuni valori (ma spesso può metterli da parte, per convenienza temporanea, tanto si fa presto a riportarli in auge una volta autoassoltisi dai propri peccati).
Meglio affermare che ogni adulto crede di avere delle certezze.

Io non ne ho mai avute, a dire il vero. Ho sempre creduto che "volere" significasse "potere". E questo è anche vero, fino a un certo punto.
Io non ne ho mai avute di certezze, dicevo, fino ad un certo giorno.
Una calda sera d'estate, in risposta ad uno dei tanti attacchi subdoli da parte di gente senza cervello e senza attributi, ho capito di averne una. Una sola, enorme, certezza: quella di aver capito che il mondo si divide in due sole, uniche, macro categorie: stupidi e non.

Stupidi, sì, perché stupido è la parola perfetta che riassume esattamente una persona che non capisce. Che non impara dai propri errori. Che non comprende che il suo bene è strettamente connesso a quello degli altri, e che ogni azione egoistica, nel senso riflessivo del termine, prima o poi, gli si ritorce contro. E fa male. A tutti. A tutto.

Non è per smentire la mamma di Forrest Gump, che aveva saggiamente istruito il figlio spiegandogli che "stupido è chi lo stupido fa". La signora Gump aveva senz'altro ragione. C'è chi si comporta da stupido, di tanto in tanto, e chi invece fa finta di esserlo.
Ma, putroppo, c'è una grande quantità di gente che stupida lo è davvero. Di nascita. Per carenza, insensibilità, incapacità. E non ha nemmeno speranza di salvarsi dalla sua stupidità, perché di essa si nutre, si pasce e gode. Spesso insieme ai suoi simili.

A parer mio, tra gli esseri umani non esiste nessuna altra differenza degna di nota al di fuori di quella sopra descritta. Ogni distinzione, etichetta, categoria - al di là della funzione anagrafica - è opinabile, contestabile, aleatoria. Dal punto di vista psicologico non ha nessun senso distinguere la persone dalla razza, dal sesso, dalla lingua, dal credo.
Non sono le differenze a creare scompiglio. La differenza è ricchezza.
Quello che crea disastri è sempre e solo la stupidità. Dote trasversale, che colpisce tutti, poveri, ricchi e potenti, quelli che fanno più danno di tutti.

E' per colpa di esseri stupidi se si fanno le guerre. E' per colpa degli stupidi se esiste il terzo mondo. E' sempre per colpa di gente stupida se la terra in cui viviamo soffre e muore.
Stupidi, perché non sanno vedere oltre. Perché non hanno capito che fare del male agli altri significa farlo a se stessi. Perché non capiscono che far inaridire il giardino del vicino significa perdere qualcosa di bello da vedere oltre lo steccato. Perchè non si rendono conto che la coscienza sporca non si pulisce con il volontariato.

Un signore, duemila anni fa, ha cercato in tutti i modi di spiegarlo. Non c'è riuscito lui, non pretendo di farlo io.

La mia certezza, è ovvio, è condivisibile o meno. E forse non è nemmeno una certezza da mettere in piazza. Ma sono un essere umano anch'io e la mia dose di stupidità, stasera, mi ha detto di farlo.
Ognuno ha le sue certezze. Sarei lieta di poterne comprendere altre, di altri.
Per quanto riguarda questa, visto che è l'unica, vogliate perdonarmela.

Chi non salta. E dice lo stesso.

Odio le domande del tipo "Chi è il tuo cantante preferito?".
Non ho mai risposto, e ho sempre sperato che nessuno me lo chiedesse mai. Non sopporto schemi ed etichette, perché la musica è emozione, e le emozioni non vengono dai "generi" ma dalle persone.

Ognuno di noi vive sulla propria pelle un po' di musica, a seconda degli anni in cui è cresciuto. Non si può sentire tutti, non si può seguire tutti.
Io Edoardo Bennato l'ho vissuto e amato durante l'infanzia e l'adolescenza, e forse è anche questo che me lo fa amare così. Ma adesso, parlandone, quello che mi viene in mente su di lui è altro. Perché, pensandoci bene, lui è esattamente quello che io penso debba essere "il" cantautore italiano.
Perché l'Italia non è solo tarantella e mandolino ma da lì viene, perché gli americani hanno lasciato il segno, perché nonostante la globalizzazione della musica nessun popolo può dimenticare il suo suono. Perché lui - lo dico per chi non può fare a meno delle definizioni - lui è rock, pop e folk allo stesso tempo. Come l'Italia.
E anche perchè i suoi testi sono importanti come la sua musica, perché si rivolge a tutti, anche a chi non può o non vuole capire. Perché ha sempre promosso la forza del pensiero. Perché sa esprimere efficacemente quello che vuole, grazie a tecnica ma anche, e soprattutto, poesia. Quella poesia che libera le sue parole da qualsiasi orpello politico e lo fa amare anche da chi non l'ha vissuto.
Perché è anche di più.

Adesso che sono grande, e che scrivo per vivere, non posso esimermi dal giudicare il suo mestiere, fatto da sempre con grande rispetto e competenza, con serietà e abnegazione, con gioia, umiltà e passione. Questo è ciò che mi arriva dal suo lavoro, fatto ancora oggi di forza e fantasia, di musica, di parole e di idee, offerte al pubblico con delicatezza e determinazione, oggi come trent'anni fa. Mai apprezzato abbastanza (secondo me), forse perchè troppo avanti (per allora), forse perchè ci vuole un carattere diverso dal suo per assurgere a idolo.

Lui, imperturbabile, dall'alto di una onoratissima posizione raggiunta per indiscussi meriti, continua a fare il suo mestiere, e io sono ancora qui che lo ascolto. Con spirito critico, come sempre, ma sempre piena di profonda gratitudine. E me lo immagino sempre su quel palco fra altri trent'anni, con i jeans e gli stivaletti, le t-shirt filoamericane e gli occhialetti rettangolari; con la chitarra e l'armonica; con il collo in estensione per arrivare al microfono, posizionato sempre più in alto rispetto alla sua bocca.
E lo ascolterò, con curiosità, anche se un giorno dovesse non essere più così... 

La sua musica soddisfa tutte le mie esigenze. Quando lo ascolto non mi manca niente.
Perché nel suo suono c'è tutto quello che sento di essere.
© Caterina Somma   2013

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